Riciclo, componenti industriali alternativi e estrazione mineraria: il Manifesto per l'utilizzo efficiente delle risorse continua la sua corsa. E in Italia?
Luca Aterini
Le materie prime sono la linfa vitale dell'industria europea, con almeno 30 milioni di posti di lavoro che dipendono da loro. Ma il Vecchio continente si trova ormai in una posizione di svantaggio nell'approvvigionamento di materie vergini e quindi «gran parte dell'industria europea si basa fortemente sui mercati internazionali per garantirsi l'accesso alle materie prime di cui ha bisogno». Una debolezza dalla quale l'Europa punta a liberarsi: per questo la Commissione europea ha lanciato un nuovo partenariato europeo per l'innovazione (Eip) sulle materie prime, avvicinandosi di un lungo passo verso una riconversione ecologica dell'economia.
Mentre l'attenzione ai flussi di materia che attraversano la nostra economia è ancora fin troppo scarsa all'interno del territorio nazionale, in campo europeo l'Italia fa - in qualche modo - da apripista. Il partenariato è stato infatti lanciato dal vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani - responsabile per l'industria e l'imprenditoria - insieme ai suoi colleghi Maire Geoghegan Quinn, commissario europeo per la Ricerca, l'innovazione e la scienza, e Janez Potocnik, commissario europeo per l'Ambiente. Il partenariato si inserisce nella strategia già tracciata dal fondamentale Manifesto per l'utilizzo efficiente delle risorse, e fa perno su un semplice assunto: «L'innovazione può essere un potente veicolo per soddisfare le sfide dell'Europa nel settore delle materie prime».
«L'obiettivo - spiega la Commissione europea - è quello di affrontare le debolezze, le strozzature e gli ostacoli nella ricerca europea e nel suo sistema di innovazione che impediscono o rallentano lo sviluppo di buone idee e la loro immissione sul mercato. Il partenariato europeo per l'innovazione riunisce gli Stati membri e le altre parti interessate (imprese, Ong, ricercatori, ecc.) per sviluppare strategie comuni, mettere insieme capitali e risorse umane e garantire l'attuazione e la diffusione di soluzioni innovative per le nostre sfide nel campo delle materie prime». L'obiettivo ultimo della Commissione è quello di «fare dell'Europa un leader mondiale nella prospezione delle materie prime, nella loro estrazione e lavorazione, nel riciclaggio e la sostituzione di materiali entro il 2020», mitigando gli «impatti ambientali e sociali negativi» dell'intero settore.
«Le difficoltà nell'approvvigionamento delle materie prime hanno un impatto negativo sulla performance industriale europea e la sua performance economica complessiva», ed è partendo da questa consapevolezza che la Commissione spiega i 4 punti d'intervento ritenuti focali: l'estrazione mineraria, per sfruttare quelle risorse minerarie tra i 500 e i 1.500 metri sottosuolo, dal valore stimato di 100 miliardi di euro (aspetto che però a parer nostro deve essere affrontato in modo più approfondito, ndr); il riciclaggio, definito «un altro mezzo fondamentale per ridurre la domanda europea di materie prime non-Ue»; la sostituzione di materie prime non disponibili sul territorio Ue con componenti industriali alternativi, un campo di ricerca nel quale l'Europa è «un leader mondiale»; garantire, infine, la parità di condizioni di accesso alle risorse in paesi terzi (e qui il criterio deve essere quello della sostenibilità sociale altrimenti si rischia il land grabbing).
Per intraprendere questi obiettivi generali, l'Eip ha già proposto un quadro d'azione dettagliato, e stabilito per il 2013 un'agenda fitta di impegni: in particolare, un Piano strategico di attuazione sarà sviluppato e probabilmente approvato dal gruppo direttivo di alto livello il 17 luglio, e nel mese di settembre è previsto il lancio di un bando pubblico per consentire a tutti i potenziali soggetti interessati ad esprimere la loro intenzione concreta di contribuire alla realizzazione delle priorità che saranno individuate nel Piano.
Si tratta di impegni concreti, la maggior parte dei quali va nella direzione giusta per una riconversione ecologica dell'economia, e che aspetta di essere concretamente calati anche all'interno del contesto nazionale italiano. È questa, infatti, una fetta importante della green economy, e dunque una fondamentale occasione per intraprendere un percorso di piena e buona occupazione nel segno della sostenibilità.
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