Professor Meadows, quale dovrebbe essere la via da seguire?
Non esiste una sola strada possibile. Dipende da cosa si cerca: la velocità, la sicurezza, la comodità? Oggi va di moda parlare di "sviluppo sostenibile", ma a cosa ci si riferisce in concreto? Lo sviluppo sostenibile non è un obiettivo, è piuttosto il modo per raggiungere un certo risultato. Non esiste una ricetta uguale per tutti; sta a ciascun Paese cercare la propria via, adatta a quel contesto. E' un'affermazione che non riscuote successi nel mondo politico: lì c'è bisogno di certezze.
E la fine delle risorse è una certezza?
Noi abbiamo elaborato un modello, non prevediamo il futuro. O ci credi o non ci credi. Ma se le cose andranno come secondo i risultati della nostra simulazione, le conseguenze saranno catastrofiche. E' un pò come giocare alla roulette russa: su cinque possibilità, una è mortale. L'esaurimento del petrolio, acqua, cibo, assieme al cambiamento climatico, porteranno a un tale stravolgimento che non so dire cosa accadrà. In teoria, la fine delle risorse potrebbe servire a ripensare la nostra società. Ma in pratica, i ricchi e potenti stanno facendo il possibile per garantirsi i mezzi necessari a continuare secondo uno stile di vita insostenibile. E a pagarne le conseguenze sono i poveri.
Durante la conferenza lei ha affermato che la questione non è economica né tecnologica, ma culturale e psicologica?
Sì, cambiare stile di vita, produrre e consumare in modo responsabile significa rivedere abitudini, comportamenti individuali, valori e punti di riferimento. Non ho una ricetta nemmeno per questo. Credo che il problema stia soprattutto nella difficoltà di stabilire un nesso diretto tra un'azione e la sua conseguenza. Mi spiego: è difficile collegare l'utilizzo esagerato delle risorse al cambiamento climatico. Tuttavia - parlo del mio Paese, gli Stati Uniti - dagli anni Settanta a oggi la coscienza ambientalista è aumentata, soprattutto nelle giovani generazioni.
Quindi lei punta sull'educazione delle giovani generazioni?
Non solo, anche noi siamo educatori: nel momento in cui diffondiamo informazioni, facciamo il possibile per cambiare il modo di pensare delle persone. A me sembra che oggi si faccia come se si fosse convinti che prima di arrivare al collasso, succederà qualcosa che ci salverà. Come se fossimo sicuri di guidare un'auto che si fermerà da sola prima di un incidente. E' importante dire che non è così.
Cosa pensa del Protocollo di Kyoto?
Di certo non è abbastanza. Ma almeno è un passo avanti, il segnale di un impegno a combattere il cambiamento climatico. Sono stato contento quando la Russia l'ha ratificato, anche se so che è dipeso da una coscienza ambientalista. Mi vergogno molto che il mio Paese non l'abbia fatto, e anzi, che il Presidente Bush lo consideri quasi un nemico da combattere.
Dopo Katrina, però Bush ha affermato che gli Stati Uniti aderiranno al Protocollo.
I politici si fermano solo alla contingenza: in quel momento serviva rassicurare gli elettori americani. La difficoltà sta proprio nella mancanza di una visione a lungo termine. E' più facile prendere decisioni che nel breve periodo sembrano portare a un calo della ricchezza, ma cambiando orizzonte si rivelano soluzioni sostenibili.
Un politico come Schwarzenegger, però, si sta impegnando per contrastare il cambiamento climatico: che ne pensa?
Beh, apprezzo lo sforzo ma non penso lo faccia per convinzione personale. Si dice che i politici siano "leader", io invece credo siano "follower", seguano cioè le tendenze della società. Il pregio di Schwarzenegger è che sa essere flessibile, adattarsi. Il contrario di Bush. L'atteggiamento di Schwarzenegger rispecchia una preoccupazione degli elettori, ma è necessaria una trasformazione radicale, dal basso, che influisca sui consumi e le abitudini quotidiane di ciascuno. La svolta dev'essere, come ho già detto, culturale.