Ricerca Intercultura: come la Rete ha cambiato la vita delle nuove generazioni

Federico Taddia
Firenze

Si fidano totalmente della Rete, ma preferiscono decisamente il corpo. Non possono fare a meno del digitale, ma non hanno dubbi nel preferire l'esperienza diretta. Ecco come i giovani italiani si buttano alla scoperta delle nuove culture, stando all'anticipazione di una ricerca Ipsos realizzata in occasione del convegno «Il corpo e la rete» (a Firenze, dal 28 febbraio presso il Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio), promosso da Intercultura, la fondazione che dal 1955 ad oggi ho fatto studiare all'estero oltre 35 mila ragazzi delle scuole superiori.  

«All'inizio della nostra attività per andare a conoscere un Paese straniero bisognava muoversi di persona e l'apprendimento avveniva attraverso i cinque sensi - spiega Roberto Ruffino, segretario generale di Intercultura - ora invece la Rete ti porta il mondo in casa e le diverse culture vengono respirate e assimilate attraverso Internet e i social network: ma non è una contrapposizione, è un'integrazione».

Sul fatto che il web possa funzionare come acceleratore per conoscere nazioni diverse l'84% dei ragazzi intervistati non ha dubbi, mentre solo 16 su 100 temono il rischio di una percezione superficiale, che riduca il piacere della scoperta. Prima di partire, il 76% cerca informazioni su siti di viaggio, il 35% ne parla con amici e conoscenti che conoscono la meta mentre il 24% si rivolge a una libreria per acquistare una guida.  

«Internet è un elemento imprescindibile della loro vita - aggiunge Ruffino - ma non un sostituto del contatto personale: passano ore in Rete, magari a fare i compiti in gruppo con 4 o 5 compagni connessi, ma poi quando si passa alle cose serie, come le confidenze, la musica e ciò che salda le amicizie, cercano l'incontro».  

Nonostante il web, l'81% dei giovani ha infatti dichiarato di vedere di persona gli amici più stretti tutti i giorni (45%) o più volte la settimana (36%), mentre circa il 56% ammette una connessione quotidiana via Facebook. Solo 17% fa una telefonata al giorno, mentre il 56% invia nelle 24 ore almeno un Sms. Per i nativi digitali la mail è roba antica: il 49% ne manda meno di una al mese, e solo il 12% ne scrive una al giorno. E Facebook rimane alla grande lo strumento preferito dal 32,5% dei giovani per dialogare con gli amici all'estero. «Per chi sceglie di passare un periodo di studio in un Paese lontano la Rete può diventare un fastidioso cordone ombelicale che non permette di vivere a pieno l'esperienza», commenta Ruffino.  

Proprio la Rete diventa quindi una sorta di ponte tra l'ambiente che si è lasciato e il nuovo tessuto sociale, da cui può scaturire una serenità che offre agli studenti la possibilità di affrontare con sicurezza il lungo periodo in una contesto diverso dal proprio.  

«A volte sono riuscita ad aggirare la censura e ad accedere a Facebook: però l'ho fatto raramente perchè mi veniva un'inutile nostalgia nel vedere quello che i miei amici stavano facendo a casa, quando invece qui sto vivendo una meravigliosa avventura». Lo racconta via Skype Margherita Praitano, 17enne romana che sta trascorrendo un anno in Cina, ospite di una famiglia di Zhengzhou: «Quando sono arrivata non capivo una parola, e anche per strada le persone mi fermavano e fotografavano perché è rarissimo vedere uno straniero. Grazie alla Rete però è stato tutto più semplice, perché qui i giovani escono poco di casa, ma si sta spesso connessi attraverso i social network permessi dal governo per parlare, scambiarsi foto e condividere pezzi di quotidianità. Ho migliorato la lingua e ora posso dire di sentirmi in tutto una di loro».    

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