La perdita di volume dei ghiacci artici è superiore del 60% al previsto secondo i rilevamenti del satellite CryoSat
La situazione dei ghiacci in Artico è ben peggiore di quanto finora fosse stato valutato. Lo dicono con chiarezza i dati raccolti ed elaborati dal satellite CryoSat dell'Agenzia spaziale europea (Esa). Per la prima volta, infatti, si è misurata oltre a una riduzione nell'estensione della superficie ghiacciata anche una perdita di volume superiore alle stime precedenti. Dal 2008 l'Artico ha perduto 4.300 chilometri cubi di ghiaccio nel periodo autunnale e 1.500 chilometri cubi durante l'inverno. «Grave è il fatto che questa perdita riguardi il ghiaccio antico ed è più alta del 60% rispetto alle stime in precedenza desunte con il programma Piomas», nota Tommaso Parrinello, mission manager del programma in Esa. Questo vuol dire che la causa sia l'aumento della temperatura e le aree più coinvolte sono la Groenlandia, l'arcipelago canadese e il nord-est delle Svalbard.
DECLINO - Prima di CryoSat, il satellite IceSat della Nasa aveva effettuato una ricognizione analoga dal 2003 al 2008 osservando il declino in atto. A confermare il danno e soprattutto a valutarne l'annullamento in termini di volume ha provveduto poi il satellite europeo, dotato di un radar in grado di scandagliare sia la superficie sia la base dello strato ghiacciato misurandone di conseguenza lo spessore e arrivando quindi al volume. Che la situazione in Artico fosse seriamente critica lo dicevano le indagini compiute in particolare negli ultimi decenni le quali stabilivano che il riscaldamento climatico al polo Nord era notevolmente superiore a quello del resto del pianeta. «Anzi», precisa Parrinello, «le cifre dicono che negli ultimi 50 anni la temperatura qui è salita di 2,4 gradi centigradi, cioè 1,8 gradi in più rispetto alle latitudini medie».
AMPLIFICAZIONE - Infatti il fenomeno è stato anche battezzato dai ricercatori con il nome Arctic amplification. Inoltre si è visto che ogni anno si perde il 13 per cento dei ghiacci durante la stagione estiva e il 4% in quella invernale. Le precipitazioni non riescono a riequilibrare la situazione perché, appunto, l'aumento della temperatura scioglie i ghiacci più antichi che hanno uno spessore massimo di 5-6 metri. Il loro assottigliamento era stato simulato con il programma Piomas (Pan-Antarctic Ice-Ocean Modelling and Assimilation system), ma ora i rilievi di CryoSat hanno mostrato come il modello fosse troppo conservativo e la condizione reale molto peggiore.
CRYOSAT - L'operazione era iniziata nel 2010 da parte dell'Esa con il lancio del satellite ed estesa a livello internazionale sotto la guida dell'University College di Londra. Vi hanno partecipato numerose importanti centri: dal Jet Propulsion Laboratory della Nasa alla Wood Hole Oceanographic Institution americana oltre a numerose università e istituti sia statunitensi che europei come il Wegener Institute for Polar and Marine Research. Per raggiungere la necessaria garanzia sui dati, i rilevamenti dal satellite sono stati accompagnati e confrontati con misure dirette al suolo. Il risultato ottenuto aiuta anche a spiegare come si sia arrivati nel settembre scorso a conquistare il triste record della minore estensione dei ghiacci artici limitata a 3,61 milioni di chilometri quadrati.
30 ANNI PRIMA - Da trent'anni i satelliti rilevano la situazione dimostrando pure come negli ultimi sei ci sia stata la maggiore perdita sino a giungere al livello minimo dell'anno scorso. «Il lavoro compiuto», conclude Parrinello, «ci aiuterà a perfezionare il modello Piomas rendendolo più adeguato all'evoluzione vera del fenomeno, ma soprattutto ci aiuterà a stimare meglio ciò che può accadere nel futuro». Le considerazioni degli esperti dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) prevedevano uno scioglimento totale dei ghiacci artici nel 2050. Le indagini ora effettuate da CryoSat indicano prospettive ancora peggiori con un anticipo della sparizione addirittura al 2020.
Giovanni Caprara