Il bilancio della quarta edizione. Intervista alla portavoce nazionale Cécile Kashetu Kyenge.
Come è andato il Primo Marzo 2013?
«Anche quest'anno la mobilitazione, che abbiamo voluto dedicare in particolare ai migranti arrivati in Italia dal Nord Africa e alla difficile situazione che stanno vivendo, ha coinvolto centinaia e centinaia di realtà associative, organizzazioni e gruppi del territorio italiano, confermandosi così come uno degli appuntamenti più importanti di mobilitazione, di dibattito e di convergenza di lotte sulle tematiche legate all'immigrazione. Nonostante i buoni risultati di partecipazione, il Primo Marzo e le mobilitazioni sui temi legati all'immigrazione, non hanno avuto tutto lo spazio e la visibilità che meritavano. La concomitanza di una campagna elettorale controversa, spesso aggressiva, ha oscurato ogni altro fatto. Se da un lato l'informazione, tv e stampa, si è dimostrata miope, cancellando dall'agenda i temi che noi abbiamo portato in piazza, sostituiti da stereotipati sensazionalismi - non così per radio e web che hanno dato spazio e ascolto alle nostre voci - la società italiana dall'altro, presa dalla morsa della crisi e spaventata, si è dimostrata poco propensa a farli propri».
Questo cosa comporta?
«La crisi economica non si risolve se prima non si rimuovono i problemi strutturali che l'hanno provocata. Per uscire da questa grave crisi di sistema serve un grande cambiamento non più rinviabile, che necessariamente investe anche il tema migranti. Molti politici banalmente non hanno avuto il coraggio o la coscienza di portare questa questione in campagna elettorale. Tradurre queste tematiche in progetti politici, significa aver compreso che non si esce dalla crisi senza migranti. In Italia il fenomeno migratorio fa parte ormai di un'unica cittadinanza. Non è più: ?noi e voi'. Oggi si deve parlare di un'unica società meticcia, di un'unica cittadinanza che rifiuta ogni forma di razzismo.
Per la Rete Primo Marzo questo punto resta centrale. Il Primo Marzo, nato nel 2010 in modo spontaneo e trascinante, ha contribuito a far crescere questa nuova sensibilità che si è allargata a macchia d'olio ed è entrata nelle case, nei quartieri, nei luoghi di lavoro, fa parte della quotidianità».
Quali le possibili soluzioni e le risposte attese?
«La ricetta proposta oggi dalla Rete è quella di attraversare tutta la società, proprio come fa l'immigrazione. Il nostro movimento dialoga con tutti i soggetti. Le tematiche che trattiamo riguardano tutta la società italiana. Per questo poniamo la questione del cambiamento ai rappresentanti politici che andranno al governo, chiedendo di affrontare la tematica dei migranti in un'ottica generale, strutturale. Oltre 2 milioni e 300 mila sono i lavoratori migranti che contribuiscono con oltre 8 miliardi di contributi a mantenere in attivo alle casse dell'Inps. Si tratta di una componente importante che deve essere presa in considerazione. L'immigrazione costituisce una risorsa per il nostro Paese e, tuttavia, è esclusa da ogni diritto. Parlare di cambiamento culturale significa estendere i diritti fondamentali a ogni cittadino, poiché se una parte della popolazione ne viene privata, di lì a poco vi sarà una retrocessione nella garanzia dei diritti anche per gli altri: questo è accaduto, per esempio, nel lavoro dove l'abbassamento delle garanzie dei lavoratori stranieri prima, ha inevitabilmente portato alla minorazione di quelle degli italiani».
Quali prospettive?
«La nostra paura è che, per l'ennesima volta, il Governo si sottragga ai temi dell'immigrazione e non li affronti. Ma è anche la nostra sfida, di fronte ad uno scenario politico totalmente mutato rispetto al passato. È la sfida del Forum immigrazione e la stessa mia, in qualità di neo eletta al Parlamento. Convivono in me due anime che hanno sempre camminato insieme: quella politica e quella dell'attivismo civile. Ora posso tradurre l'impegno in progetti politici. Con l'estensione del diritto di cittadinanza e una nuova legge sull'immigrazione si può produrre un grande cambiamento e condurre migranti e italiani insieme verso una nuova coesione sociale. La nostra speranza, la mia, è che si torni a fare politica in mezzo alla gente».