«La relazione è fondamentale. Mettersi davanti a una persona considerandola un essere umano e non il terminale a cui consegnare un servizio fa una grande differenza. Un essere umano con i suoi sentimenti, la sua voglia di libertà, con il suo coraggio per aver lasciato il suo paese. E questo significa che dalla mattina alla sera devi avere un atteggiamento non di tolleranza, non di pietas, ma di rispetto». Inizia così una lunga chiacchierata con l'assessore all'Immigrazione di Campi Bisenzio. Nadia Conti è appena ritornata da Dublino dove c'è stato un incontro del network "città interculturali" e il suo comune è risultato il primo in Italia e il settimo in Europa per buone prassi e processi interculturali nell'integrazione dei migranti. Questo network, che pone al centro dell'esperienza migratoria il concetto di vantaggio della diversità, è nato nel 2008 per volontà del Consiglio d'Europa e della Commissione europea, e mira a testare e sviluppare approcci efficaci nella gestione dell'immigrazione.
Il processo che ha portato questo comune di neanche 45.000 abitanti, cresciuto accanto a Firenze, a diventare un esempio nella gestione del fenomeno migratorio comincia una ventina d'anni fa. Alla fine degli anni ?80, una cospicuo numero di cinesi si trasferì nella frazione di San Donnino. Provenivano tutti dalla medesima zona della Cina e, come succede in genere, inizialmente cercarono di rimanere uniti andando ad abitare e lavorare nelle stesse zone. I locali non reagirono bene e molti furono gli atti di quotidiano razzismo. «Campi fece una politica ferma che però non fece mai mancare il dialogo», ricorda l'assessore. «Abbiamo sempre detto stessi diritti stessi doveri». In pratica cercarono un contatto con la comunità cinese di Firenze e grazie all'associazione Generale Cinese riuscirono a creare un primo dialogo. Ci fu poi l'arrivo in città di Don Momigli parroco di San Donnino che fu (e rimane) una figura centrale per cercare un accordo.
Questa ricerca di confronto culminò in un'assemblea alla casa del popolo di San Donnino dove fu tenuto, per quella volta, un consiglio comunale. Erano i primi anni 90 e in questo consiglio comunale "in trasferta" la popolazione locale, i migranti cinesi e la politica potettero confrontarsi sui temi centrali quali la legalità, la gestione del territorio, le regole. «Ci furono interventi di campigiani, di cinesi. Uno bellissimo è di una ragazzina cinese che diceva di sentirsi a disagio. Riconosceva che se era vero che i suoi connazionali dovevano integrarsi era ugualmente vero che i campigiani dovevano smettere di approfittarsi dei cittadini cinesi». Da quella riunione Chinatown cominciò ad aprirsi e si andò verso una gestione del territorio non ghettizzante. Accanto al rispetto delle regole da parte dei migranti, c'era un forte impegno da parte dell'amministrazione per rendere la città aperta e includente. Sempre in questa ottica fu aperto, unico caso in Italia, l'ambulatorio "fiori di prugna", convenzionato con la Asl che praticava (e lo fa ancora) medicina tradizionale cinese. Queste scelte si dimostrarono vincenti.
Iniziò poi l'immigrazione dai paesi dell'est, dall'Africa, dall'America Latina? Oggi il 14/15% della popolazione è di origine migrante. La meà di questa percentuale è cinese, per il resto si contano oltre 90 provenienze diverse. Campi è il comune più giovane della Toscana, con un trend di crescita esponenziale. Vengono finanziati dei progetti dove volontariato e istituzioni in collaborazione creano sportelli e danno servizi. Ma non basta. «Nel momento in cui, nel 2008, la città di Prato passa per la prima volta a un governo di destra, perdendo sui temi dell'immigrazione, Campi Bisenzio con l'ultima giunta del sindaco Ghini rafforza il suo impegno. Decide di affrontare le elezioni, vincendo al primo turno, con un programma a cui ai primi punti c'erano immigrazione e diritti. Creando due nuovi assessorati: uno all'immigrazione e uno ai rapporti con la comunità cinese», racconta Conti.
Le politiche degli ultimi cinque anni marcano ancora di più la differenza. «Non abbiamo inventato niente» commenta l'assessore. «Ciò che abbiamo fatto è stato riconoscere la centralità delle relazioni umane: questa è stata la nostra forza. Dai primi contatti ti accorgi quanto sia forte la voglia da parte dei migranti di partecipare attivamente alla vita della città senza sentirsi diversi e, al tempo stesso, godere della comunità e degli spazi che questa offre». Per sostenere questo approccio sono stati fatti dei progetti. Il primo è stato Città Visibile dove si è cercato di incrementare l'associazionismo dei migranti e si è dato loro la possibilità di potersi organizzare per le proprie feste o cerimonie. Con il secondo progetto Città Aperta si è passati dal dare visibilità all'interazione tra i migranti e i cittadini italiani. Insieme venivano decise le iniziative, come ad esempio per Campi for Africa o per il Capodanno cinese dove venivano coinvolte nei festeggiamenti anche le altre nazionalità e gli italiani. «C'è stata un'interazione, un dare e ricevere. Momenti in cui le manifestazioni del comune erano partecipate da tutte le nazionalità, in modo che tutti gli abitanti della città si sentissero uniti».
Queste due progettualità e l'aver affrontato le migrazioni in maniera relazionale e umana, senza forme di tolleranza pietistiche, ci hanno consentito di raggiungere, tra tutte le città d'Europa, il settimo posto nelle buone pratiche. Se il lato relazionale è stato la forza di quest'amministrazione, la debolezza è stata una comunicazione esterna debole. «Siamo riusciti a comunicarlo agli italiani, ma non quanto sarebbe stato necessario. Io credo che il cittadino di Campi dovrebbe essere fiero, ma mi viene il mal di stomaco quando vedo che in tutta la Toscana vengono raccolte solo 10.000 firme di cui 2000 a Campi per la campagna "l'Italia sono anch'io". Per me è una sconfitta». Bisogna però dire che Campi Bisenzio ha raccolto più firme della città di Firenze. «Ma quanto si è lavorato per questo?» continua Conti riferendosi al mondo politico. «Ci vuole la passione nelle cose. Devi far capire che la prima persona che si mette in gioco sei tu».
L'ultimo progetto in ordine di tempo realizzato dal comune di Campi Bisenzio è l'insegnamento del cinese nelle scuole della città, perché «oggi non vogliamo più parlare di inclusione, ma di interazione e vantaggio. Questo permette ai bambini cinesi e italiani di poter godere del vantaggio di aver a che fare l'uno con l'altro. Il cinese impara l'italiano e l'altro il cinese. Ti apre orizzonti nuovi perché oggi l'economia è globale. Le migrazioni possono diventare una risorsa per tutti». E dove si ha questa fortuna se non a Campi?
Francesca Materozzi