Quasi 10.000 gli italiani all'estero per cui non è previsto il diritto di voto presso le rappresentanze diplomatiche italiane, tra cui cooperanti e volontari internazionali, e che dovrebbero quindi tornare in patria per le prossime elezioni politiche. "Una vera e propria discriminazione", come la definisce il presidente Focsiv, Gianfranco Cattai.
Le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio si avvicinano, e le polemiche imperversano sul web, da twitter a facebook, i giovani all'estero, soprattutto in Erasmus, chiedono di poter votare. E non solo i giovani.
Anche la FOCSIV, attraverso un comunicato stampa, si fa portavoce per il diritto di voto per i cittadini italiani all'estero. Infatti, la più grande Federazione a livello nazionale di Organismi cristiani di servizio internazionale volontario, in vista delle prossime scadenze elettorali per le elezioni "denuncia una palese e oggettiva discriminazione sulle condizioni di esercizio del diritto al voto per i cittadini italiani all'estero". Discriminazione perché secondo la normativa vigente, chi può esercitare il diritto di voto all'estero, oltre agli iscritti Aire, sono gli appartenenti alle Forze Armate e alla Polizia di Stato, i dipendenti delle amministrazioni statali o delle regioni e provincie autonome e i loro familiari e i docenti e ricercatori universitari all'estero. Solo per queste categorie è concesso il diritto di voto presso le rappresentanze diplomatiche italiane all'estero, possibilità non prevista invece per i giovani in Servizio civile all'estero, per quelli impegnati presso il Servizio Volontario Europeo, per i volontari e cooperanti internazionali, per sacerdoti, suore, religiosi e laici non iscritti all'Aire.
Gianfranco Cattai, presidente FOCSIV, sostiene: "Il diritto al voto è un diritto che l'insieme della pubblica amministrazione deve garantire a tutti i cittadini, anche a quelli che per motivi diversi attualmente operano all'estero". Come già detto, è una vera e propria discriminazione inaccettabile; inoltre, in alcuni casi lo Stato si accolla le spese per il rientro in patria, come per i giovani del Servizio Civile, "crediamo opportuno, invece" continua Cattai "che in questo momento di crisi e di revisione della spesa pubblica, che gli organi preposti, in primo luogo il Ministero degli Interni, dia la possibilità a tali persone di esercitare il proprio diritto-dovere al voto presso le rappresentanze diplomatiche italiane all'estero."
Se mettiamo insieme tutte le categoria menzionate che non hanno il diritto al voto presso le rappresentanza diplomatiche, si arriva a 10.000 persone interessate. "Se lo Stato si dovesse far carico delle spese di rientro in patria di tutte queste persone" precisa il presidente "la spesa sarebbe di 15-20 milioni di euro. Da anni abbiamo sottolineato il problema ed è inaccettabile che tutte le volte la risposta delle Istituzioni preposte è rinviare la soluzione del problema alla prossima tornata elettorale".