di Monica Ricci Sargentini
Libertà di espressione
Tre mesi fa gli avevano dato l'ergastolo per aver scritto una poesia intitolata "Gelsomino" in cui lodava la primavera araba: "Siamo tutti la Tunisia di fronte all'élite repressiva". Versi che non erano affatto piaciuti all'emiro del Qatar Hamad bin Khalifa Al Thani soprattutto per un riferimento agli "sceicchi che giocano con le loro playstation" che è stato letto come un "attentato ai simboli dello Stato e un incitamento a sovvertire il potere".
Ieri il poeta Muhammad al-Ajami ha ottenuto un significativo sconto di pena: 15 anni di reclusione. Troppo poco per il 36enne che aveva puntato le sue carte sull'assoluzione piena visto che non esiste alcuna prova di una sua lettura in pubblico dei versi incriminati. Quando i tre giudici hanno pronunciato la sentenza al-Ajami ha perso le staffe: "Non c'è nessuna legge per questo" ha urlato mentre le guardie lo portavano via. Ma la decisione della Corte d'Appello di Doha, contro la quale il poeta 36enne ricorrerà in terzo grado tra tre settimane, non può soddisfare nemmeno le organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch che avevano definito la sentenza all'ergastolo pronunciata nel 2012 "un'oltraggiosa violazione della libertà di espressione" e avevano chiesto l'immediata liberazione del poeta.
Per l'avvocato difensore di al-Ajami, Najib al-Naimi, la sentenza d'appello dimostra un "malfunzionamento della giustizia": "Dietro questa decisione c'è la politica - ha spiegato -, vogliono dimostrare ai cittadini del Qatar che chiunque aprirà la bocca subirà lo stesso trattamento".
Il Qatar, Paese ricco di petrolio che ospita anche una base militare americana, è riuscito finora a sfuggire ai fermenti della primavera araba. L'emiro ha assunto un ruolo di alto profilo invocando spesso il rispetto per i diritti umani, soprattutto durante la sua visita a Gaza, la prima di un leader straniero negli ultimi anni. Il Qatar ha appoggiato le rivolte che hanno deposto i dittatori in Egitto, Tunisia e Yemen; si è schierato con la Nato nel conflitto in Libia e è con i ribelli che si battono contro il presidente Assad in Siria. Nonostante questa vetrina di buone intenzioni la libertà di espressione è molto ristretta nel piccolo Stato del Golfo abitato da meno di due milioni di persone. I giornali si auto censurano e non esiste un'opposizione politica.
Anche le Nazioni Unite nei mesi scorsi avevano espresso preoccupazione per una sentenza che sembra inficiata da molte irregolarità procedurali. E Ali al-Hattab, un attivista saudita che segue i diritti umani nel Golfo, ha interpretato la condanna di ieri come un pessimo segnale per il Qatar: "Parlano tanto di democrazia e di uguaglianza - ha spiegato - ma non vogliono che persone come Mohammed abbiano la libertà di parlare perché vivono le sue parole come una minaccia al loro potere e alla voglia di controllo. Tutto quello che ha fatto è recitare una poesia. Come può essere accusato di voler rovesciare il regime?". Una domanda legittima che per ora rimane senza risposta.