Parola della Bocconi
L'economia verde settore labor intensive: potrebbe essere «il motore della crescita»
Luca Aterini
«Green economy non è solo uno slogan, ma una concreta e seria opportunità di sviluppo per il nostro Paese». Partendo da questa semplice premessa, due giovani ricercatori della Bocconi - Federico Pontoni e Niccolò Cusumano, col loro studio Green economy: per una nuova e migliore occupazione - sono riusciti a fornire un quadro interessante: da qui al 2020, se l'Italia raggiungesse «gli obiettivi europei già in essere» (scenario base) avremmo nella green economy «circa 1,4 milioni di occupati, con un incremento di oltre 173 mila unità rispetto al 2012», per 1.397.000 occupati totali tra occupazione diretta, indiretta e indotta dal "settore" green economy.
In uno scenario più favorevole (go green) i posti di lavoro «derivanti dall'economia sostenibile cresceranno di quasi 600 mila unità. Pertanto, al 2020, il contributo della forza lavoro generato dall'economia sostenibile sarebbe pari al 7,5%» della forza lavoro totale. Mica male.
«Lo studio - precisano i due ricercatori - dimostra inoltre la capacità dell'economia sostenibile di generare ricchezza: ogni milione di euro generato dalla Green Economy italiana produce un effetto indiretto e indotto di quasi 2,7 milioni sulla nostra economia: sono pochissimi i settori a vantare dei moltiplicatori così elevati, il turismo ad esempio ha un rapporto pari a 1».
Nello specifico, «nello scenario base si prevede che si attivino investimenti totali per 227 miliardi di euro da oggi a fine 2020, pari a una media di 28,3 miliardi di euro l'anno», mentre «le ipotesi presentate per lo scenario go green comportano investimenti complessivi in green economy per 272 miliardi di euro, per una media annuale di 34 miliardi». Secondo le analisi presentate dai ricercatori, la green economy può essere «il motore della crescita, contribuendo, nello scenario go green, per oltre il 43% all'aumento del Pil dei prossimi anni. A seconda degli scenari considerati, l'incremento occupazionale della green economy in Italia oscillerà fra 173 e 591 mila nuovi posti di lavoro».
Le principali direttive riassunte nello studio per centrare un simile obiettivo sono nuovi meccanismi per il credito alle imprese; investimenti in formazioni universitaria e continua utilizzando il Fondo sociale europeo; migliorare il rapporto pubblica amministrazione-imprese per indirizzare risorse nei settori più promettenti; migliorare i sistemi di certificazione dei prodotti; utilizzare meglio gli appalti pubblici (che pesano per il 13% del Pil) come volano dell'economia verde. Sebbene si snodi attorno a metriche talvolta discutibili (come utilizzare la percentuale di raccolta differenziata anziché di effettivo riciclo per misurare l'apporto occupazione di una corretta gestione del settore rifiuti), lo studio di Pontoni e Cusumano rappresenta un importante tassello nello studio della green economy in Italia. Se a domanda generica è infatti ormai divenuto difficile rispondere che l'economia verde non sia importante, non è altrettanto facile rispondere quali vantaggi potrebbe effettivamente portare al Bel Paese uno sviluppo più sostenibile, in particolar modo sotto il profilo più emergenziale: quello dell'occupazione.
Dall'università Bocconi arriva dunque una dettagliata e nostrana declinazione dei risultati ottenuti da un'indagine Ilo (l'Organizzazione internazionale del lavoro, un'agenzia Onu): «Il passaggio verso una economia più verde potrebbe generare tra i 15 e i 60 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo nei prossimi vent'anni e aiuterebbe decine di milioni di lavoratori ad uscire dalla povertà».
L'obiettivo della piena e buona occupazione deve tornare ad essere un orizzonte fondante della politica, anche di quella strana e talvolta animalesca bestia che è quella italiana. In un mondo dove anche la tecnologia non è sempre una manna, e i robot possono soffiare il posto ad un occupato in carne ed ossa (il Pil schizza in alto, ma il neodisoccupato scommettiamo che non ne gioirà), la green economy sembra - per il momento - contenere una risposta anche a questo gigantesco scoglio. «Dalle nostre elaborazioni si evidenzia subito un elemento molto importante - chiosano i ricercatori - la green economy è labor intensive», ad alta intensità di lavoro (umano). Magari non sarà sempre così, ed è certo che al futuro remoto conviene pensare già da adesso. Ma il presente - tra crisi ambientali e occupazionali - chiede intanto di essere tinto di verde, e dobbiamo dargli una mano.