Simone Chiaramonte
Intrattenimento, cultura, ambiente e solidarietà: le potenzialità di una fabbrica in disuso.
Coniugare l'apertura di un'impresa giovanile con il recupero di una fabbrica in disuso, l'attività economica con la creazione di benessere per la comunità. Un risultato possibile, non solo all'estero o in un'Italia futuribile: il Lanificio159 di Roma ne è un esempio.
Che valore ha un edificio fatiscente ai margini di una zona periferica, lungo una via semideserta, in un contesto economico complicato? La risposta parrebbe quasi scontata, se non si conoscesse la storia del Lanificio159 di Roma. Sei anni fa un gruppo di ventenni decide di concretizzare un progetto ambizioso, quello di creare dal nulla - e nel nulla- uno spazio artistico polifunzionale. Troppo difficile e dispendioso riuscire ad insediarsi in una zona già altamente frequentata, ecco allora l'individuazione in via di Pietralata, strada che si snoda lungo il corso del fiume Aniene, di un'ex fabbrica tessile, attiva negli anni Cinquanta, poi chiusa e abbandonata.
Il recupero della struttura
C'è un'incredibile energia racchiusa in quelle mura, che aspetta soltanto di essere liberata: "Abbiamo provato ottime sensazioni appena entrati nell'edificio - racconta il direttore artistico del Lanificio159, Mamo Giovenco. All'interno non c'era nulla, ma giorno dopo giorno siamo riusciti a riconquistare metri quadrati e a valorizzare gli spazi fatiscenti, senza modificare la struttura, che conserva la sua storia e la sua fisionomia. Una scelta che si sposa a perfezione con le nostre attività". All'attenzione verso la sostenibilità degli insediamenti è infatti corrisposta un'ottima performance economica.
"Per prima cosa abbiamo deciso di creare una discoteca, pur non essendo dei ?discotecari', in modo da portare avanti - autofinanziandoci - l'idea culturale. Nello stesso locale abbiamo ospitiamo e continuiamo ad organizzare concerti ed eventi. Grazie al successo di queste iniziative abbiamo dato vita al Lanificio Cucina: un ristorante situato in un loft con un'enorme vetrata sul fiume Aniene. Più di 1000 metri quadrati dei piani rialzati invece sono stati destinati alle arti performative". L'arredamento interno è stato interamente realizzato con mobilio usato, ceduto - attraverso una sorta di baratto - dagli abitanti della zona in cambio di cene nel ristorante.
Sviluppo economico, sociale e territoriale
Il recupero del lanificio ha contribuito alla riqualificazione del quartiere. Le attività commerciali - precedentemente assenti - si sono moltiplicate. La sicurezza percepita - dove si faceva fatica a camminare di giorno - è aumentata, così come il valore delle abitazioni. "Il prossimo passo sarà quello di introdurre nella zona il concetto di sharing economy", spiega Luca Bazzoli, presidente di Sensacional, onlus che ha sede all'interno del Lanificio. Sul terrazzo della struttura è in via di realizzazione un orto pensile che, affermano i promotori, dovrà essere aperto alla cittadinanza e alle scuole. Nell'orto verrà installata una grande compostiera che raccoglierà i rifiuti del Lanificio Cucina, dei residenti e degli altri ristoratori della via: in cambio tutti gli interessati riceveranno del compost per dare vita a nuovi orti urbani. Il Lanificio dunque aspira a diventare un hub, un punto di riferimento per iniziative di condivisione, dai libri alle biciclette, passando per il riciclo ed il restauro.
Cooperazione allo sviluppo e sussidiarietà
Ma l'ex fabbrica non diffonde le sue energie soltanto nel quartiere ma anche a migliaia di chilometri di distanza. Ne è una prova la stretta collaborazione con Sensacional, onlus che opera soprattutto in America latina. Ed è proprio in Brasile, nella più grande favela di Rio de Janeiro, che l'organizzazione intende creare un caffè letterario, utilizzando parte degli incassi del Lanificio. La cultura è parte integrante della cooperazione allo sviluppo, come d'altronde il principio di sussidiarietà orizzontale: "Sensacional ha riunito una rete di persone con capacità e competenze eterogenee - racconta il presidente Luca Bazzoli - che, nell'ambito della cooperazione, cercano di essere più trasparenti, più efficienti ed anche più sincere. Cerchiamo di stimolare e valorizzare il capitale locale, accompagnando le comunità in un processo di maggiore autonomia: non siamo una ong che si presenta sul territorio per creare una diga o costruire un ospedale. Favoriamo la creazione di nuove strutture attraverso il rafforzamento ed il coinvolgimento diretto delle associazioni e delle comunità locali, evitando di renderle dipendenti da fondi internazionali".
Gli individui, anche in contesti svantaggiati, non sono solo portatori di bisogni ma anche di capacità: "L'idea di partire dal basso per creare una massa critica, che poi possa stimolare le istituzioni o comunità più ampie, è un modo per far capire alle persone che possono essere protagoniste del cambiamento, senza aspettare che qualcun altro agisca al loro posto". Una convinzione che presuppone una diversa idea di sviluppo, di cui l'ex lanificio è sempre più un'officina.