La Verona-Bologna: vent'anni per il raddoppio di un terzo della tratta, tutto il resto aspetta ancora
ROMA - «Proprio adesso doveva succedere. Proprio ora, che i lavori finalmente sono partiti. E' una beffa del destino». Il sindaco di San Giovanni in Persiceto, Paola Marani, si tormenta le dita. La storia del binario unico Verona-Bologna, sul quale ieri hanno trovato la morte 13 passeggeri, la trafila di quei vent'anni serviti a raddoppiare solo 42 chilometri di linea, se la ricorda bene come tutti gli abitanti del Bolognese. Fin dalla sua realizzazione alla fine degli anni '30, questa linea ha limitato i collegamenti tra il Nord Europa e l'Italia centromeridionale: al momento la Verona-Bologna è l'unica tratta
(Ansa)
senza raddoppi sull'asse ferroviario che va dalla Danimarca e raggiunge la Calabria. I lavori furono decisi nel 1981 dal ministro dei Trasporti, Rino Formica.
«Ma dopo lo scandalo delle "lenzuola d'oro" per un decennio si sono interrotti - ricorda il sindaco -. Poi fu il governo di centrosinistra nel '99 a ridarvi impulso. Solo negli ultimi due anni però abbiamo notato un concreto impegno delle Ferrovie al completamento dell'opera. Al momento tutte le tratte sui 72 chilometri interessati sono appaltate e in quasi tutte ci sono cantieri».
«La situazione ora è che ci sono grandi investimenti in corso e si sta accelerando per raddoppiare e applicare nuovi sistemi di sicurezza» ha dichiarato ieri l'amministratore delegato di Trenitalia, Roberto Testore, dicendo che «non servono polemiche: occorre guardare al futuro e continuare a lavorare».
BINARI E LINEE
Sulla «linea della morte» viaggiano tutti i giorni 80 treni, tre ogni sessanta minuti, alla velocità di 140 chilometri orari. Non è una linea di quelle che vengono chiamate «complementari», tratte regionali su cui viaggiano i pendolari. La Verona-Bologna è una linea nazionale, snodo importante del traffico-merci. Ma non c'è da stupirsi che finora sia rimasta a binario unico: in Italia il 60,5% della rete non ha raddoppi, 9.667 chilometri su 15.964. In alcune Regioni la situazione sotto questo aspetto è drammatica: in Val d'Aosta non c'è un solo chilometro a doppio binario sugli 81 esistenti, in Abruzzo ce ne sono solo 96 su 541; in Molise 23 su 266; in Basilicata 24 su 368; in Sicilia 146 su 1.387. Le Ferrovie spiegano che ad attendere il raddoppio non sono certo le direttrici principali. Per fare qualche esempio, in attesa di completamento c'è il raddoppio della Genova Ventimiglia, tratte come Pescara-Bari, Bari-Lecce, Caserta-Foggia, Reggio Calabria-Melito Porto Salvo, Palermo-Messina, Decimomannu-S.Gavino.
Intanto a procedere speditamente dovranno essere i lavori del raddoppio Verona-Bologna. La tabella di marcia è questa: Tavernelle-S. Giovanni nel novembre 2005; S. Giovanni-Crevalcore nell'ottobre 2006; Crevalcore-S. Felice sul Panaro nel maggio 2007; S. Felice sul Panaro-Poggio Rusco nel giugno 2008; Poggio Rusco-Nogara nel dicembre 2008. L'assessore alla Mobilità della Regione Emilia Romagna, Alfredo Peri, è scettico: «Il flusso dei finanziamenti non è sufficiente. E poi non basta il raddoppio: servono sistemi di sicurezza moderni».
CARTELLI E SEMAFORI
I sindacati dei ferrovieri ieri hanno parlato con unica voce: «Le attuali tecnologie già disponibili su buona parte della rete fondamentale - hanno detto - avrebbero probabilmente consentito di evitare la tragedia». Già, perché si può anche viaggiare su un unico binario, ma, se ci sono sistemi di sicurezza adeguati al traffico e alle situazioni climatiche, i rischi si attenuano.
Sulla tratta interessata dal frontale il sistema di sicurezza è quello che oggi si trova su due terzi della rete (più di 10 mila chilometri) e che è obsoleto. Si chiama «blocco meccanico Fs» e si affida alla segnaletica e soprattutto alla professionalità di macchinisti e capotreni. Laddove il binario è unico, il capostazione deve fare in modo che i treni che procedono in opposte direzioni non si scontrino, perciò, attivando a distanza dei semafori, ottiene che un treno arrivi in stazione rimanendo sul «binario di corsa» e l'altro venga deviato su uno secondario. I semafori, piazzati laddove occorre rallentare, sono sempre due e sono preceduti da tre cartelli che ne annunciano la presenza. Il primo semaforo «di protezione» anticipa al macchinista che tipo di segnale troverà al secondo semaforo, quello «di arresto», 1.500 metri dopo. Se il primo è verde, sarà verde anche il secondo, quindi la velocità potrà essere mantenuta. Se invece è giallo, è probabile che l'altro sarà rosso, perciò occorre iniziare a rallentare da subito. Se il macchinista non vede il primo semaforo, c'è sempre la possibilità che possa vedere il secondo e rallentare. Ma, se non vede neanche questo, c'è poco da fare. Il capostazione, che segue su un pannello i movimenti dei treni, può solo sperare che il treno proveniente dalla parte opposta non abbia ancora raggiunto i propri semafori, perché in questo caso può mandargli il rosso e fermarlo. Ma ieri non dev'essere stato possibile.
SEGNALI ACUSTICI
Su 4.500 chilometri di rete, in pratica su meno della metà delle linee su cui si viaggia con velocità fino a 250 chilometri orari e su cui passa il 90% del traffico, il sistema di sicurezza è invece un altro: si chiama «blocco automatico banalizzato» e funziona come il primo, salvo che interagisce con l'uomo. Se il macchinista non tiene conto dell'indicazione data dal semaforo, riceve in cabina un segnale acustico che lo richiama all'ordine. Se non rimedia da solo, il treno si blocca automaticamente. Sistema efficace ma difficile da applicare. «Ci sono voluti 25 anni per adeguarvi 4.500 chilometri - spiega Mauro Moretti, amministratore delegato di Rfi (Rete ferroviaria italiana) -: lente le ditte fornitrici a darci il prodotto, lenti noi ad applicarlo perché lavoriamo su linee ad alta densità di traffico».
Ma adesso anche questo sistema è in soffitta: la nuova frontiera si chiama Scmt (sistema di controllo della marcia del treno) e funziona attraverso «punti informativi» distribuiti lungo il percorso: boe, interfacciate con gli impianti di segnalamento, che forniscono informazioni in tempo reale al macchinista che può correggere ogni errore. Fermo restando il blocco automatico del treno quando questo non avvenisse. Il Scmt è già su 3 mila chilometri di rete: «Al ritmo di 3 mila chilometri all'anno avremo finito presto» promette Moretti.
Antonella Baccaro
Corriere della Sera, 8 gennaio 2005