Situazione umanitaria e sanitaria terribile.
Umberto Mazzantini
Il portavoce internazionale della Séléka (coalizione, in sango, la lingua franca della Repubblica centrafricana - Rca), Eric Massi, ieri ha detto a Parigi che le forze ribelli sono pronte a partecipare ai negoziati a Libreville, la capitale del Gabon, per discutere le condizioni perché il presidente centrafricano François Bozizé abbandoni il potere e per una soluzione politica. Massi ha detto che «La partenza di Bozizé non è negoziabile. Non vuole partire ma non ha modo di restare. Quindi quello di cui noi dobbiamo parlare con i capi di Stato dell'Africa centrale sono le condizioni della partenza di Bozizé, delle garanzie per la sua sicurezza e della sua famiglia, al fine che possa ritirarsi con dignità».
Massi ha confermato che il capo dei ribelli, Michel Djotiodia, si è impegnato ad andare a Libreville, ma le condizioni dei ribelli non sembrano sostenibili ed i colloqui vengono rimandati di giorno in giorno e la guerra civile centrafricana rischia di ora in ora di diventare un nuovo conflitto internazionale per conquistare il cuore di tenebra dell'Africa zeppo di risorse, con tutte le tragedie, le ingiustizie, le ferocie e le stragi che abbiamo già visto e continuiamo a vedere nella confinante Repubblica democratica del Congo (Rdc).
Ieri il presidente sudafricano Jacob Zuma ha approvato l'invio di 400 soldati nella lontanissima Repubblica Centrafricana per fermare i ribelli che ormai sono vicini alla capitale Bangui. Non si capisce cosa abbia politicamente (economicamente è un altro discorso...) da spartire un governo teoricamente progressista come quello sudafricano con un regime golpista e cleptocrate come quello di Bozizé, ma Zuma ha detto che «Le truppe sudafricane apporteranno il loro sostegno rispettando l'obbligo internazionale del Sudafrica di fronte alla Repubblica Centrafricana. Questo dispiegamento è autorizzato dalla Costituzione sudafricana. I soldati sudafricani aiuteranno l'esercito centrafricano (che è fuggito di fronte ai miliziani della Séléka, ndr) ad aumentare la sua capacità, a preparare e a mettere in opera il processo di disarmo, smobilitazione e reintegro. Questa missione fa parte degli sforzi che il Sudafrica mette in atto per portare la pace e la stabilità nella regione».
Il Sudafrica lancia praticamente un ultimatum ai ribelli, chiedendo loro di fermare la loro offensiva verso la capitale Bangui e di ritirarsi dalle città che hanno occupato, ma la verità è che Pretoria interviene con tutta la sua forza e il suo prestigio in Centrafrica per rassicurare i deboli governi vicini terrorizzati che l'esempio delle milizie Séléka si trasformi in un esempio per i movimenti armati che operano in Paesi come la Rdc. Per questo Zuma ha inviato il suo ministro della difesa Nosiviwe Mapisa-Nqakula in Centrafrica per valutare la situazione e per estendere l'influenza sudafricana fino ai confini con il mondo arabo e il governo sudafricano, dimentico della durissima lotta armata condotta dall'African national council, del quale Zuma era un guerrigliero, ha detto che «Il Sudafrica, in quanto membro dell'Unione Africana (Ua), si oppone ad ogni tentativo di prendere il potere con la forza e sostiene anche le sanzioni contro gli autori di ogni cambiamento incostituzionale di governo, compreso il loro isolamento totale». Peccato che la stessa sorte non sia toccata al golpista Bozizé quando prese con la forza il potere nella Repubblica Centrafricana.
Intanto in Centrafrica si sta aggravando la situazione umanitaria già resa estremamente precaria da anni di conflitti armati e il personale delle agenzie Onu e delle Ong è costretto ad abbandonare i luoghi dove si combatte. Una situazione che diventa un terreno fertile per ogni abuso.
L'Unicef ha ricevuto preoccupanti informazioni: sia i ribelli che le milizie filo-governative starebbero reclutando bambini soldato. L'Unicef chiede la cessazione immediata di questi reclutamenti ed «Esorta le parti coinvolte a proteggere i minori dall'impatto del conflitto armato che colpisce il Paese ed a vigilare affinché non siano arruolati». Anche prima che a dicembre scoppiasse il conflitto tra Séléka, esercito della Rca e soldati del Ciad che sostengono il regione, circa 2.500 bambini, ragazze e ragazzi facevano parte di gruppi armati. I maschi vengono fatti combattere ed utilizzati per torturare, le femmine sono schiave sessuali.
Souleymane Diabaté, rappresentante dell'Unicef in Rca, sottolinea che non si tratta solo della Séléka: «Numerosi gruppi di ribelli e di milizie filogovernative sono diventati più attivi durante le ultime settimane nella capitale Bangui e nel resto del Paese. Secondo fonti affidabili, dei bambinii sono da poco stati reclutati nei loro ranghi. Queste informazioni sono molto preoccupanti. Il nostro personale sul territorio lavora con i nostri partner locali per vigilare e verificare le denunce di gravi violazioni dei diritti dei bambini, soprattutto il reclutamento da parte dei gruppi armati, e per rispondere in maniera appropriata. Tra i più vulnerabili ci sono i bambini che hanno perduto la loro famiglia, quelli separati dalle loro famiglie o già associati a gruppi armati».
Intanto vengono segnalati numerosi profughi in arrivo a Bangui, dove mancano infrastrutture pubbliche e servizi per accoglierli ed altri che si sono già rifugiati o sono in cammino verso i Paesi confinanti o le regioni non ancora sotto il controllo della ribellione armata. L'Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell'Onu (Ocha) dice che «I numerosi saccheggi e le violenze segnalate suscitano serie preoccupazioni riguardanti la protezione dei civili in tutto il Paese. Circa 316.000 persone risiedevano nelle regioni colpite e i circa 700.000 abitanti di Bangui rischiano sempre più di essere le vittime di una recrudescenza dei combattimenti». Qualche aiuto è arrivato al campo profughi di Ndélé e in poche altre zone, ma i programmi di aiuti umanitari sono saltati perché il personale delle agenzie Onu e delle Ong è costretto a ritirarsi di fronte ai combattimenti e gli aerei dell'Onu per trasportare cibo e medicine sono costretti a restare al suolo. Secondo Medici senza frontiere, in città come Ndélé, Bamingui, Kabo, Batangafo, Kaga-Bandoro, Sam Ouandja, Bambari, Bria e Sibut la situazione sanitaria sarebbe tragica.
Inoltre sta emergendo un altro problema che rischia di trasformare il post-guerra civile in una sanguinaria faida: la Fédération internationale des ligues des droits de l'Homme (Fidh) non solo denuncia i saccheggi perpetrati dai ribelli nelle zone sotto il loro controllo ma anche un'ondata di arresti arbitrari, intimidazioni e volenze a Bangui contro gli oppositori politici e le famiglie di oppositori esiliati o di militanti della Séléka ed avverte che «Tutti i crimini internazionali perpetrati dall'una o dall'altra parte in conflitto possono riguardare la competenza della Corte di giustizia internazionale». La Fidh ricorda che proprio «L'assenza di giustizia è stata una delle fonti dei conflitti ripetuti in questo Paese da un decenni, tra i quali quello del 2003 che ha portato l'attuale presidente, François Bozizé, al potere».
Proprio il golpista che la Force multinationale d'Afrique centrale (Fomac) si appresta a difendere. Insieme ai sudafricani ed ai ciadiani sono già arrivati a Bangui altri rinforzi per la Fomac: 120 soldati del Camerun e un contingente del Congo Brazzaville e i soldati della Rdc (e probabilmente dell'Uganda) a caccia dei guerriglieri della Lord's Resistance Army nella Rca sarebbero già stati spostati a difendere Bangui.