I temi della povertà e dell'equità sono connessi strettamente agli effetti dei mutamenti climatici e alle azioni che i singoli governi e la comunità internazionale devono intraprendere per rallentarne, e in prospettiva fermarne, i tragici effetti sulla Natura e sulle popolazioni. I poveri e i paesi meno sviluppati subiscono per primi, e in misura sempre crescente le conseguenze del riscaldamento globale, un fenomeno originato e alimentato dalle attività umane e da una crescita economica iniqua e non sostenibile, basata sull'utilizzo dei combustibili fossili inquinanti.
La vulnerabilità dei poveri agli impatti dei mutamenti climatici fa sì che le agende siano strettamente connesse, e che non si possa affrontare un problema senza affrontare l'altro. Anche per questo in tutto il mondo le ONG, i movimenti della società civile e le organizzazioni sindacali stanno cooperando in modo sempre più stretto, e in alcuni casi hanno formalmente unito le proprie forze; in questa direzione si muove, in modo significativo, anche la Risoluzione adottata dal Comitato Esecutivo della Confederazione Europea dei Sindacati (Bruxelles, 18 ottobre 2006).
"Affrontare il cambiamento di clima: una priorità sociale, le vie d'azione".
La visione.Per combattere i mutamenti climatici occorre puntare sulla qualità più che sulla quantità, individuare e usare forme di energia pulita, rinnovabile, diffusa, democratica, consumare meno e meglio, superare le differenze e le ingiustizie tra i popoli e le persone, in altre parole adoperarsi perché il Nord e il Sud del mondo possano condividere un orizzonte di buonsenso, di salute, di equità e di felicità.
Va riconosciuto come l'assenza di una coerente politica in tal senso abbia comportato non solo danni ambientali difficilmente recuperabili, ma anche danni economici, sociali ed umani. Vanno pertanto ricercate soluzioni complesse ed articolate che includano la promozione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio tra cui la lotta alla povertà, l'accesso all'istruzione primaria, il miglioramento delle condizioni di salute, la sostenibilità ambientale e la cooperazione tra i popoli, unite alla promozione dell'occupazione dignitosa, di qualità nel pieno rispetto dei diritti fondamentali del lavoro e dell'ambiente e di politiche economiche e commerciali eque volte a superare la vulnerabilità dei paesi poveri.
Il contesto.
La comunità scientifica internazionale ha ormai accumulato una grande quantità di dati che confermano che il clima stia cambiando e documenta il ruolo e la responsabilità umana in questo cambiamento. Il riscaldamento globale, provocato dall'incremento dell'effetto serra naturale, è dovuto principalmente all'aumento della concentrazione nell'atmosfera dei cosiddetti gas climalteranti, primo tra tutti l'anidride carbonica, la CO2.
Questo aumento è provocato dalle attività umane, in massima parte dalle attività industriali di trasformazione dell'energia e dai sistemi di trasporto basati sull'utilizzo di veicoli a motore, alimentati con i combustibili fossili. Gli impatti dei mutamenti climatici sono visibili, percepibili e stanno progredendo più velocemente di quanto gli stessi scienziati si aspettassero. Purtroppo mentre il mutamento climatico avanza, le trattative e le azioni dei governi per fronteggiare questa situazione che presenta scenari futuri drammatici, procedono in maniera lentissima e in alcuni casi con un'irresponsabile azione di negazione e mistificazione della documentazione scientifica sin qui raccolta.
I mutamenti climatici mettono e metteranno a dura prova la possibilità di tutti gli Stati di far fronte a tragedie di enorme portata, persino quelli degli Stati più ricchi del mondo. Ma la maggiore sofferenza ha colpito, e purtroppo colpirà, le persone e i paesi più poveri e vulnerabili del globo, che saranno a serio rischio di siccità, alluvioni, fame e incremento delle malattie.
Questo determinerà un ulteriore aumento del livello di povertà, favorendo fenomeni epocali come le migrazioni di persone e l'aumento dei conflitti, aumentando il numero dei profughi ambientali che il Programma Ambiente delle Nazioni Unite stima aver già superato quelli di guerra. Anche la natura subirà enormi danni: per la metà di questo secolo, autorevoli previsioni indicano per un terzo delle specie terrestri il rischio dell'estinzione. Nessuno conosce il limite di concentrazione dei gas climalteranti in atmosfera oltre il quale può verificarsi il passaggio di una soglia con effetti che potrebbero risultare devastanti ed incontrollabili per l'intera comunità umana presente sul pianeta.
Numerosi scienziati indicano un aumento medio della temperatura globale di 2° gradi centigradi rispetto all'epoca preindustriale come la soglia oltre la quale gli effetti dei mutamenti climatici possono diventare irreversibili oltre che catastrofici. I Governi e la Comunità Internazionale hanno il dovere e la responsabilità di impegnarsi a fare di tutto per cercare di stare ben al di sotto di tale soglia, il che equivale a tagliare le crescenti emissioni di gas serra a livello globale in modo che raggiungano il loro picco massimo al più tardi entro il 2015.
I paesi industrializzati devono ridurre le proprie emissioni di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2015, e del 30-35% entro il 2020, per arrivare all'80% entro la metà del secolo. Gli altri paesi devono iniziare al più presto a disaccoppiare la crescita economica e dalle emissioni di CO2, garantendo comunque il diritto ad uno sviluppo sostenibile e l'accesso al bene comune energia.
Gli obiettivi a livello internazionale.I Paesi che provocano le maggiori emissioni di anidride carbonica, a partire da quelli che hanno la responsabilità della situazione attuale, devono adottare da subito politiche e programmi mirati a ridurre le proprie emissioni per fare in modo che il mondo possa rallentare e fermare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C.
Nel corso degli ultimi anni sono stati assunti impegni internazionali scarsamente mantenuti. Il Protocollo di Kyoto, approvato dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, è uno strumento importante, per la sua duplice struttura costituita da indicazioni di politiche e misure e da strumenti di mercato per ridurre le emissioni; di grande rilievo la sua natura giuridica vincolante, che prevede sanzioni per i paesi industrializzati inadempienti.
Per il primo periodo di azione del protocollo, che si concluderà nel 2012, gli obiettivi di riduzione fissati erano limitati, ma vanno stabiliti al più presto nuovi e significativi target per il post 2012. Tutti i paesi devono condividere il dovere di assicurare che i mutamenti climatici più pericolosi e dannosi siano evitati in modo permanente, e quindi impegnarsi in politiche che garantiscano il declino delle emissioni di gas serra entro il 2015.
In tal senso, auspichiamo che le trattative internazionali divengano davvero efficaci e dirette per arrivare a un accordo che stabilisca e promuova quei tagli alle emissioni di CO2 che la comunità scientifica ci indica come necessarie e imprescindibili per rallentare, e in futuro fermare, i mutamenti climatici.La lotta ai cambiamenti climatici presuppone azioni di ampio spessore politico ed economico e con un approccio sinergico.
Per quanto riguarda le politiche commerciali, impegnare i paesi industrializzati ad introdurre modifiche sostanziali per far si che gli accordi commerciali siano in sintonia con le norme internazionali ambientali , che si definiscano politiche che abbiano approccio multilaterale mirate alla crescita dei mercati interni in particolar modo dei paesi poveri e delle popolazioni più povere, alla promozione e tutela del lavoro dignitoso, e di un commercio più equo, di una politica agricola sostenibile che, superando i sussidi alla esportazione e le misure protezionistiche che ostacolano i paesi poveri, sappia però anche dare risposte adeguate alla questione della sicurezza e della sovranità alimentare, con particolare attenzione all'agricoltura familiare e alla qualità dei prodotti.
Nell'aprire i mercati ai prodotti dei paesi più poveri, gli standard ambientali e di sostenibilità devono essere oggetto di programmi di condivisione proprio con i paesi più poveri sin dagli inizi della loro definizione affinché i paesi poveri non si trovino nelle condizioni di incontrare ostacoli al commercio.Riteniamo inoltre necessario assumere immediatamente misure atte ad attenuare gli effetti del riscaldamento globale già in atto.
Sono quindi necessari piani e misure di adattamento per i quali i paesi più poveri vanno assistiti, anche finanziariamente, dai paesi maggiormente responsabili dell'aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera. Riteniamo indispensabile aiutare i Paesi in Via di Sviluppo a intraprendere la strada delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, per ottenere i maggiori benefici economici e ambientali possibili anche attraverso il ricorso allo strumento del Clean Development Mechanism (CDM) previsto dal Protocollo di Kyoto, a patto che tali progetti siano davvero addizionali alle misure già previste, efficaci e garantiti nel perseguire l'obiettivo della riduzione delle emissioni, e assicurino il pieno rispetto dei diritti delle comunità locali.
In tal senso, si ritiene imprescindibile che tutti i progetti siano certificati secondo i criteri del Gold Standard assegnato solo a progetti di efficienza energetica e promozione delle fonti rinnovabili che apportino un alto contributo di sviluppo sostenibile (http://www.cdmgoldstandard.org/).
Riteniamo anche indispensabile aiutare i Paesi in Via di Sviluppo ad essere protagonisti del mercato del carbonio definendo per il periodo successivo al 2012 nuovi meccanismi come approcci di settore e politiche e misure di sviluppo sostenibile che riducano le emissioni e generino flussi di investimenti ambientalmente e socialmente sostenibili e trasferimenti di tecnologie pulite difficilmente raggiungibili solo con meccanismi basati su progetti.
A tal fine auspichiamo una politica di cooperazione internazionale mirata e coerente, partendo dal reperimento di adeguate risorse e attraverso nuove forme di finanziamento internazionale, condizionando altresì i finanziamenti dei singoli governi alle istituzioni internazionali e alle banche regionali di sviluppo perché i loro programmi siano fortemente coerenti con gli obiettivi di lotta al cambiamento climatico, alla promozione di uno sviluppo sostenibile e del lavoro dignitoso e sperimentando soluzioni innovative sul piano dei cambiamenti climatici, della tutela ambientale e del rispetto dei diritti umani e del lavoro.
Per raggiungere questi obiettivi sarà fondamentale promuovere il confronto e la collaborazione degli esperti in materia di sviluppo, lavoro, commercio, ambiente e cooperazione al fine di promuovere seri programmi di sviluppo sostenibile.Sarà altrettanto fondamentale promuovere programmi a sostegno della riconversione industriale e al sostegno sociale per la riallocazione delle risorse lavorative.
Importante sarà pertanto la promozione delle Linee Guida OCSE sulle multinazionali, una seria definizione di programmi di CSR [Responsabilità Sociale di Impresa] e una strategia mirata da proporre alla prossima scadenza del G8 . La CSR, il commercio equo e solidale, la finanza etica ed il microcredito potranno essere i concetti chiave e gli strumenti operativi per la promozione di un nuovo approccio alla cooperazione.
Gli obiettivi in Italia.Per quanto riguarda l'Italia - terza nazione per emissioni in Europa - sottolineiamo che il nostro paese è molto lontano dall'obiettivo, ancorché minimo, fissato per il primo periodo del Protocollo di Kyoto, anzi sta andando in senso diametralmente opposto.
Le misure per tagliare le emissioni di anidride carbonica non devono essere vissute come un danno, ma come un'opportunità storica per raggiungere uno stile di vita più equilibrato e basato sulla qualità, ma anche come l'occasione per affrontare e risolvere i problemi di dipendenza energetica del paese e come un'opportunità economica.
Occorre dar vita a un vero e coordinato piano energetico nazionale ("a tutto tondo" e interdisciplinare) per tagliare le emissioni di anidride carbonica, affrontando i problemi in tutti settori produttivi, negli usi civili e nei trasporti; riteniamo che vadano pensate e usate le leve della fiscalità e vada rimessa mano agli incentivi per assicurarsi che siano efficaci e diretti a promuovere l'efficienza energetica, le fonti di energia davvero rinnovabile e pulita che necessitano di sostegno, la mobilità sostenibile. In tal senso, la legge Finanziaria 2006 costituisce un primo passo positivo, ma parziale.In tale piano vanno coinvolte le amministrazioni regionali e locali, prevedendo la condivisione dei target e degli impegni specifici nei settori di loro competenza.
La missione.Le associazioni e organizzazioni che sottoscrivono questo documento si impegnano, insieme e ognuno nel proprio ambito, a battersi perché i mutamenti climatici indotti dall'uomo siano controllati e tenuti al di sotto dell'aumento dei 2°C rispetto al periodo preindustriale, e ritengono questo fine strettamente connesso al loro impegno di promuovere la giustizia sociale, ambientale ed economica a livello globale.