Si evolve rapidamente la situazione in Mali e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) si prepara ad assistere il possibile rientro spontaneo nel paese di migliaia di persone fuggite a causa del conflitto nelle aree settentrionali. L'Agenzia conta - non appena le circostanze lo consentiranno - di stabilire nuove presenze a Gao e in altre città del nord. Finora infatti le condizioni di generale insicurezza hanno impedito l'accesso umanitario a queste aree.

Molti sfollati - emerge dalle interviste realizzate i giorni scorsi a Bamako - sperano di tornare presto nelle loro aree d'origine, tra cui Gao, Timbuctu e Kidal.

Quella dei ritorni non è ancora una tendenza diffusa, ma in determinate circostanze se ne cominciano già a registrare. A Kinna, ad esempio, una città del Mali centrale, una missione ONU incaricata di verificare le condizioni di sicurezza ha confermato che alcune persone stanno già rientrando. Dopo l'invasione della città ad opera dei combattenti ribelli lo scorso 10 gennaio - episodio che ha innescato l'intervento militare francese - quasi la metà dei 10mila abitanti della città era fuggita nelle aree rurali circostanti.

Nonostante l'interesse per il ritorno sia indubbiamente in crescita, le condizioni nel nord del Mali restano difficili. Chi è fuggito di recente da quelle zone ha riferito di grave scarsità di cibo, acqua potabile e carburante. Inoltre energia elettrica, trasporti, comunicazioni, assistenza medica e istruzione sono interrotti con pesanti conseguenze sulla vita delle persone.

A Kidal e Tessalit, nel nord, i rifornimenti di cibo e altri beni di prima necessità sono stati gravemente limitati a causa del conflitto e della chiusura del confine con l'Algeria, corridoio attraverso il quale passava il flusso d'importazione di diversi prodotti.

Centinaia di persone poi sarebbero fuggite da Kidal negli ultimi giorni verso villaggi situati ancora più a nord, a ridosso del confine con l'Algeria. Altri hanno anche attraversato questo confine, nonostante esso sia ufficialmente chiuso.

In diverse aree del Mali poi si registrano tensioni tra comunità etniche. Tuareg e arabi, in particolare, sono accusati dagli altri gruppi di sostenere la ribellione separatista che ha portato all'attuale conflitto.

L'UNHCR rivolge pertanto un appello ai leader delle comunità e alle autorità maliane affinché assegnino urgente priorità alle iniziative mirate a promuovere pace e riconciliazione tra i vari gruppi etnici.

L'Agenzia inoltre sta trasportando con urgenza nel paese aiuti umanitari per 9mila famiglie - complessivamente circa 54mila persone - tra cui materassi, coperte, teli di plastica, taniche per l'acqua, zanzariere e utensili per cucinare. Una distribuzione di aiuti è in programma già per oggi nella città di Mopti dove - secondo le stime - gli sfollati sarebbero 40mila.

Complessivamente, dall'inizio del conflitto un anno fa, circa 380mila persone sono fuggite dal nord del Mali. Di loro, 230mila sono sfollati all'interno del paese, mentre oltre 150mila hanno cercato rifugio nei vicini Mauritania, Niger, Burkina Faso e Algeria.


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