L'imminente caduta del governo ha accelerato l'approvazione di norme che, per ragioni diverse, sono ritenute di particolare rilevanza da parte del legislatore. Tra i provvedimenti oggetto di intervento spunta, a sorpresa, anche la legge sull'impresa sociale, in particolare il decreto n. 155/2006. Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà, gentilmente ci segnala l'emendamento n. 3.200 alla legge di stabilità che prevede importanti modifiche dell'articolato in materia di impresa sociale. In particolare il testo introduce per le sole organizzazioni di impresa sociale che non sono in possesso della qualifica di Onlus la possibilità di distribuire utili e avanzi di gestione; inoltre, sempre a queste stesse organizzazioni, viene riconosciuta la possibilità di distribuire una quota non superiore al 50% dell'utile netto a favore di enti pubblici e imprese for profit soci dell'impresa sociale.
Una modifica "dell'ultima ora" che introduce un ulteriore elemento di discriminazione all'interno dell'ecosistema dell'imprenditoria sociale italiana. Come segnalava il manifesto di Iris Network, infatti, uno dei problemi dell'attuale normativa consiste effettivamente nel divieto assoluto di distribuire utili e quindi nell'impossibilità di remunerare il capitale investito nelle imprese sociali. Ma la soluzione prospettata da questo emendamento va a vantaggio di imprese sociali in forma di società di capitali (Srl, SpA), discriminando, ancora una volta, le società di persone e, in specifico, le organizzazioni non profit costituite su base collettiva come le cooperative sociali.
Nel caso in cui l'emedamento fosse approvato, nei settori della 155/2006 (istruzione, assistenza, formazione, ambiente, ecc) si genererebbe un incentivo a costituire imprese sociali in forma srl o spa al fine poi di redistribuire parte dei utili a imprese for profit o alla Pubblica Amministrazione. La proposta contiene un vero e proprio cambio di paradigma che rischia di escludere le imprese mutualistiche e non profit dalla gestione dei servizi alla persona e alla comunità nel prossimo futuro. Ciò che oggi viene internalizzato come bene comune in termini di valore economico e sociale all'interno di imprese non lucrative (o, almeno low profit), oggi potrebbe essere redistribuito secondo un criterio di puro mercato.
Un emendamento da modificare quindi. O forse neanche da presentare in una fase politica così convulsa. Modifiche normative di tale rilievo si meritano un dibattito più approfondito ed allargato.
Paolo Venturi, Flaviano Zandonai