Il mecenatismo del nuovo millennio è a portata di tutti, è anti crisi, promuove progetti privati, arricchisce i musei e salva eventi culturali. Tutto merito del crowd funding, traducibile come finanziamento della folla. Questa strategia di raccolta fondi sfrutta le enormi potenzialità di viralità, collaborazione e orizzontalità della rete, in particolare dei social network: ogni navigatore del web può partecipare ad un finanziamento, anche con cifre irrisorie, in cambio di un piccolo riconoscimento simbolico o materiale. Da fenomeno online, la colletta aggiornata al web 2.0 sta diventando un importante strumento per promuovere la Cultura, troppo spesso sacrificata dai dettami dell'austerity.

Dal 2 marzo 2011 le Tre Grazie di Cranach danzano immobili nell'Ala Richelieu del Louvre, dopo la vittoriosa campagna Tous Mecenes del prestigioso museo. L'iniziativa ha coinvolto più di 6.000 persone pronte a contribuire all'acquisto del capolavoro da una collezione privata; i nomi dei donatori hanno campeggiato per un mese accanto al dipinto, ringraziati da un grande «Merci!» per il milione di euro raccolto. È il primo straordinario successo del crowd funding per l'arte.
I vantaggi sono enormi: grande facilità nella raccolta, tempi ridotti - sicuramente meno dell'attesa per un finanziamento governativo -, maggiore coinvolgimento della folla. E così dopo il Louvre, anche il Goddam Tesla Museum negli States si è lasciato contagiare dal crowd funding e sull'esempio oltre 200 piattaforme in Europa vincolano la raccolta fondi a operazioni culturali.

In Italia ci sono tutte le premesse perché il crowd funding prenda piede: necessità di tutelare un patrimonio artistico tanto imponente quanto in rovina, sordità degli enti governativi, facilità del passa parola che, quando vogliamo, per noi è un'arte. Così anche Palazzo Madama ha inaugurato il finanziamento partecipativo, con la campagna Acquista con Noi un pezzo di Storia: raccogliere 80.000 euro per riportare a Torino il servizio di porcellana dei d'Azeglio. Le donazioni ammontano a circa 35.000 euro, quando mancano 47 giorni alla fine.
Scommette anche la Biennale di Venezia: il Padiglione Italia Vice versa, firmato Bartolomeo Pietromarchi, ha bisogno delle donazioni della web community italiana perché i 600.000 euro stanziati dall'alto non bastano a coprire tutte le spese. La campagna si apre oggi 12 febbraio e durerà 90 giorni, si potrà contribuire dal sito ufficiale con l'orgoglio - dicono - di finanziare le produzioni degli artisti, e l'organizzazione di un convegno finale. Secondo Pietromarchi dimostrare che in Italia esistono realtà private pronte a contribuire nel proprio piccolo all'attività culturale, è un obiettivo più importante del risultato finanziario.

Il fenomeno infatti, nasce e vive nell'underground. La maggior parte dei progetti proposti sui siti per crowd funding, quali Kapipal o Eppela, per esempio, è avanzata da artisti esordienti/emergenti che cercano solidarietà in rete per le proprie creazioni: dalla proiezione di un corto all'allestimento di una mostra fotografica. Tra migliaia di progetti interessanti e sconosciuti, si trovano anche le produzioni dei "grandi", come Lettere Italiene, una serie di corti sulla vita dei nuovi italiani curato da COSPE e dalla rivista Internazionale, finanziato su Eppela.

Il finanziamento partecipativo è destinato a diventare una realtà consolidata anche da noi. Tuttavia le polemiche non mancano, convinte che la brillante idea di coinvolgere folle per incrementare e tutelare il nostro patrimonio culturale, si possa trasformare in un pretesto per la deresponsabilizzazione delle autorità competenti. Il crowd funding è una risorsa nuova ed efficace, ma sembra essere una di quelle mode che fanno presto a diventare manie, abusi che convogliano energie per obiettivi qualunque. E per essere veri Mecenati, il qualunquismo è il primo vizio da vincere.

Fabrizio De Gregorio

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