Il caso Near: dietro c'è soprattutto una "impresa condivisa".

Che cos'è, in concreto, il social business? ETicaNews ne ha parlato con continuità in questi ultimi mesi, tracciando contorni teorici e normativi (quando possibile), o portando ricerche, analisi, osservatori su ciò che accade o potrebbe potenzialmente accadere. A pochi passi dalla conclusione dell'anno, è interessante osservare come stia accelerando la voglia di "provarci", come le realtà crescano rapidamente (Uman Foundation) e si muovano (la presentazione di Opes Fund in Bocconi giovedì 13 dicembre), e come il tema stia guadagnandosi spazio a livello di Commissione europea. È prevedibile che quello del social business sarà uno dei temi cruciali del prossimo anno, ed ETicaNews sta lavorando per portare il proprio contributo.

Intanto, vale la pena proporre un caso concreto. Si tratta di un'impresa che opera nel commercio della moda. Si chiama Near, viene dal territorio della Brianza, area per antonomasia dedicata al lavoro e all'accumulo di denaro. In molti, probabilmente, già la conoscono, visto il risalto mediatico che l'iniziativa ha ricevuto negli ultimi sei mesi. Eppure, merita un approfondimento. In primo luogo, anche solo per dedicare (o ri-dedicare) cinque minuti e leggere (o ri-leggere) la lettera del fondatore Bill Niada.

Inoltre, perché, pur avendo collezionato una lunga lista di ritagli stampa anche sui maggiori media nazionali, l'impressione è che non sia stato del tutto compreso il disegno di social business che ruota attorno al progetto imprenditoriale. Near, infatti, è stata descritta, alternativamente, evidenziando aspetti diversi:

1) La mission di destinare una quota del business (almeno il 5% dei ricavi) a finalità sociali. L'azienda propone una forma alternativa di vendita, attraverso negozi temporanei (temporary shop) allestiti presso altre realtà imprenditoriali, nei quali vengono proposti prodotti di moda firmati. L'iniziativa ha consentito un giro d'affari di oltre tre milioni nel 2012.

2) La formula della vendita fortemente scontata (fino al 40%), il che rende gli shop piuttosto degli outlet, e rende i prodotti più accessibili. E ha posto Near tra gli indirizzi di riferimento per chi cerca il lusso scontato online.

3) La governance dell'iniziativa, che prevede per statuto che il 50% degli utili annuali della Near Holding (sotto la quale stanno le società operative) vadano alla fondazione Near.

4) Ovviamente, la figura di questo imprenditore cinquantenne, Niada, con una vita di lavoro e successo alle spalle, che ha «però avuto altre esperienze - racconta - che hanno inciso e modificato profondamente la mia vita personale e la mia visione professionale». Al punto da decidere di cambiare strada. Ma senza lasciare quello che meglio sapeva fare: l'imprenditore.

Ebbene, è da quest'ultimo aspetto - imprenditore - che occorre approfondire. Ciò che rende Near un esempio concreto di social business, infatti, non sono né i valori del fondatore, né gli sconti praticati sui beni di lusso, né la destinazione in charity di parte delle risorse. Ciò che rende Near un benchmark, è questo suo essere impresa e, per di più, con due ulteriore accezioni chiave: a) Near è un' "impresa innovativa" nel senso più schumpeteriano del termine, avendo creato un modello di business che non esisteva e che la rende competitiva; b) soprattutto, questo aspetto innovativo-competitivo è basato proprio sul rendere compartecipi della sua missione sociale tutti coloro che prendono parte al progetto.

Insomma, è il business stesso che diventa sociale. Come? Perché i temporary outlet sono ospitati a costo zero nelle aziende, le quali pagano il costo dello spazio e del tempo concesso, ma ottengono la fidelizzazione dei dipendenti nonché la diffusione della sensibilità a un modello diverso di fare impresa. Da parte loro, i grandi marchi della moda coinvolti nel gioco sopportano un taglio dei prezzi di listino, in quanto incardinato in una nuova formula di valorizzazione della marca. I dipendenti-acquirenti, per contro, non solo comprano a sconto, bensì si sentono partecipi di un'operazione più ampia. Diversa. Che coinvolge.

L'equazione, dunque, riesce a integrare la «vita diversa» del fondatore con la vendita retail di prodotti di lusso; riesce a fare del «denaro come strumento utile e positivo» un valore aggiunto di immagine.

Ma, principalmente, perché la vendita di una maglia firmata associata a una charity possa diventare qualcosa di social, Near riesce a raggiungere un concetto chiave: condivisione.

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