Amnesty International, che si oppone alla pena di morte per ragioni di principio,
ha espresso preoccupazioni anche per la natura del processo, che ha ritenuto
viziato sin dall'inizio. Nel febbraio 2004, gli imputati raccontarono a una missione dell'organizzazione che erano stati costretti a confessare dopo essere stati torturati
con scariche elettriche, percossi e tenuti appesi per le braccia.
"L'Ue ha una responsabilità diretta e deve essere molto ferma in questo caso" - ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell'Ufficio di Amnesty International presso l'Ue.
"Un sistema giudiziario che impone la pena di morte al termine di un processo discutibile, rafforza le nostre preoccupazioni per l'impazienza con cui l'Ue vuole cooperare con la Libia nella lotta contro l'immigrazione irregolare".