Nonostante le difficoltà date dai lacci burocratici, dai costi elevati, dalla carenza di informazioni e da una legislazione poco adatta alle necessità aziendali.
Ilaria Lucchetti
La svolta è stata registrata dai ricercatori di Fondazione Impresa secondo i quali la sostenibilità ambientale è un driver strategico di competitività, nonostante i persistenti ostacoli dettati dalle sabbie mobili della burocrazia.
Infatti, da un'indagine eseguita su 600 aziende manifatturiere con meno di 20 addetti, è risultato che negli ultimi due anni 1 su 4 abbia introdotto o usato tecnologie volte a ridurre l'impatto ambientale. Dato significativo per due ordini di ragioni: la conferma che le P.I. sono sempre più sensibili a declinare i propri processi produttivi in un'ottica di sostenibilità; esse stesse diventano poi veicolo della domanda di beni e servizi della green economy, mettendo in moto un circolo virtuoso.
Nel dettaglio degli investimenti, per la gran parte (87,8%) sono stati fino a 50 mila euro, con netta prevalenza della fascia inclusa tra gli 11 mila e i 25 mila euro che ha interessato il 48,1% del campione. Riguardo ai beni, i più gettonati sono stati l'acquisto di macchinari e di attrezzature a basso consumo, seguite dalla riduzione degli imballaggi e dall'uso di materiali riciclati, dall'utilizzo dei sistemi di gestione ambientale, dalla riqualificazione energetica degli edifici e dall'installazione di pannelli solari.
«Le piccole imprese italiane sembrano avere sposato appieno i principi della crescita sostenibile suggerita dall'Unione Europea - hanno commentato i ricercatori di Fondazione Impresa - Nonostante i problemi cronici dell'Italia, in particolare la burocrazia complessa e la difficoltà ad accedere ai finanziamenti. Si tratta di una svolta epocale in quanto sostenibilità e ambientale e competitività in queste piccole realtà aziendali - hanno concluso - vanno di pari passo rinunciando all'antagonismo che ha caratterizzato le due dimensioni nell'economia tradizionale».