di Monica Ricci Sargentini

Minori

E' allarme nella Repubblica Centraficana per il numero crescente di bambini che viene reclutato sia dai ribelli che dalle milizie pro-governative in Centrafrica. Una vera e propria tratta di minori che ha spinto ieri l'Unicef a lanciare un appello perché la pratica cessi immediatamente. "L'Unicef chiede la cessazione immediata del reclutamento di bambini da parte di tutti i gruppi armati nella Repubblica centroafricana", ha dichiarato la portavoce del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, Marixie Mercado.  Secondo l'organizzazione erano già 2.500 i minori, sia femmine che maschi, "in servizio" nei gruppi armati ancor prima ancora  del 10 dicembre scorso quando i ribelli di Seleka hanno lanciato un attacco contro il presidente François Bozizé conquistando varie città del nord. E ora si presume siano molti di più anche se l'Unicef non è in grado di dare cifre certe.

I ribelli di Seleka vogliono destituire il presidente perchè, a loro dire, non ha rispettato gli accordi di pace del 2008 che prevedevano tra le altre cose il reinserimento degli ex combattenti tra le fila dell'esercito nazionale. Inoltre i ribelli accusano Bozizè di voler cambiare la Costituzione per potersi ricandidare. I bambini rapiti vengono separati dalle loro famiglie e  "costretti a combattere, a portare rifornimenti e diventano anche schiavi sessuali" dei soldati adulti.  Secondo il rappresentante Unicef in Centrafrica, Souleymane Diabate sono già più 300mila i minori che sono stati testimoni di violenze o ne hanno subite da quando è esploso il conflitto.  Il che li rende anche più facile prede dei gruppi armati.

Tra l'altro l'instabilità della regione ha costretto l'organizzazione delle Nazioni Unite  a trasferire 14 volontari in Camerun la scorsa settimana. E anche l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR) ha evacuato il personale internazionale, una dozzina di persone, prima della fine dell'anno. Lo stesso discorso vale per la Croce Rossa. Rimane il personale locale ma è chiaro che le organizzazioni umanitarie sono costrette a lavorare a ranghi ridotti in una situazione sempre più di emergenza con la gente che fugge verso il Camerun o la Repubblica Democratica del Congo.

Per i bambini arruolati dai ribelli o dall'esercito governativo c'è poca speranza di far ritorno a casa. Ma a volte il miracolo accade. Grazie ai volontari dell'Unicef che operano nella capitale Bangui. dove al momento vengono trattati 64 ex bambini soldato.

Una storia a lieto fine ce l'ha raccontata l'altro giorno il britannico The Independent che ha lanciato una raccolta fondi per salvare questi piccoli guerrieri. E' la storia di Hope (Speranza),  una ragazzina strappata alla famiglia in Sud Sudan dall'Esercito della Resistenza del Signore che si muove tra quel Paese e la Repubblica Centrafricana. Hope ha passato due lunghi anni nelle mani dei suoi aguzzini ma poi è stata salvata dai volontari che sono riusciti a contattare i suoi genitori:  "Sono corsa in ospedale dove l'avevano ricoverata - ha raccontato la madre Mary -, la gioia quando l'ho vista è stata incontenibile, pensavo di averla persa per sempre".  Per Hope è la fine di un incubo: "Pensavo che mia madre fosse morta e mi consideravo morta anche io.  Era certa che non sarei mai sopravvissuta. Mente ero nelle mani dell'LRA (Lord's Resistance Army) pensavo solo alla morte, con la mia famiglia invece tutto questo è passato e sono di nuovo felice". Le cose, però, non sono così facili. Con il tempo la mamma si accorge che Hope è cambiata, in alcuni momenti appare lontana, ha improvvisi scoppi d'ira, cambi d'umore repentini. Le cicatrici interiori della sua disavventura non si rimargineranno tanto presto.  E solo con l'aiuto degli specialisti la ragazzina riuscirà a riabituarsi alla vita del suo villaggio.

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