DAL NOSTRO INVIATO SCANZANO JONICO (Matera) - Uno dei leader del comitato antinucleare «ScanZiamo le scorie», Pasquale Stigliani, lavora in un negozio di televisori, e gli è apparso subito strano che all'improvviso, ieri sera, ci fosse tutta quella gente davanti alle vetrine. È andato a dare un'occhiata e ha capito perché. Tutti i televisori erano sintonizzati su Sky Tg24, da dove il volto qui molto noto del generale Carlo Jean, presidente della Sogin Spa, l'anno scorso incaricata di stivare le scorie radioattive nel sottosuolo di Scanzano, spiegava che per ora il sito unico delle scorie nucleari non si fa, né a Scanzano né altrove. Le scorie, diceva Jean, vanno in Gran Bretagna. Parole che stavano quasi per far scattare l'applauso davanti al negozio di Stigliani. L'entusiasmo è stato frenato da quel che Jean ha detto subito dopo, quando ha spiegato che il problema dello stoccaggio in Italia, in un sito unico o in più siti, è solo rinviato. Di una ventina d'anni, ma rinviato. Perché quelle scorie, una volta riprocessate, torneranno in Italia. «E noi che ne facciamo?», chiedeva qualcuno direttamente al televisore, mentre Jean finiva di parlare. «Niente - rispondeva Stigliani -, visto che non abbiamo centrali nucleari in funzione». Nuova domanda: «Allora fra vent'anni ci ritroveremo a bloccare strade, dighe e pozzi di petrolio come un anno fa?». Risposta: «Stando così le cose, non sembrano esserci alternative». L'appuntamento da qui a vent'anni non potevano averlo previsto, ma di sicuro, se si ritroveranno a fare i check-point come un anno fa, i lucani non saranno fuori allenamento. Perché, anche dopo aver vinto la battaglia (con centomila persone in corteo, le Chiese cristiane schierate con vescovi e pastori, 131 sindaci uniti e compatti, le associazioni), qui non si è distratto nessuno. La miniera di salgemma di Terzo Cavone, nelle cui viscere, a settecento metri di profondità, si era progettato di stivare le scorie, è sempre stata occupata. E, nei giorni dell'anniversario della «vittoria», persino utilizzata come luogo di dibattiti sul tema della messa in sicurezza delle scorie. Non soltanto perché aver evitato di diventare la pattumiera nucleare d'Italia non significa aver risolto il problema, ma anche perché adesso a Potenza c'è un «Tavolo della trasparenza», istituito dal governo e a cui partecipano anche le associazioni, per un altro problema nucleare, che preesisteva a quello del sito di Scanzano e continua a esistere a quattro chilometri da Scanzano. Si tratta delle 64 barre di uranio, attivissimo, che stazionano nel centro Enea di Rotondella, località Trisaia, in riva al mare Jonio, e provengono dal reattore nucleare americano di Elk River, Minnesota. Barre che non possono essere riprocessate da nessuna parte e che, in base a un accordo con il governo degli Stati Uniti, devono tornare al più presto da dove sono venute. «Noi non molleremo finché sulla questione non verrà messo sopra un macigno», dicono al comitato. Per loro, la soluzione più giusta è quella di mettere in sicurezza i singoli siti di scorie nucleari esistenti. Per questo motivo hanno inseguito a lungo, e alla fine ottenuto, un risultato concreto che sembrava impossibile: costringere la Regione Basilicata a non dare più concessioni minerarie per Terzo Cavone. «Adesso, come fra vent'anni, chi produce le scorie se le tiene». La Basilicata non ne ha mai prodotte, quindi... Carlo Vulpio Corriere della Sera, 19 dicembre 2004

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