Silvia Favasuli

Dall'accordo tra associazioni degli imprenditori e banche nasce una nuova finanza locale. I risparmi raccolti sul territorio finanziano le pmi del Nord per progetti di sviluppo che rilancino l'economia. Ma non solo: serve liquidità anche per pagare tredicesime, bollette, e scorte di magazzino.

Raccogliere sul territorio per ridistribuire sul territorio. È semplice il principio che sta alla base dei city-bond, o «bond territoriali». In tempi di contrazione del credito le piccole medie imprese combattono la crisi di liquidità che le soffoca cercando finanziamenti tra i concittadini. E investono il denaro raccolto in progetti di sviluppo ma anche, più prosaicamente nelle tredicesime ai dipendenti, in tasse, o nell'acquisto di nuovi macchinari.

È la finanza territoriale nata da un esperimento dell'Unione Industriali di Varese nel 2010. Ha fatto scuola. Fino al successo dei Brianza bond dello scorso agosto: 10 milioni di euro di obbligazioni raccolti in 20 giorni tra i risparmiatori della provincia di Monza e Brianza e ridistribuiti in poco meno di tre mesi alle aziende del territorio, 46 in tutto.

«Avevamo bisogno di liquidità per pagare le tredicesime e un anticipo di imposta», racconta Gianluigi Casati, imprenditore varesino a capo della fonderia di famiglia specializzata in forniture di ghisa. «La Bcc offriva un prestito con tassi di un punto e mezzo inferiori a quelli degli altri istituti. Ne abbiamo approfittato», dice pragmatico. E ha firmato un prestito di 250mila euro da estinguere in 18 mesi offerto dal Banco di credito cooperativo di Busto Garolfo, l'istituto di credito che ha ideato questo strumento insieme all'Unione Industriali di Varese.

Il meccanismo di base è semplice. La filiale locale di una banca emette delle obbligazioni totalmente garantite e con tasso fisso. I bond sono acquistabili solo dalle imprese iscritte all'associazione degli imprenditori locali che ha stipulato l'accordo con la banca, dai soci degli imprenditori e in alcuni casi anche dai dipendenti delle aziende. Si tratta di obbligazioni bancarie a tutti gli effetti: vendute ai clienti dell'istituto di credito - si può diventarlo per l'occasione - e garantite dallo stesso. I soldi raccolti formano un plafond che la banca metterà a disposizione delle stesse imprese del territorio, che possono ricorrere ai finanziamenti per opere innovative e di sviluppo, per assunzioni ma anche per normali esigenze di liquidità come il pagamento delle tasse o degli stipendi dei lavoratori. E si impegnano a restituire i soldi alla banca con un tasso calmierato che varia in base al rating dell'azienda e alla tipologia di intervento, maggiore in ogni caso di quello pagato agli investitori.

Imprenditori che finanziano altri imprenditori, ma non solo. Dopo essere stato sperimentato con successo dalle imprese del Varesotto, l'esperimento è stato ripreso nel 2011 anche dalla provincia di Novara, Monza, Vicenza e Cremona e lo scorso anno da Lecco e Lodi. E in molti casi l'iniziativa è stata replicata estendendo l'acquisto dei bond anche ai risparmiatori comuni, non necessariamente residenti nello stesso territorio delle imprese che si sarebbero avvantaggiate dei prestiti. «Anche se di fatto gli acquirenti restano tutti locali», spiega Giovanni Brugnoli, presidente dell'Unione Industriali di Varese. «Le obbligazioni lanciate nella primavera del 2012 con Ubi Banca le abbiamo vendute tutte in 3 settimane», continua. «Non c'è stato bisogno di pubblicità o forzature. È bastato il passaparola tra imprenditori e la notizia pubblicata sui media locali».

A Novara, la divisione della Bpn ha venduto lo scorso novembre obbligazioni della durata di 5 anni con un tasso nominale annuo lordo del 4,4% per i primi due anni e poi pari all'Euribor a tre mesi maggiorato del 2% per i successivi anni. Ad acquistarli sono stati titolari e dipendenti delle imprese dell'Associazione industriali di Novara. Il plafond raccolto dalla banca è stato di 20 mila euro, 10 mila raccolti con le obbligazioni, il resto messo dalla banca. Alle imprese sono stati concessi finanziamenti tra le 50 e le 500 mila euro per ogni esigenza di liquidità, dal pagamento delle imposte al ripristino delle scorte di magazzino. Diversamente ha scelto di fare la Confindustria di Monza con la Banca Popolare di Bergamo: da un lato ha aperto le sottoscrizione a tutti i risparmiatori, ma dall'altro ha vincolato i finanziamenti solo a progetti di innovazione e sviluppo delle aziende. Dieci mila euro distribuiti tra le pmi nel giro di un paio di mesi.

I city bond funzionano perché di fatto avvantaggiano tutti. I risparmiatori trovano strumenti di investimento garantiti e con tassi leggermente superiori rispetto ad altreobbligazioni. «A fine 2012 abbiamo venduto bond al 3,75%, non se ne troverebbero a più del 3%», dice Brugnoli. Piacciono soprattutto alle imprese, che trovano liquidità in un periodo di stretta sul credito. E avvantaggiano anche le banche, che chiedono alle imprese di remunerare i finanziamenti con tassi che oscillano tra il 4,5 e il 5,5 per cento.

«Per la Bcc i vantaggi economici immediati dell'operazione sono stati bassissimi», assicura Roberto Scazzosi, presidente della Bcc di Busto Garolfo. «Lo spread tra il denaro impiegato e quello raccolto era risicatissimo, pari all'1 per cento. Niente se si considerano i costi dell'operazione». Piuttosto i vantaggi si misurano a lungo termine: rapporti più stretti con le associazioni imprenditoriali locali, fidelizzazione dei clienti, imprenditori e non solo, e nuovi conti correnti avviati, necessari per versare le cedole che maturano sui titoli. Il limite territoriale del finanziamento, possibile solo per le aziende del territorio, «non crea nemmeno eccessiva concorrenza tra prodotti finanziari della stessa banca», spiega Scazzosi. «È la tipicità del prodotto,fatto per trattenere risorse sul territorio».

Visto il successo dello strumento, le associazioni di imprenditori coinvolte si dicono disponibili a riproporre le obbligazioni anche in futuro. Ma alcune non nascondono di essere già al lavoro per inventare nuovi strumenti che diano liquidità alle aziende. Anche questa, del resto, è imprenditorialità.

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