Laura Eduati, L'Huffington Post
Un carcere nuovo di zecca dove piove dal tetto, il cibo è scarso, le porte delle celle rimangono sempre chiuse e la palestra è inagibile. A pochissimi giorni dalla condanna di Strasburgo che definisce "inumane e degradanti" le condizioni dei detenuti nei penitenziari italiani, la lettera di 35 condannati descrive la situazione nel carcere "Salvatore Soro", inaugurato da una manciata di settimane nella frazione Massima di Oristano, descritto sulla carta come "carcere modello" e invece già sottoposto a interventi di ristrutturazione.
Il taglio del nastro è avvenuto negli ultimi giorni di novembre 2012, in fretta e furia per rimediare al sovraffollamento degli altri istituti sardi. Eppure sembra andare quasi tutto storto. Così un gruppo di detenuti ha preso carta e penna per descrivere quello che succede: «Non esiste la socializzazione né nelle celle né nell'apposita saletta. Non funziona la palestra né il campo sportivo né è possibile svolgere alcuna attività ginnica. Perfino il cibo è scarso e per dotarsi di qualche tegame si devono fare acrobazie. La situazione è ancora più critica relativamente al vestiario che è ridotto allo stretto necessario e chi non ha colloqui con i familiari non può neanche lavarsi i panni in quanto è vietato stenderli».
Costretti e rimanere dietro le sbarre, senza alcun programma di rieducazione, i firmatari sono preda della depressione: «Le porte delle celle sono sempre chiuse e spesso vengono chiusi gli spioncini. Anche le docce funzionano solo a tratti e così il riscaldamento». La fretta con la quale il ministero della Giustizia ha voluto aprire il nuovo edificio carcerario, accusano anche i sindacati di polizia penitenziaria, è la ragione del malfunzionamento degli impianti tecnologici che dovrebbero aprire e chiudere automaticamente le celle - senza dunque l'intervento degli agenti. La missiva è arrivata nelle mani di Maria Grazia Caligaris, ex consigliera regionale della Sardegna e presidente dell'associazione Socialismo Diritti e Riforme: «Sappiamo che quando apre un nuovo penitenziario ci vogliono tempi lunghi per mettere in funzione i servizi, ma questo disagio è scandaloso».
Per il provveditore regionale del Dap, Gianfranco De Gesu, le condizioni del carcere di Oristano-Massima sono invece «quasi alberghiere»: «Ogni cella ospita due detenuti e se l'acqua calda è erogata secondo fasce orarie è per risparmiare». Non nega, De Gesu, che la struttura abbia dovuto essere parzialmente rifatta a causa di difetti di costruzione: la ditta non aveva previsto una guaina di impermeabilizzazione nelle docce e sotto il tetto e così, dopo nemmeno 24 ore, si sono verificate vistose infiltrazioni nelle celle. Un assurdo difetto di progettazione, ancora più grave visto il costo della costruzione del penitenziario: 40 milioni di euro. Delle quattro nuove case circondariali volute dall'allora ministro della giustizia Roberto Castelli, oltre a Oristano-Massima è stata aperta una struttura a Tempio Pausania mentre attendono quella di Uta (Cagliari) e Sassari.
Quello che preoccupa maggiormente i detenuti - coloro che hanno firmato la lettera sono 35 su 161 presenti - è comunque la qualità della vita. Pessima. Alcuni di loro provengono dal carcere che sorgeva nel centro di Oristano, ospitato da un edificio di origine medievale e fatiscente dove topi e scarafaggi erano ormai abituali compagni di cella. Con il trasferimento nella nuova struttura avevano sperato di trovare un sistema migliore: «Non possiamo nemmeno acquistare prodotti per la pulizia delle celle. Se queste sono le condizioni in cui siamo costretti a sopravvivere allora è meglio che venga ripristinata la pena di morte».