Fuori il mercurio dall'industria italiana per la produzione di cloro e soda. E' la richiesta che Legambiente avanza alla chimica del nostro Paese: la riconversione degli impianti con l'impiego delle nuove tecnologie che consentono di eliminare il mercurio dai processi di lavorazione.
Un'istanza suffragata dai dati inediti sull'inquinamento atmosferico causato da uno dei più pericolosi metalli pesanti, noto per i gravi danni all'ambiente e alla salute umana.
Di questo, e del futuro dell'industria chimica nostrana, si è discusso al convegno "Un futuro verde per la chimica italiana", organizzato da Legambiente questa mattina a Roma alla Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, a cui hanno partecipato tra gli altri, oltre al presidente nazionale di Legambiente Roberto Della Seta, il sottosegretario allo Sviluppo economico Alfonso Gianni, il presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci, il vicepresidente di Federchimica Roberto Rettani, il presidente di Polimeri Europa e Syndial Giorgio Clarizia.
Nell'occasione sono stati presentati i risultati inediti del monitoraggio sulle emissioni di mercurio in atmosfera dei più grandi impianti cloro-soda. "La nostra associazione chiede la riconversione di questi impianti già dalla fine degli anni '80 - ha spiegato Roberto Della Seta -, un processo che non è più rinviabile, visto che le alternative al mercurio sono disponibili da decenni. E il Governo e la Conferenza Stato-Regioni devono approvare subito le ?linee guida' previste dalla direttiva europea che obbligano le imprese ad adottare la tecnologia a membrana".
In Italia gli impianti cloro-soda sono 8: quello di Assemini, in provincia di Cagliari, è l'unico tecnologicamente avanzato che non utilizza mercurio. I tecnici di Legambiente hanno misurato le concentrazioni di mercurio all'esterno degli impianti di Porto Marghera (VE), Pieve Vergonte (VCO), Torviscosa (UD), Rosignano Marittimo (LI), Bussi sul Tirino (PE) e Priolo Gargallo (SR), quest'ultimo, chiuso nel 2005, balzato due anni prima agli onori delle cronache nazionali per l'inchiesta sullo scarico di reflui al mercurio in mare.
A Pieve Vergonte, Porto Marghera e Priolo, grazie alla disponibilità della direzione, è stato possibile effettuare il monitoraggio anche all'interno degli stabilimenti.I valori medi più alti sono stati registrati dentro l'impianto di Pieve Vergonte (oltre 1.500 ng/m3 con picchi di 35mila ng/m3), di Priolo (1.200 ng/m3 con valore massimo di 17mila ng/m3) e di Porto Marghera (186 ng/m3 e 1.500 ng/m3).All'esterno i risultati più significativi sono stati quelli di Torviscosa (516 ng/m3 e punte di 1.200 ng/m3) e Bussi sul Tirino (447 ng/m3 e un picco massimo di 7.700 ng/m3). (I dati completi del monitoraggio sono nelle tabelle riportate in calce).
Purtroppo non esiste una normativa italiana o europea che fissi limiti per la concentrazione di mercurio in atmosfera: per avere un termine di riferimento, si possono considerare quelli previsti negli Stati Uniti dall'Epa (300 ng/m3) e dall'Agenzia per il registro delle sostanze tossiche e delle malattie (200 ng/m3), nonché il valore medio annuo raccomandato dall'OMS nelle "Linee guida per la qualità dell'aria" pari a 1.000 ng/m3.
La situazione non è migliore nei 25 paesi della UE: secondo l'Eper, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, solo nel 2004 sono state emesse in aria oltre 32 tonnellate (t) di mercurio e 5 t in acqua. La responsabilità maggiore è della Germania, con 8 t produce da sola oltre il 25% del totale europeo, seguita da Francia (13%), Regno Unito (11%) e Italia (2,2 t pari al 7%). Il nostro paese è invece primo nella graduatoria dell'inquinamento da mercurio delle acque con 1,4 t, pari al 27%.