In vista del 14 febbraio, giorno di San Valentino, la Sezione Italiana di Amnesty International ha diffuso una ?Guida al consumatore', consultabile e scaricabile su www.amnesty.it, in cui denuncia le devastanti conseguenze del commercio dei cosiddetti ?diamanti di sangue' e invita chiunque desideri regalare un diamante a chiedere al venditore precise garanzie sull'origine del prodotto.

Mercoledi' 14, in diverse citta' italiane, gli attivisti dell'associazione organizzeranno iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica, distribuire la ?Guida al consumatore' e raccogliere firme per un appello indirizzato al ministero dello Sviluppo economico.

L'appello contiene una serie di raccomandazioni al nostro paese, in qualita' di Stato membro della Commissione europea, organo che attualmente presiede il Kimberley Process Certification Scheme (Processo di Kimberley), il sistema di certificazione, cui l'Italia aderisce, istituito nel 2003 per eliminare dai mercati ufficiali i diamanti provenienti da zone di conflitto.

Nell'appello, la Sezione Italiana di Amnesty International invita il governo ad adottare misure adeguate che garantiscano la piena attuazione in Italia del Processo di Kimberley.Le medesime raccomandazioni sono contenute in una lettera che l'associazione inviera' ai ministeri degli Affari esteri e dello Sviluppo economico. Ulteriori informazioni.

Il commercio miliardario dei diamanti provenienti da zone di guerra ha finanziato e finanzia ancora oggi guerre civili che in Africa dall'inizio degli anni ?90 hanno provocato piu' di 3,7 milioni di vittime e milioni di rifugiati in Angola, Liberia, Sierra Leone, Repubblica Democratica del Congo e Costa d'Avorio.

Il denaro ottenuto con il commercio dei diamanti ha permesso ai gruppi ribelli in questi paesi di acquistare illegalmente armi e finanziare conflitti devastanti, con la complice indifferenza dell'industria dei diamanti e degli Stati coinvolti. Ancora oggi, i ?diamanti di sangue' raggiungono, seppure in quantita' minore, le vetrine delle gioiellerie di tutto il mondo sfruttando l'inefficacia degli strumenti di controllo attualmente in atto. Per fermare questo commercio illegale, l'industria dei diamanti ha inizialmente fatto ben poco.

Amnesty International, in collaborazione con altre Organizzazioni non governative (Ong) come Global Witness, ha ripetutamente denunciato questo traffico che alla meta' degli anni '90 era stimato rappresentare il 15% del volume totale del commercio globale di diamanti. Nel 2000, un rapporto redatto da esperti dell'Onu ha corroborato le denunce di Amnesty e delle altre Ong e l'industria dei diamanti ha dovuto ammettere di aver mancato di vigilare sul traffico delle pietre grezze africane.

Anche temendo ripercussioni negative a livello di immagine, l'industria dei diamanti - rappresentata nel World Diamond Council - ha accettato di negoziare con i governi e le Ong un sistema di certificazione delle pietre conosciuto come Processo di Kimberley, dal nome della citta' del Sudafrica dove si e' svolto il primo incontro.

Questo sistema, che dovrebbe consentire di risalire all'origine delle pietre prima del loro taglio, prevede un controllo statale sulle spedizioni e richiede l'impegno dell'industria dei diamanti nel promuovere metodi di garanzia volontari. Il Processo di Kimberley ha permesso di ottenere alcuni miglioramenti, ma gli Stati coinvolti nel commercio mondiale dei diamanti e l'industria del settore non fanno ancora abbastanza per sradicare completamente questo traffico.

Ancora oggi il denaro ricavato dai diamanti finanzia guerre civili: nell'ottobre 2006 un nuovo rapporto delle Nazioni Unite ha rivelato che diamanti per un valore di 23 milioni di dollari provenienti dalla Costa d'Avorio - nella cui parte settentrionale e' in corso un conflitto civile - sono stati infiltrati nel commercio legale passando dal Ghana, Stato che ha partecipato al Processo di Kimberley, dove sono stati certificati come ?diamanti liberi da conflitto'.

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