Da un anno il Mali è sotto l'attacco di islamisti insediati nel nord del paese, il governo del paese africano ha chiesto aiuto alla Francia per bloccare l'incursione verso il sud e difendere la capitale Bamako. L'analisi e le testimonianze dei cooperanti Cisv in loco.

di Martina Pieri

La Francia ha risposto positivamente alla richiesta di aiuto del governo del Mali, che da un anno a questa parte soffre una complessa situazione di continui conflitti armati, culminati lo scorso dicembre con l'arresto del Primo Ministro, Cheik Modibo Diarra.

L'11 gennaio l'esercito francese di Hollande è giunto in soccorso dell'esercito maliano con due cargo C-160, per combattere i fondamentalisti islamici, che dal gennaio 2012 occupano il nord del paese, dividendo il Mali in due e minando sempre di più la sovranità della capitale Bamako.

Fabio Ricci, volontario Cisv da due anni in Mali e da oltre 10 in Africa nell'intervista rilasciata a Radio radicale sostiene: "la situazione in Mali nell'ultimo anno è piuttosto complessa, i gruppi presenti nel nord del paese sono presunti islamisti legati ad Al Qaeda, ma non solo. C'è anche il gruppo Boko Aran,  nigeriano, alla ribalta delle cronache per attentati alle chiese, piuttosto che i Mujao, una branca distaccata di Al Qaeda, dell'Africa dell'ovest, responsabile del rapimento di Rossella Urru".

Un paese diviso in due

La situazione del nord del Mali è difficile: una zona abbandonata dal governo perché poco abitata e quasi deserta e fulcro per il traffico di droga e armi, "Inizialmente l'etnia tuareg del nord del paese, rivendicava maggiori diritti e chiedeva l'indipendenza dalla capitale" sostiene Ricci "i primi scontri per l'indipendenza da Bamako si sono avuti con la nascita del Movimento Nazionale per la liberazione dell'Azawad (MNLA)".

La decisione dell'intervento francese è stata presa in accordo con il presidente del Mali Dioncounda Traorè e Hollande sottolinea che l'intervento dell'Eliseo sarà "strettamente nel quadro delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Onu e  pronta ad arrestare l'offensiva dei terroristi qualora dovesse continuare". L'azione si è concentrata sulla città di Konna, a 30 km dal quartier generale dell'esercito maliano di Mopti, e nei raid francesi  sarebbero morti una quarantina di ribelli e undici militari maliani. C'è stata anche la prima vittima francese, comandante di un elicottero.

"C'è una sorta di amore-odio tra Francia e Mali" sostiene Fabio, come è normale che sia tra madre patria ed ex colonia, "i maliani non avrebbero voluto l'intervento della Francia, ma allo stesso tempo erano consapevoli che non ci sarebbe stato nessun cambio di situazione senza appoggio esterno. Per un intero anno gli islamisti sono rimasti al nord, ora con l'imminenza dichiarata dell'ONU di un intervento internazionale in Mali (ricordiamo che l'ONU a dicembre aveva dichiarato che il Mali era "uno degli angoli potenzialmente più esplosivi del mondo", N.d.R), si sono organizzati e sposatati verso sud". Dal punto di vista strategico anche la presenza di ostaggi occidentali nelle mani degli islamici rende difficili le cose: "sicuramente ce ne sono" sostiene Ricci "e questo complica di molto la scelta della Francia di intervenire, è una situazione molto delicata".

A Bamako calma apparente

 Alberto Fascetto, anche lui cooperante Cisv in Mali, scrive sul suo blog sull'Huffington Post "Fortunatamente qui in capitale, a parte una tensione generale, non si respira "aria di guerra". Certo registro un'intensificazione dei controlli in città, esercito e polizia presidiano le strade, soprattutto di notte".  Ma Bamako, dopo le proteste dei giorni scorsi, regna una calma apparente. Il Ministro dell'Amministrazione Territoriale, Moussa Sinko Coulibaly, in seguito alla decisione presa dal Consiglio dei Ministri, precisa che "è entrato in vigore lo stato d'emergenza in tutto il territorio nazionale". Ma, continua Alberto, "Tra la popolazione non è ben chiaro in cosa consista lo stato d'emergenza. Ho chiesto a dei tassisti, a dei venditori o alla stessa polizia, e mi hanno risposto in maniera opposta. "E' meglio che stai a casa. In qualche giorno arrivano a Bamako" mi dice un tassista. "Basta che non fai tardi la sera" afferma un venditore. E un poliziotto, "Cosa? Stato di emergenza? Ma queste sono cose della politica, voi state tranquilli, godetevi la vacanza (?) ci siamo noi a protezione".

I sostenitori e i contrari

 La Francia non è sola con il sostegno all'esercito maliano, ma accanto ad altri partner africani, in particolare Senegal e Niger. "Il ruolo dei paesi vicini è piuttosto ambivalente" dice Ricci "da un parte preoccupati per la situazione che si sta creando in Mali, ma da una parte resta anche comodo a questi paesi. L'Algeria ha sicuramente interesse che la cosa interessi esclusivamente il sud, la Mauritania in passato ha appoggiato il movimento indipendentista dei tuareg e il Niger potrebbe soffrirne parecchio se la situazione dilagasse." Infatti, il Niger ha rinforzato le truppe al confine, già presenti dalla scorda primavera.

Il primo ministro inglese, James Cameroon, ha annunciato che darà supporto logistico alla Francia, ma non scenderà in campo. Stesso tipo di aiuti giungono dagli Stati Uniti. Di diverso avviso invece è Berlino. Infatti, il ministro degli esteri tedesco, Guido Westerwelle ha escluso l'invio di truppe in Mali e lanciato un appello per una soluzione politica per mettere fine alle violenze. Dello stesso parere è l'Egitto di Morsi, che ritiene che non possa esserci una soluzione militare e che la situazione richiede "saggezza".
 
Dopo due giorni di bombardamenti sul nord del paese, la Francia ha chiesto per oggi pomeriggio una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per informare gli altri stati membri e decidere le azioni future.

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