Stabile nell'arco di 8 anni la quota dei donatori: 46%, quasi un italiano su due, sebbene si registri un calo di tre punti rispetto al 2002.Un quarto dei cittadini italiani, infine, dichiarano di acquistare i prodotti del commercio equo e solidale o di adottare stili di consumo alternativi.Sono i dati contenuti nel IX Rapporto Iref sull'Associazionismo sociale, presentati nel dicembre scorso dalle Acli al Senato.

Un'indagine lunga più di 20 anni quella dell'Iref, l'Istituto di ricerca delle Acli. Il primo Rapporto sull'Associazionismo è infatti del 1984. L'ultimo 3 anni fa, nel 2003.L'edizione odierna del Rapporto, la nona, affronta il tema controverso del declino del sistema-paese alla luce dell'evoluzione dell'associazionismo in Italia e delle diverse forme di partecipazione dei cittadini alla sfera pubblica.Il campione di 1000 individui rappresentativi delle popolazione adulta è stato intervistato attraverso un questionario somministrato durante un colloquio 'faccia a faccia'.

UN MALESSERE SOCIALE DILAGANTE
Quasi due terzi degli italiani intervistati dall'Iref (65%) pensano che sia 'inutile fare progetti per sé e per la propria famiglia in quanto il futuro è incerto e carico di rischi'.Quasi nove cittadini su dieci (87%), sono persuasi di vivere in una nazione che scivola inesorabilmente verso il baratro della decadenza economica e sociale.Il 47% ritiene che sia meglio dubitare dei propri colleghi in ufficio. Il 63% del campione pensa che i bambini siano oggi esposti a rischi anche quando frequentano la scuola materna o quella elementare.
Ci si affida allora ai parenti, verso i quali gli italiani esprimono molta o abbastanza fiducia nel 79% dei casi.Il punto è che tale apertura di credito crolla in modo verticale man mano che ci si allontana dalla cerchia familiare: 53% nei confronti dei vicini;42% nei riguardi degli abitanti del quartiere (23% se sono stranieri); 27% verso le persone in generale.

Questo clima di sfiducia diffuso si riverbera sui giudizi degli intervistati sull'operato delle istituzioni e sulla loro capacità di imprimere un cambiamento di rotta: solo il 20% pensa che il governo nazionale sia capace di rispondere molto/abbastanza) ai bisogni della collettività (era il 32% nel 2002).Stessa percentuale per chi ritiene che il Parlamento sia in grado di fornire risposte risolutive alla cittadinanza: 20% contro il 34% del 2002.Va meglio alle Regioni e ai Comuni, che possono 'vantare' un apprezzamento, rispettivamente, del 31% e del 41%. Ma si tratta, in ogni caso, di percentuali minoritarie e in calo rispetto al 2002 (-5% per le Regioni, -1% per i Comuni).Cresce anche l'insoddisfazione nei riguardi dell'Unione Europea. Nel 2002, quasi la metà degli italiani (46%) erano convinti che Bruxelles potesse incidere in positivo sui fabbisogni della nostra società. Oggi solo il 34% dei rispondenti è di questo avviso.

GLI ANTICORPI DELLA SOCIETA' CIVILE
Analizzando il rapporto degli intervistati con la sfera pubblica, il Rapporto dell'Iref disegna i profili di quattro Italie diverse: un'Italia del radicamento nel privato (17%), che esprime un disinteresse abbastanza marcato nei confronti della sfera pubblica e delle attività a carattere solidale; un'Italia del distacco passivo, il gruppo più numeroso (43%), in cui confluiscono quei cittadini che appaiono in assoluto più distanti dall'impegno sociale e politico, non tanto per scelta ma quanto per la loro particolare condizione sociale.

L'Italia del civismo politico, composta da un gruppo di persone (26%) che esprime una concezione della cittadinanza fatta di impegno, informazione e attivismo soprattutto di tipo politico. L'Italia dell'attivismo solidale (14%), caratterizzata da una spinta partecipativa di natura sociale, che interpreta la cittadinanza in chiave ugualitaria e solidale.Questi diversi modi di intendere la cittadinanza - evidenzia l'Iref - sembrano influire anche sulla questione cruciale della fiducia, nei confronti degli altri e nei confronti del futuro.

La fiducia verso l'altro, l'estraneo, tende ad aumentare fra i cittadini che sono più vicini alla sfera pubblica: dalle soglie minimali del distacco passivo (15%) e della chiusura nel privato (17%), si passa al livello intermedio del civismo politico (23%), fino a giungere all'apice dell'attivismo solidale (34%). Ad essere più fiduciosi sono quindi coloro che mostrano un coinvolgimento più diretto nell'agorà democratica. Vale a dire che gli italiani più impegnati sono anche i più ottimisti.In proposito, è emblematica la loro visione del futuro.La paura del domani diminuisce di quasi venti punti percentuali spostandosi dall'estremo del distacco passivo (71%) a quello dell'attivismo solidale (52%).

«In conclusione - sottolinea il IX Rapporto Iref sull'Associazionismo Sociale - l'avvenire non inquieta più di tanto i cittadini che si curano del bene pubblico; mentre diventa una fonte di inquietudine per le persone che si rifugiano nel privato o si abbandonano in una condizione di passività. Il civismo politico e l'attivismo solidale sono quindi degli anticorpi della società civile.

La ragione è intuibile: la partecipazione è un antidoto contro l'indifferenza e l'isolamento sociale. Si scopre (o si recupera) l'energia contagiosa dell'azione collettiva: la convinzione di poter cambiare le cose, di poter superare il guado se si coltiva l'arte della solidarietà o se si presidia con più attenzione l'arena della politica. In ultima analisi, si riprende in mano il proprio destino, giocando un ruolo attivo nella società. È così che il cittadino partecipativo volta le spalle alla rassegnazione».

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