Dall'1 gennaio al 31 dicembre 2012 hanno perso la vita 622 lavoratori. I dati, forniti dall?Osservatorio indipendente Morti sul Lavoro, descrivono una realtà scioccante. Un vero e proprio bollettino di guerra, le cui vittime salgono a 1180 unità se si considerato i morti "in itinere" ovvero coloro che sono deceduti a seguito di incidenti verificatisi mentre si recavano a lavoro.

Nella classifica delle regioni italiane dove si muore di più vi è la Lombardia, con 80 decessi nel 2012. A seguire l'Emilia Romagna conta 64 morti, poi è la volta della Sicilia con 44 lavoratori, subito dopo il Piemonte e la Campania rispettivamente con 43 e 42 decessi. E poi ancora Veneto (41), Toscana (38 morti), Lazio e Puglia (28), Abruzzo (27), Calabria (24), Trentino Alto Adige (21), Liguria (20), Sardegna (15), Friuli Venezia Giulia (14), Marche e Umbria (13), Basilicata (7), Molise (4), Valle D'Aosta (2).

Un'escalation di morte in merito al quale l'Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro puntualizza: "Si registra una diminuzione dei decessi sui luoghi di lavoro del 4%, percentuale irrisoria se si pensa a quante persone, rispetto allo scorso anno, sono in mobilità e in cassa integrazione".
Di fatto, l'Italia rimane il primo paese in Europa per numero di morti sul lavoro, un riscontro che alimenta il dibattito sulle misure di prevenzione. "È intollerabile - si legge ancora in una nota stampa dell'Osservatorio bolognese - che un paese come il nostro che ha 60 milioni di abitanti conti il triplo dei morti sui luoghi di lavoro della Germania che ha venti milioni di abitanti in più ed è una nazione più industrializzata della nostra".Il 33% dei decessi sul totale si verifica nel comparto agricolo, nel 2012 ben 109 agricoltori italiani sono rimasti schiacciati dal proprio trattore. Il 29% dei deceduti al lavoro erano impiegati nell'edilizia, l'11,4% nell'industria, soprattutto di piccole dimensioni. E ancora: settore autotrasporti 6,1%, servizi 5,8%.

Il 10% dei morti sui luoghi di lavoro sono stranieri, e di questi oltre il 30% romeni. Il 21,1% delle vittime ha un età compresa tra i 40 ed i 49 anni, il 13,8% - è questo un dato assai significativo - ha oltre 70 anni.L'innalzamento dell'età pensionabile e la diminuzione dei redditi ha infatti determinato un notevole aumento dell'età dei lavoratori.
A dovere faticare ogni giorno quindi, migliaia di persone che magari non godono più delle condizioni di salute e della prontezza di riflessi che consentirebbe loro di percepire ed evitare i rischi dell'ambiente circostante.Si muore soprattutto nelle micro-aziende, "dove - scrive ancora l'Osservatorio Morti sul Lavoro - il sindacato e la prevenzione non esistono". Eppure, ormai per legge, sui luoghi di lavoro vengono organizzati corsi finalizzati alla prevenzione del fenomeno. "Non servono a niente - tuona ancora l'Osservatorio - se non a far riempire le tasche di chi li organizza. Agli agricoltori che muoiono schiacciati dal trattore, cosa viene offerto in termini di conoscenze e aiuti per migliorare i mezzi e favorire la propria incolumità?"

A quanto detto, va ad aggiungersi lo stato fatiscente di molti capannoni industriali italiani costruiti prima delle normative antisismiche del 2006. Basti ricordare che lo scorso maggio, durante le scosse di terremoto che interessarono l'Emilia Romagna per diversi giorni, quattro operai persero la vita sotto le macerie delle fabbriche nelle quali lavoravano.

L'Osservatorio Morti sul Lavoro parla ancora di "grave situazione finita nel dimenticatoio" da parte dello Stato. Insufficienti le misure di prevenzione, irrisoria l'entità dei fondi destinati all'ammodernamento e messa in sicurezza delle fabbriche.Morire mentre si lavora, guadagnandosi onestamente - spesso in nero - uno stipendio che serve a sfamare una famiglia.Accade ancora oggi. Non ci resta che augurarci che la prossima classe politica si mostri realmente intenzionata ad approntare adeguate soluzioni per una emergenza sociale a tutti gli effetti. Con la vita non si scherza, anche se in fondo, per indolenza o per comodo, qualcuno lo dimentica.

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