Il Servizio Civile Nazionale su base volontaria, rivolto ai cittadini italiani di entrambi i sessi dai 18 ai 28 anni, dopo la veloce infanzia sta incontrando serissimi problemi adolescenziali che ne mettono a rischio l’esistenza.
Infatti la felice scelta fatta nel 2001, che ci aveva reso battistrada in Europa, di istituire il Servizio Civile Nazionale, ha avuto fino al 2006 un trend in crescita arrivando a proporre in quell’anno 57.119 opportunità di impiego.
Poi è iniziato un progressivo declino fino ad arrivare ai 20.157 posti messi a bando nel 2011.
Nel 2012 non ci sono stati posti messi a bando.

La causa immediata: i tagli al fondo nazionale del Servizio Civile

La spiegazione di questo trend in termini economici è semplice: riduzione dello stanziamento statale annuale, che è passato dai quasi 300 milioni nel 2008 ai poco meno di 69 del 2012. Un giovane in SCN costa allo Stato Italiano circa 6.000 euro a fronte di un impegno annuale per 30 ore a settimana, per il quale ogni giovane riceve 433,80 euro mensili (importo fermo dal 2002). Quindi più basso è lo stanziamento statale, minore è il numero di posti che possono essere messi a bando.
Sembrava che con la scelta del ministro Riccardi, a giugno 2012, di rifinanziare il fondo con 50 milioni straordinari si fosse invertita la tendenza e il SCN potesse riprendere il suo cammino. Infatti con quei 50 milioni erano coperti i costi 2013 dei giovani avviati nel 2012 mentre i fondi per il 2013 sarebbero stati investiti per un nuovo bando di circa 20.000 posti.

Invece con la legge di stabilità 2013 sono stati ulteriormente ridotti i fondi decisi dal precedente Governo (da 76 a 71 milioni) con la conseguenza che il prossimo bando per i giovani forse uscirà a inizio estate 2013 e non è possibile neppure sapere per quanti posti.

Un possibile scenario: il servizio civile ad anni alterni?

Siamo cioè di fronte ad uno degli scenari che veniva paventati nel 2010, quando il Governo Berlusconi iniziò a tagliare pesantemente i fondi: un anno di attività e un anno di stop. Uno scenario ingiusto verso i giovani perché li priverebbe di un’opportunità e insostenibile per le organizzazioni che dovrebbero tenere in essere, ma inutilizzate, le risorse umane e strumentali richieste dalla normativa.

Chiudere l’esperienza? Perché rilanciarla?

Arrivati quindi a dover decidere se continuare o chiudere l’esperienza, è importante comprendere in cosa essa è consistita, cosa ha prodotto e perché, con una profonda riforma, andrebbe – a nostro parere – piuttosto mantenuta e accresciuta.
Le motivazioni originarie del servizio civile in Italia
Il servizio civile in Italia, come in gran parte dei Paesi Europei, nasce come adempimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio. Proprio il 15 dicembre scorso a Firenze si sono celebrati i 40 anni dalla promulgazione del testo che, seppur in modo parziale e ambiguo, introdusse in Italia l’obiezione di coscienza al servizio militare, la legge 15 Dicembre 1972, n. 772.

L’impatto di un milione di obiettori di coscienza

Quella esperienza, operativa fino al 2005, ha coinvolto circa un milione di uomini, partendo da poche decine negli anni ’70 per arrivare a centomila alla fine degli anni ’90. Si è anche creata un’infrastruttura di organizzazioni pubbliche e senza scopo di lucro in grado di impiegare gli obiettori che è arrivata con i primi anni del nuovo millennio a circa 12.000 soggetti giuridici, convenzionati in vario modo con lo Stato Italiano, capaci di offrire quasi 120.000 posti impiego.
In questi quarant’anni il servizio civile degli obiettori ha manifestato sia grandi potenzialità culturali, civiche, istituzionali (si pensi all’impulso alla formazione di cittadini impegnati a vario titolo nella vita pubblica) sia i limiti che ne hanno indebolito l’impatto sulla storia del nostro Paese.

Ma ai governi è mai interessato il Servizio Civile?

Certamente hanno pesato le divisioni e gli approcci diversi tenuti dalle organizzazioni (poche di esse attente ai valori e agli investimenti, molte attente al ritorno immediato), così come hanno pesato singoli atteggiamenti opportunistici dei giovani, ma il vero punto debole è stato l’atteggiamento delle Istituzioni, in primo luogo dei governi della Repubblica, che pure avevano il dovere di applicare le leggi in vigore.
Disinteresse, a volte sfociato in ostilità, con il player (Ministero della Difesa) che ha fatto ostruzione fino all’unicum della bocciatura della riforma della legge del 1972, approvata dal Parlamento agli inizi del 1992, da parte del Presidente della Repubblica Cossiga, in contemporanea allo scioglimento delle Camere.

La felice eccezione di Prodi-Andreatta nel 1997

Unico Governo che ha dimostrato di seguire con interesse il servizio civile fu quello diretto da Romano Prodi, nel 1996, che trasmise al Parlamento il disegno di legge AS 2118 il 12 Gennaio 1997, con il ruolo trainante del Ministro della Difesa, Beniamino Andreatta. Quel disegno di legge inseriva il servizio civile nel più generale processo di avvicinamento ad una difesa europea, favorendo la parziale professionalizzazione delle Forze Armate e riorientando la leva all’attuazione del dovere di solidarietà a cui siamo tutti tenuti, aprendo anche all’accesso volontario delle ragazze. Se quel disegno di legge fosse stato approvato una parte di storia del nostro Paese sarebbe stata diversa e oggi, ad esempio, le capacità giovanili di partecipazione civica e peso politico sarebbero ben superiori.

I collegamenti con Americorps negli USA

Stagione felice quella ove si stabilirono contatti di collaborazione e contaminazione con il dibattito e l’esperienza statunitense di Americorps, lanciata dal Presidente Clinton, che riprendeva le intuizioni di Roosevelt . Certo, andando a toccare un nervo scoperto delle nostre società, che riguarda proprio il ruolo dell’azione pubblica per sostenere la partecipazione civica dei cittadini. Partecipazione che per evitare di essere ideologica deve concretizzarsi con “lo sporcarsi le mani” che ha caratterizzato i giovani italiani quando c’è stata necessità o gli è stato reso possibile.

Torna la normalità nel 1999

Caduto quel Governo tutto tornò nella normalità. Fu decisa la professionalizzazione delle forze armate e solo per la protesta di alcune organizzazioni sociali fu messa mano alla norma che poi il 6 Marzo 2001 portò alla legge n. 64 che ha istituito il Servizio Civile Nazionale. Risultato importante, ma ormai il servizio civile era ritornato ad essere una delle varie nicchie ove vivacchiano possibili eccellenze del nostro Paese.
Sole se di massa ha senso il servizio civile

Proprio da qui occorre ripartire

In più parti, incluso chi scrive, è netta la convinzione che la fase della sperimentazione del SCN si sia conclusa e che un patrimonio di indicazioni sia disponibile per un ripensamento profondo di questa esperienza, che abbia come obiettivo quello di fare del SCN l’istituzione della Repubblica che ha il compito di formare i giovani residenti nel nostro Paese all’Europa, alla pace, all’impegno civico, attraverso concrete ed efficaci attività.

Il Servizio Civile Nazionale sta funzionando

Un’esperienza dal 2001 positiva nella gran parte degli indicatori, come testimoniato dalle ricerche disponibili oltre che dalle relazioni al Parlamento nella sezione delle valutazioni fatte dai giovani.
Un’esperienza che continua a incontrare la richiesta di partecipazione dei giovani (vedi tabella allegata), che solo con cinismo si può credere indotta da mera ricerca di soldi o di lavoro.

Anche sul piano della valorizzazione dell’investimento di risorse statali le ricerche effettuate sottolineano i risultati positivi.
“Concludendo, in termini di ritorno sugli investimenti iniziali possiamo considerare che le
ricadute derivanti dalle risorse investite dalla comunità per lo svolgimento della attività di
servizio civile nazionale gestite da ASC superano gli investimenti di oltre 2 volte e che per ogni euro investito il servizio civile ne genera oltre 3.”

Gli obiettivi di un nuovo servizio civile

Il ripensamento profondo deve essere in grado di motivare il sistema Paese a sentire il SCN come un’opportunità per i giovani, un beneficio per i cittadini, una risorsa per le istituzioni: si potrebbe dire un asset italiano.

Europa l’alveo naturale

Un asset che sarebbe anacronistico circoscrivere alla dimensione nazionale e che quindi andrebbe mutato anche nella denominazione, con un nuovo approccio all’azione dell’Unione Europea per il servizio civile.
Perciò va superata una visione strumentale dell’approccio all’Europa (trovare fondi aggiuntivi…) perché, con questo approccio, i veti dei paesi nordici che hanno finora bloccato tutto verranno confermati. Con l’aggravante che anche il servizio civile finrà nel calderone delle polemiche fra Paesi virtuosi e Paesi spreconi.
Oggi purtroppo la crisi di fiducia nell’Unione Europea è talmente cresciuta che la sua stessa funzione di soggetto operatore di pace, di democrazia, di tutela e promozione dei diritti civili, oltre che di libero mercato, è a rischio, con conseguenze che sono sotto i nostri occhi (vedi Grecia, Ungheria..).
Il Servizio Civile può essere utile per concorrere al superamento di alcune delle crisi che l’unione Europea attraversa.
Corpi Civili di Pace che affianchino l’esistente Corpo di Intervento Umanitario e diano concretezza alla decisione di avere una politica di sicurezza basata su due gambe – civile e militare – già decisa alla fine degli anni ’90 del secolo scorso a Helsinki.
Allargando l’ambizione dallo specifico del peace building è possibile porsi l’obiettivo di reagire alla crisi di legittimità e di democrazia dell’Unione Europea anche istituendo un periodo di volontariato, neiPaesi dell’Unione, per tutti i giovani: è la proposto che Ulrich Beck e Daniel Cohn-Bendit hanno avanzato, nell’ambito di un loro appello pubblicato, in Italia, il tre maggio scorso su Repubblica. (per il testo e la sottoscrizione, www.kulturstiftung.allianz.de).
Le prossime elezioni per il Parlamento Europeo potranno essere il luogo politico ove collocare queste proposte.

Alcuni valori di base

Certamente è una scelta politica innovativa. Una scelta che deve avere basi culturali e valoriali che la orientano.
Se la persona deve essere al centro delle finalità, sia il personalismo di Mounier, che il pragmatismo di Dewey, possono essere preziosi riferimenti in grado di controbattere all’oggi egemone pensiero unico del liberismo economico e del darwinismo sociale.
Certo, questo fa del SCN un “segno scomodo” dei tempi, ma, come fu con la stagione dell’obiezione di coscienza agli eserciti, oggi non va forse rimessa al centro la crescita della persona?

Il servizio civile per tutti

Tutte queste considerazioni portano al nodo principale che questo decennio di SCN ci consegna.
Anche nel periodo di maggior espansione quantitativa il SCN è arrivato a coinvolgere meno del 10% dei giovani italiani potenzialmente interessati, (ipotizzando una classe annuale di cittadini italiani fra i 18 e i 28 anni di entrambi i sessi di almeno 500.000 persone). Oggi con 19.000 posti all’anno siamo a meno del 4%.
In altri termini, la questione è che il Servizio Civile, per evitare di apparire un privilegio, e per essere influente sulla società italiana come per contribuire al superamento della crisi dell’Europa dei cittadini, deve essere di massa.

Volontario/Obbligatorio Dimensione di massa significa obbligatorio?

E’ un dibattito che a me pare cruciale, in cui entrare senza pregiudizi sugli esiti, anche se alla luce dell’esperienza italiana e internazionale. Perché ci chiede quale visione della convivenza sociale abbiamo, quale ruolo affidiamo istituzioni e formazioni sociali nell’attuazione della democrazia, in quale direzione allocare le risorse umane, intellettuali, economiche.
Questo obiettivo è stato indicato raggiungibile da alcuni opinion makers, intellettuali, riviste con la riproposizione di un periodo obbligatorio, da sei a dodici mesi con attività presso organizzazioni pubbliche e private.
Questa proposta si prefigge esplicitamente uno shock sociale e politico per far uscire il tema del servizio civile dall’angolo in cui è stato collocato.
Questa proposta, concentrata sul piano valoriale e politico, ha finora lasciato sullo sfondo le questioni sia dell’organizzazione necessaria a assorbire e ben impiegare questa mole di persone, che del suo finanziamento.
Oppure ha delegato le associazioni a farsi carico dei costi organizzativi e i giovani a svolgerlo senza nessun riconoscimento economico.

L’obiettivo di fare del servizio civile un fattore globale di cambiamento della vita civile del nostro Paese e renderlo incisivo nella storia del Paese e dell’Europa, a valutazione di chi scrive, può essere perseguito da subito con maggiori garanzie di qualità nelle esperienze dei giovani, di sostenibilità organizzativa e coerenza con il necessario consenso alla partecipazione civile attraverso la proposta di un servizio civile per tutti.
Articolato sull’asse principale del SCN e aggregando i vari servizi civili regionali in modo da raggiungere uno spettro di figure giovanili più ampio dell’attuale situazione, su base volontaria ma con obbligo di copertura delle richieste avanzate dai giovani. Un SCN che, pur prevedendo una durata ordinaria di un anno, preveda durate anche più brevi in base a specifiche necessità operative o disponibilità dei giovani. Il successo di questo primo stadio renderebbe socialmente realistico proporre una eventuale fase successiva.

Licio Palazzini, presidente nazionale Arci Servizio Civile 

Partner della formazione

ConfiniOnline fa rete! Attraverso la collaborazione con numerosi enti profit e non profit siamo in grado di rivolgere servizi di qualità a costi sostenibili, garantendo ampia visibilità a chi supporta le nostre attività. Vuoi entrare anche tu a far parte del gruppo?

Richiedi informazioni