Bruxelles in cerca di una strategia.

Fabrizio Goria

Draghi: «L'Italia continui con le riforme strutturali». Riviste al ribasso le stime sul Pil europeo

BRUXELLES - Il fronte contro l'austerity è sempre più serrato. Se prima erano solo Francia e Spagna a criticare le posizioni della Germania sul fronte del consolidamento fiscale necessario per riportare in sesto le finanze pubbliche dei membri dell'eurozona, da qualche mese non è più così. A Parigi e Madrid si è aggiunta Roma, e anche nella comunità finanziaria cresce l'idea che il rigore a tutti i costi sia qualcosa di altamente distruttivo.

Non a caso J.P. Morgan ha messo in guardia i policymaker europei: «Se continua la strada dell'austerity, l'eurozona potrebbe peggiorare la propria recessione». E sullo sfondo, le proteste sociali. A Bruxelles si dice che i funzionari della Commissione europei siano le persone più noiose e dogmatiche di tutta la città. E in diversi aspetti è vero. Lo sono per esempio nella loro difesa dell'austerity, dice con una punta di ironia Jean-Paul Fitoussi. Commento pungente, ma forse corretto. Chi difende le politiche di rigore è Marco Buti, direttore generale delle DG Ecofin della Commissione europea. In altre parole, per dirla come la direbbe un greco, un uomo della troika. Basandosi sui numeri, gli uomini di palazzo Berlaymont sono sicuri che non si può fare di più per migliorare la situazione di alcuni Paesi come Grecia e Portogallo. «L'austerity non è il male assoluto, ma dobbiamo essere in grado di andare oltre, facendoci venire in mente idee nuove».

Così ha detto Moscovici nel suo discorso introduttivo della "Progressive Economy Conference". Il pericolo, e lo sanno bene tanto a Bruxelles quanto ad Atene, è l'escalation delle proteste sociali. «La gente è stanca, non riesce più ad arrivare a fine mese, ma dall'Europa si chiede sempre di più, sempre uno sforzo maggiore», avverte il ministro francese delle Finanze. Il timore che possa esserci un'improvviso aumento della rabbia dei cittadini è sempre più concreto. «È un rischio che aumenta di giorno in giorno, specie grazie al populismo di alcune forze politiche europee», dice un funzionario della Commissione Ue. E non è un caso che proprio oggi Beppe Grillo abbia dichiarato a Time che lui e il Movimento 5 Stelle dovesse fallire, in Italia si rischierebbero violenze di piazza. «Italia e Spagna, e da poco pure la Germania, hanno partiti anti-europeisti», continua il funzionario. Difficile sarebbe pensare il contrario. Non mancano mai i riferimenti all'Italia, considerata una delle vittime maggiori dell'austerity in salsa tedesca.

Moscovici non ha commentato direttamente i risultati elettorali, ma ha preso atto che quello italiano non è stato tanto un voto contro l'Europa, quanto contro la crisi e i suoi effetti. Opinione discutibile, visto che fra i punti saldi di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle c'è un referendum sulla partecipazione dell'Italia all'euro e l'eventuale rinegoziazione del debito pubblico. In effetti, il rischio è proprio che non si colga al meglio il fenomeno rappresentato da Beppe Grillo, sottovalutandolo. Che quello per il M5S sia stato un voto di pancia - qualcuno lo definirebbe di protesta - è lapalissiano.

Ma fino a che punto è stato contro la classe politica e quanto è stato contro l'euro e l'intera struttura su cui si regge? Secondo Moscovici «non ci sono avvisaglie di un sentimento negativo sull'euro». O meglio, i sentori si stanno attenuando. «Fino allo scorso luglio ci si chiedeva se l'euro sarebbe sopravvissuto nei prossimi 5 anni. Ora gli operatori finanziari non si fanno più questa domanda», dice Moscovici. Per ora ci ha messo una pezza la Banca centrale europea. Basterà? Ciò che deve stupire è la quantità di persone che sono convinte che l'austerity sia dannosa. Eppure, se applicata bene, non lo è.

Intanto, sul voto italiano è arrivato oggi il commento di Mario Draghi, nel corso della conferenza stampa che segue la tradizionale riunione di inizio mese del consiglio direttivo della Bce, che ha lasciato invariati i tassi allo 0,75 per cento: «L'Italia, come ogni altro paese, dovrebbe per prima cosa continuare con le riforme strutturali, l'unica strada per ripristinare la crescita», ha detto Draghi. Aggiungendo: «Deve costruire sul consolidamento fiscale molto significativo raggiunto, che è molto importante per la credibilità sui mercati e per lo spread, che significa costo del credito più basso e quindi più  credito per l'economia e più posti di lavoro: questa è la strada». In generale, per il biennio 2013-2014 la Bce ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil dell'Eurozona, previste in un range fra -0,9% e -0,1% per l'anno in corso e fra 0 e 2% per il prossimo.

Come ha spiegato J.P. Morgan in una nota di inizio gennaio, o l'Europa torna a crescere dal punto di vista economico o registrerà un lento declino. «Nessuno deve dimenticare cosa sta succedendo, con la disoccupazione a livelli record in più Paesi e una stabilizzazione finanziaria che ancora fatica ad esserci, nonostante gli sforzi della Bce», dice Pier Carlo Padoan, capo economista dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo internazionale (Ocse). Anche in quel caso, tuttavia, l'interlocutore deve essere Berlino. L'altro effetto collaterale, per Padoan, è altrettanto pericoloso: «L'austerity crea ed è creata anche dalla corruzione», avverte Padoan.

E in Paesi come Grecia o Italia, in cui il grado di corruzione rallenta in modo sensibile le attività economiche tradizionali, urge un cambio di strategia. O la va o la spacca. E continuando così, tutto si sfascia. In sintesi è questo il concetto più forte espresso di Moscovici, che ha già promesso battaglia contro Berlino nel prossimo Consiglio europeo, come fa notare il suo gabinetto. Date tutte le variabili in campo, fra cui l'eventuale sofferenza dell'intera eurozona data dall'esito delle elezioni italiane, l'instabilità potrebbe aumentare nei prossimi mesi. Poi, sarà la tornata elettorale tedesca, prevista a settembre, a rappresentare il vero spartiacque della crisi.

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