"Un obiettivo - continua Ferrante - frutto di un compromesso tra il Commissario all'Ambiente, Stavros Dimas, che proponeva una riduzione del 30% di emissioni di gas serra (rispetto al 1990) e il Commissario all'Industria, Günter Verheugen, che proponeva un misero 15%. Nella migliore delle ipotesi un obiettivo così modesto vuol dire fare avanzare l'Europa per inerzia nella lotta contro i cambiamenti climatici".
Altra questione scottante, e deludente sottolinea l'associazione ambientalista, è il capitolo sulle rinnovabili. In base alla direttiva in vigore (77/2001), si individuano due target differenziati per l'energia primaria (con l'obiettivo del 12% al 2010) e l'elettricità (22,1% al 2010). Quanto invece emerge dal vertice di stamani è solo un target complessivo al 20% per la seconda fase (e cioè al 2020), ignorando invece il delicato settore elettrico che contribuisce a buona parte del 93% delle emissioni di CO2 dovute al settore energetico.
"Tanto che - incalza Ferrante - sono state completamente disattese le proposte del 25% (e non del 20%!), con un target specifico per il settore elettrico che avrebbe puntato al 35% (dal 22,1%). Evidentemente, l'Europa rinuncia palesemente a puntare sulle energie alternative perdendo una grande occasione e prediligendo un approccio volontaristico da parte degli Stati membri anziché target specifici e ripartizioni chiare".
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