"Un precedente importante ottenuto grazie alla legge 189 contro il maltrattamento degli animali, ancora più importante perché ad essere stati condannati come mandante ed esecutore sono stati due veterinari pubblici di cui uno dirigente Asl, area che non rappresenta una zona franca per la validità della normativa".
E' il commento della LAV, riconosciuta parte civile nel procedimento grazie all'azione del proprio Coordinamento Regionale in collaborazione con il settore Sos maltrattamenti e l'Ufficio legale, alla odierna sentenza con la quale il Tribunale dell'Aquila ha applicato l'articolo 544 bis del Codice penale "uccisione senza necessità", due mesi di reclusione, contro il mandante e l'esecutore dell'uccisione di nove cuccioli di cani randagi trovati da un signore nel suo giardino nell'ottobre 2004.
I veterinari avevano ammesso che per presunti motivi di "ordine pubblico" avevano proceduto alla soppressione di cani di proprietà giustificati da un articolo della legge regionale abruzzese, del tutto superata dalla riforma del Codice penale a tutela degli animali in vigore dall'agosto del 2004 e che andrebbe comunque cambiata.
Con questa sentenza si chiarisce che le uniche motivazioni valide legalmente per la soppressione di cani o gatti sono, in maniera eutanasica, la certificata incurabilità o la comprovata pericolosità.
La LAV, alla quale è stato riconosciuto dal Tribunale un simbolico danno morale, annuncia che chiederà al Direttore Generale della Asl di prendere i conseguenti opportuni provvedimenti oltre che di rafforzare le iniziative di prevenzione del randagismo, mentre all'Ordine dei Medici Veterinari chiederà la sospensione dei due iscritti dall'albo e quindi l'impossibilità a esercitare la professione, per la chiara violazione del Codice Deontologico della professione secondo il quale l'iscritto deve operare "alla promozione del rispetto degli animali ed al loro benessere in quanto esseri senzienti". Principio-base che i due veterinari aquilani hanno non solo ignorato ma calpestato.
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