Giuseppe Latour

E' l'epicentro della sfida elettorale. L'Unione europea la attacca, salvo ritrattare, Monti la difende, anche se promette di migliorarla, mentre Pd e Pdl lavorano a ridimensionarla o, addirittura, a cancellarla. E' l'imposta municipale sugli immobili, meglio nota come Imu. Tre lettere sulle quali si gioca molto della campagna elettorale in corso. Anche in chiave europea.

L'ultimo capitolo della vicenda risale a martedì. Nel Rapporto 2012 su Occupazione e sviluppi sociali, presentato dal commissario per l'Occupazione László Andor, si legge che "le tasse sulla proprietà non hanno impatto sulla diseguaglianza sociale in Estonia e in Italia e si ritiene che aumentino leggermente la povertà in Italia". E, poi, sul caso italiano, si spiega che alcuni aspetti della recente riforma del 2012, che ha introdotto l'Imu, "potrebbero essere ulteriormente migliorati per rafforzare la progressività".

Insomma, un invito a ritoccare l'imposta, perché non rispetta un principio basilare del fisco moderno: gravare sui cittadini in maniera proporzionale al reddito. L'Imu, invece, alla prova dei fatti è stata un colpo duro soprattutto per la classe media, costretta a pagare parecchio anche sulla prima casa.

Dopo le reazioni della stampa italiana alla pubblicazione del rapporto, Bruxelles ha provato a metterci una pezza, precisando che il documento "riguarda l'impatto dell'imposta immobiliare italiana nel 2006". Quindi, si parla di Ici e non di Imu. Inoltre, "non analizza l'impatto redistributivo della nuova imposta e non suggerisce che la riforma ha effetti negativi sulla povertà o sulla redistribuzione".

Parole che convincono, ma solo in parte, perché ormai da tempo l'imposta sugli immobili è un'osservata speciale nelle stanze di Bruxelles. Lo dimostrano le vicende legate alle esenzioni di Chiesa e organizzazioni senza fini di lucro. Su queste non si contano negli ultimi anni gli interventi dell'Ue. Solo lo scorso dicembre la vicenda sembra essersi chiusa, bollando la vecchia Ici come aiuto di Stato e sancendo la legittimità piena della nuova Imu.

Più in generale, però, l'attenzione di Bruxelles nei confronti dell'Imu è così forte perché la nuova tassa è stata al centro della manovra di salvataggio dell'Italia, partita a dicembre 2011. A un mese della prima finanziaria di Monti, infatti, il commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn aveva licenziato un rapporto nel quale indicava per l'Italia la necessità di spostare la tassazione sugli immobili e sui consumi. Cosa puntualmente avvenuta con l'Imu e l'aumento dell'Iva.

Adesso, quindi, la sfida si giocherà tra la necessità di qualche aggiustamento e l'impossibilità - per i vincoli di bilancio imposti dall'Ue - di smontare un meccanismo che ha portato nelle casse dell'Erario, nel 2012, qualcosa come 24 miliardi di euro, quattro dei quali sono stati pagati sulla prima casa.

Il più parco di promesse elettorali è il premier uscente Mario Monti. Per il Professore serve solo qualche aggiustamento e non sono possibili tagli. Più che sulla questione della distribuzione dell'imposta, però, le modifiche possibili sono da cercare altrove: in sostanza, per Monti devono andare più soldi ai Comuni, visto che con l'attuale assetto questi hanno incassato solo poco meno di 15 miliardi.

Pd e Pdl, invece, voglio smontare l'imposta. L'ex premier Silvio Berlusconi ha promesso quanto aveva già fatto a suo tempo in materia di Ici: la prima misura di un suo eventuale governo sarebbe un decreto per cancellare l'imposta sulle abitazioni principali. Il costo di questo taglio, come detto, è di circa 4 miliardi.

Qualcosa di simile, in realtà, pensa di fare anche il Pd. I democratici lavorano ormai da mesi a un appesantimento dell'imposta per chi possiede immobili sopra gli 1,2 milioni di euro di valore. Pagando in questo modo un alleggerimento per tutti gli altri. Il sogno di Pier Luigi Bersani è di arrivare a un taglio netto per le abitazioni di valore più basso. Resta da vedere cosa ne pensa Bruxelles.

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