di: Martina Sogni
Domenica 24 febbraio ad Addis Abeba (Etiopia) undici paesi africani hanno firmato un accordo quadro sponsorizzato dalle Nazioni Unite per metter fine all'instabilità nella regione del Nord Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo, RDC) e rafforzare la cooperazione nella regione dei Grandi Laghi. Hanno sottoscritto l'accordo RDC, Rwanda, Burundi, Repubblica Centrafricana, Angola, Uganda, Sud Sudan, Sudafrica, Tanzania e Congo-Brazzaville.
L'accordo impegna la RDC a lavorare al consolidamento del proprio Stato e alla riforma delle istituzioni (esercito, polizia, settore giudiziario), e chiede ai paesi firmatari di non interferire negli affari interni dei paesi vicini, non appoggiare o tollerare l'azione di alcun gruppo ribelle e rispettare l'integrità territoriale degli Stati della regione. L'accordo, rivolgendosi alle Nazioni Unite, chiede la nomina di un inviato speciale per la regione dei Grandi Laghi e il rafforzamento della missione Onu Monusco attiva nel Nord Kivu. E' questo il punto più concreto dell'accordo perché prevede una "revisione strategica" dei termini del mandato militare della missione Monusco.
L'accordo non specifica nel dettaglio i termini della revisione della missione, ma Ban Ki Moon, il segretario generale delle Nazioni Unite, ha parlato di una nuova "brigata di intervento" con mandato di peace-enforcement (se necessario la forza militare può, nel quadro del capitolo capitolo VII dello statuto dell'Onu, ricorrere al combattimento). Già il 25 gennaio Ban Ki Moon aveva parlato della necessità di affiancare alla missione di peace-keeping Monusco (che conta già 17.000 effettivi) un braccio operativo con mandato di peace-enforcement. L'accordo sull'avvio della missione, che avrebbe richiesto la collaborazione tra i leader della regione dei Grandi Laghi, l'Unione africana e l'Onu, doveva essere raggiunto lo scorso 29 gennaio ai margini del summit dell'Unione africana ad Addis Abeba. La firma era però stata rimandata perché non si era trovata un'intesa su chi avrebbe dovuto guidare la missione.
L'integrità della regione del Nord Kivu è ancora minacciata dall'azione di diversi gruppi ribelli armati che rivendicano il controllo delle risorse di cui è ricca la provincia. I gruppi ribelli più attivi sono l'M23 (gruppo principalmente composto da disertori di etnia tutsi dell'esercito della RDC) e le Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda (principalmente composto da militari di etnia hutu). La provincia del Nord Kivu e il Sud Kivu sono territori ricchi di stagno, tantalio e tungsteno, minerali necessari alla produzione di apparecchi elettronici come computer, cellulari e telecamere.
Un report delle Nazioni Unite rilasciato lo scorso maggio ha denunciato l'appoggio del Rwanda ai ribelli del M23. Il gruppo si è formato nell'aprile del 2012 e il 20 novembre scorso è arrivato a prendere il controllo della città di Goma, capitale della provincia del Nord Kivu, e dell'aeroporto internazionale, senza che la Monusco fosse in grado di contrastare l'avanzata.
Intanto prosegue il dialogo fra governo della RDC e gruppi ribelli (il 15 marzo scade il termine per il raggiungimento di un accordo). Ma le tensioni non si placano e secondo quanto riportato dal Wall Street Journal a poche ore dalla firma dell'accordo di ieri, 25 febbraio, sono scoppiate nuove violenze fra i ribelli delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda e il gruppo M23 a Rutshuru, nel Nord Kivu.