Rafforzare il sistema naturale del Belpaese per difenderlo dagli effetti più devastanti del cambiamento climatico. E' la proposta lanciata ieri dagli esperti del Comitato Scientifico del WWF contenuta nel documento: "Per un Piano di Adattamento al cambiamento climatico in Italia -prime indicazioni".Dalla perdita di biodiversità alla crisi delle risorse idriche, dall'agricoltura sotto stress all'impatto sul turismo, dalle modificazioni nelle aree montane fino a quelle costiere fino ai rischi per il sistema dei trasporti, per l'industria e l'energia, messi a dura prova dalle intensità delle precipitazioni, dalle inondazioni, dai periodi di siccità, dalle ondate di calore: sono 15 i settori analizzati dagli esperti e già colpiti dagli effetti del cambiamento climatico.

In Italia negli ultimi due secoli le temperature medie annuali sono cresciute globalmente di 1.7° C (di 0,8° per secolo) con aumenti più rilevanti negli ultimi 50 anni. Sono sempre più aridi i suoli che, specie nelle aree meridionali, si trasformano in aree degradate per il 47% del territorio in Sicilia, 31,2% in Sardegna, 60% in Puglia e 54% in Basilicata. La strategia proposta, stilata alla luce degli scenari di cambiamento più aggiornati che hanno interessato il nostro paese, ha tutte le caratteristiche di una grande opera pubblica che fonda i suoi pilastri su una vera e propria cura ricostituente per il territorio e gli habitat naturali, un rafforzamento dei sistemi vitali (la cosiddetta resistenza e resilienza dei sistemi naturali) da cui traiamo le principali risorse, naturali ed energetiche in grado di sostenere anche i settori economici più strategici per il paese, come agricoltura e turismo e la nostra produzione industriale.riduzione dei gas serra è urgentissimo ripristinare il territorio rafforzando la capacità dei sistemi naturali di resistere ai cambiamenti climatici già in atto - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia - . Per i maggiori esperti che studiano il sistema Terra in una dimensione interdisciplinare, è questa la cura più adatta per preparare il territorio ai danni derivanti dal clima poiché molti dei processi naturali sono stati stravolti dalle attività umane impedendo agli habitat di reagire in modo naturale. Se prendiamo ad esempio l'attuale gestione dei fiumi, tra gli ambienti più stravolti dalle attività umane, il percorso da monte a valle ci fa scoprire come i tanti processi già sotto stress per il cambiamento globale si alimentino negativamente tra di loro.

Tra questi: captazione delle acque per scopi industriali e di produzione idroelettrica, impermeabilizzazione degli argini e conseguente riduzione dei sedimenti portati al mare, distruzione dei boschi e conseguente riduzione della capacità di assorbire le acque piovane lungo gli argini e le valli adiacenti, e a valle erosione delle coste per la riduzione dell'apporto di sedimenti e riduzione di immissione di acque dolci che aumenta così la salinizzazione dei mari. Un processo a catena negativo che va invertito al più presto".Il documento proposto dal Comitato Scientifico del WWF affronta in chiave italiana il tema del secondo volume del Quarto Rapporto IPCC sui cambiamenti globali che sarà dedicato a impatti, vulnerabilità e adattamento e che verrà presentato il prossimo 6 aprile a Bruxelles.

"Il principio fondamentale su cui si dovrebbe impostare la grande opera di adattamento è quello di mantenere e rafforzare lo stato di salute e di vitalità dei sistemi naturali - ha dichiarato Riccardo Valentini, ecologo e direttore del Dipartimento di Scienze dell'Ambiente Forestale, Università della Tuscia e Presidente della Commissione sul cambiamento globale del CNR che ha coordinato il documento per conto del Comitato Scientifico del WWF - Laddove i sistemi naturali sono degradati e vulnerabili automaticamente si abbassano le capacità di reazione anche dei nostri sistemi sociali. La cattiva gestione dei sistemi fluviali è un esempio lampante, ma non è l'unico. Dobbiamo armarci di competenze e strumenti che già conosciamo ma che non sono mai stati applicati in modo organico e per uno scopo unitario". In Europa quasi tutti i paesi avanzati si sono già mossi su questi temi con iniziative che spesso coinvolgono l'intero Governo, pur essendo poi affidate a diversi capofila, dal Ministero dell'Ambiente (in qualche caso responsabile anche della pianificazione del territorio) al Ministero dell'Agricoltura e Foreste, come accade in Finlandia.

Tra i paesi più avanzati c'è la Gran Bretagna che ha costruito un processo politico istituzionale estremamente logico e cadenzato addirittura fin dal 1997. Altri paesi già attivi sul fronte dell'adattamento: Finlandia, Olanda, Spagna, Repubblica Ceca, Norvegia, Portogallo, Belgio, Slovenia, Francia, Germania. La stessa Unione Europea a fine 2007 dovrebbe render noto un dossier sull'adattamento con un censimento delle strategie messe in atto dai singoli paesi ed è possibile che venga emanata una direttiva specifica in materia. Il WWF ha voluto valorizzare le competenze degli esperti del suo Comitato Scientifico per aiutare il Governo italiano a tracciare le Linee Guida per un Piano Nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, quell'insieme di strategie che già in molti paesi avanzati d'Europa si stanno mettendo in atto per reagire alla ?crisi climatica' nei settori più a rischio.

Data l'importanza ed il carattere multidisciplinare dell'argomento gli esperti del WWF ritengono che l'iniziativa debba partire dal Presidente del Consiglio; con un capofila rappresentato dal Ministero dell'Ambiente, si dovrebbe costituire una task force interministeriale, sull'esempio di altri paesi, che contenga almeno i ministeri dello Sviluppo Economico, dell'Economia, dell'Agricoltura, dei Trasporti, delle Infrastrutture ed il responsabile della Protezione Civile, per integrare la strategia d'emergenza con quella a lungo termine. Altra parola d'ordine già utilizzata in altri paesi è la partecipazione della società civile e dei soggetti interessati, sia nella fase di consultazione che in quella di attuazione. Ad una Task Force del genere non potrà certo mancare il contributo scientifico di università e organizzazioni di tutela ambientale. Questo avviene, ad esempio, nel Board della Task Force energia dell'Unione Europea dove è presente il direttore generale del WWF Internazionale, James Leape.

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