Sull'onda del successo nella realizzazione di una grande opera come la Scala, si è riaccesa la discussione sulla necessità di investire con la stessa determinazione nella riconquista di una qualità dell'abitare che a Milano appare gravemente compromessa. L'abitabilità di una città è l'effetto di un insieme di fattori come la qualità dello spazio pubblico, dell'aria che respiriamo, il funzionamento dei servizi, la sicurezza, la coesione sociale, la vitalità di alcuni luoghi urbani, la capacità di dare una casa alle forze giovani e vive, correggendo le dinamiche troppo selettive di un mercato immobiliare che ha perso ogni riferimento al valore d'uso dell'abitazione.
Credo che per muovere qualche passo nella definizione di una strategia per affrontarli non si possa prescindere dalla dimensione locale dell'abitare: dai quartieri, che per Milano sono sempre stati ben più che toponimi per identificare parti della città. Nominandoli: Corvetto, Baggio, Ortica, Gallaratese, Rogoredo, Garibaldi, Buenos Aires e tanti altri vengono in mente aree in cui è ancora presente un senso di appartenenza. In cui sono disponibili notevoli risorse ed energie fatte di comitati, associazioni, parrocchie, assieme a spazi in attesa di una trasformazione. E in fondo il quartiere è una unità significativa anche in quella grande regione urbana milanese di quasi dieci milioni di abitanti. Ripartire dai quartieri può rappresentare una delle poche strategie promettenti. Ce ne accorgiamo dal fatto che dopo avere distrattamente eliminato - con l'intento di razionalizzarli - molti presidi locali dei servizi vicini al cittadino, come i consigli di zona diventati sempre più grandi, le Unità sanitarie locali sempre più lontane, le circoscrizioni scolastiche, sempre più «comprensive», ci siamo trovati a dover ripartire dai quartieri per affrontare i problemi della sicurezza con l'istituzione di vigili, poliziotti e carabinieri «di quartiere». Sostituendo con le forze dell'ordine un ordine sociale che derivava dalla intensità delle relazioni fra i cittadini e fra questi e l'Amministrazione.
Recentemente il Comune e l'Aler hanno proposto cinque programmi ambiziosi di riqualificazione di quartieri popolari della città che sono stati tutti finanziati dalla Regione con risorse ingenti. Si tratta di programmi che incrociano politiche abitative e politiche sociali. Si chiamano «Contratti di quartiere» perché prevedono di intervenire in alcuni grandi quartieri pubblici con un complesso di misure di riqualificazione edilizia, di incremento degli alloggi, di sostegno alla vita sociale ed allo sviluppo economico locale. Occorre fare in modo che i Contratti di Molise-Calvairate, Gratosoglio, San Siro, del Quartiere Mazzini e di Ponte Lambro, non siano trattati come normali programmi edilizi, ma siano interpretati, al contrario, come il primo passo di una strategia di riconquista della abitabilità della città a partire dai suoi quartieri.
di ALESSANDRO BALDUCCI
Corriere della Sera, 7 gennaio 2005