"Mentre l'Europa tenta di mascherare la propria inattività, in Darfur ogni settimana aumenta il numero di persone costrette a fuggire dalle violenze mentre per le organizzazioni umanitarie diventa sempre più difficile raggiungere le persone che hanno bisogno di aiuto" - denuncia APM. "L'UE deve finalmente decidere delle sanzioni mirate contro i responsabili del genocidio. Mentre si discute da tre anni della possibilità di imporre restrizioni di viaggio e il congelamento dei conti esteri dei membri della leadership governativa sudanese, l'ONU ha finora imposto solo poche e limitate sanzioni contro quattro persone, di cui due sono leader dei ribelli". Secondo l'associazione bolzanina "l'UE dovrebbe anche prendere seriamente in considerazione la proposta del premier inglese Tony Blair di istituire una "no flying zone" sopra il Darfur, visto che l'aviazione sudanese bombarda settimanalmente i villaggi del Darfur, spargendo terrore a paura tra la popolazione e soprattutto preparando così gli attacchi delle milizie filo-governative Janjaweed. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU si era detto a favore di una "no flying zone", ora però la decisione deve essere portata avanti, per la sopravvivenza della popolazione civile". E sempre APM denuncia che lo scorso ottobre il ministro della difesa sudanese Abdelrahim Hussein ha chiesto a Mosca un credito di un miliardo di dollari da destinare all'acquisto di armi. Nel 2004 la Russia ha fornito al Sudan, nonostante il genocidio in Darfur fosse già in corso, dieci aerei di combattimento MiG-29SE e due aerei di esercitazione MiG 29. I cacciabombardieri russi Antonov vengono impiegati con regolarità in Darfur per gli attacchi aerei ai villaggi che subito dopo verranno aggrediti dalle milizie Janjaweed. E nei giorni scorsi il coordinatore degli aiuti d'emergenza delle Nazioni Unite, Margareta Wahlstrom, tracciando il bilancio del 2006 ha affermato che "a livello di insicurezza è forse il peggiore anno da quando è iniziato il conflitto". Nel 2006 sono infatti raddoppiati gli attacchi contro gli operatori umanitari attivi in Darfur, mentre quelli contro gli sfollati causati da quattro anni di conflitto nella remota regione occidentale sudanese sono più che triplicati. "Già nel 2005 il Darfur era forse l'area più pericolosa in cui gli operatori umanitari erano chiamati a operare, ma gli incidenti di sicurezza nei loro confronti nel corso del 2006 sono aumentati di un altro 67%" sostiene la Wahlstrom in una nota in cui spiega che in tutto il 2006 sono stati ben 1800 (quasi 5 al giorno di media) gli episodi di insicurezza (aggressioni, imboscate, furti, percosse, finanche agli omicidi) ai danni di dipendenti di organizzazioni non governative internazionali o agenzie dell'Onu. Parallelamente, segno cioè di una crescente insicurezza diffusa, gli attacchi nei confronti degli sfollati interni (oltre due milioni) nel 2006 sono stati 414, in confronto ai 106 dell'anno precedente. Secondo i dati diffusi dalla funzionaria Onu, nel corso del 2006 oltre 500.000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie terre e abitazioni a causa della violenza e a raggiungere i molti campi per sfollati presenti in tutto il Darfur, seguite da altre 25.000 solo nel primo mese del nuovo anno. Portando il numero di sfollati interni ben oltre i due milioni di persone stimati finora, su una popolazione totale della regione di quasi 6 milioni di abitanti. I circa 13.000 operatori umanitari attivi in Darfur, aggiunge ancora la Wahlstrom, cercano di occuparsi in totale di quasi 4 milioni di persone, costrette, dal conflitto, a contare sempre di più sull'aiuto esterno per sopravvivere. La funzionaria dell'Onu sottolinea che oltre agli attacchi (compiuti da tutte le parti coinvolte nel conflitto), il lavoro degli umanitari è reso sempre più difficile dalle complicazioni burocratiche e dalle limitazioni di movimento imposte dalle parti. [GB]

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