The Irish Times
Dublino
La seconda parte del Faust di Goethe è una metafora dei rischi dello stampare moneta e dei prestiti, e spiega perché molti tedeschi vedono la nuova politica della Bce come un altro "patto scellerato".
Derek Scally
Per chiunque faccia fatica a comprendere l'atteggiamento dei tedeschi nei confronti dei soldi e del debito nella crisi della zona euro, tutte le strade portano a Francoforte. La capitale finanziaria tedesca non è sede soltanto di due banche centrali, la Bundesbank e la Banca centrale europea, ma anche di un edificio barocco giallo che sorge all'ombra del grattacielo della Bce. È la casa in cui nel 1749 nacque il genio della letteratura tedesca, Johann Wolfgang Goethe. La Goethe Haus, oggi museo, è sede di un'esposizione intitolata "Goethe e il denaro" (Goethe und das Geld), che analizza come gli atteggiamenti sociali nei confronti del denaro ispirarono la scrittura di Goethe e come a sua volta le sue opere modellarono gli atteggiamenti dei tedeschi verso i soldi.
Goethe era nato in una famiglia facoltosa, arricchitasi con redditizi investimenti e qualche matrimonio di convenienza. Sebbene fosse intimo di parecchie famiglie di banchieri - arrivò quasi a sposarne una giovane esponente - le perdite subite dagli istituti durante le guerre napoleoniche instillarono nello scrittore una diffidenza nei confronti delle banche che lo accompagnò fino alla morte.
I documenti sulla famiglia dello scrittore dimostrano che egli fu ben lontano dallo stereotipo della frugalità tedesca e che spendeva in vini fino al 15 per cento dei suoi redditi annuali. La madre e i suoi stessi dipendenti dovevano costantemente intervenire per salvarlo dalla rovina economica. Come fanno notare i curatori della mostra, Goethe difendeva le sue abitudini di spendaccione definendole "essenziali per lo sviluppo della propria personalità". Quando poi nel 1782 fu nominato ministro delle finanze del ducato di Sassonia-Weimar, nell'odierna Turingia, acquisì costumi più morigerati.
Quell'esperienza influì sul suo pensiero e contribuì alla creazione del suo capolavoro letterario, il "Faust", lettura obbligatoria in tutte le scuole tedesche, incentrato sul famoso "patto faustiano" tra l'omonimo erudito e il diavolo. Mefistofele promette di eseguire ogni ordine di Faust sulla terra, ma se Faust desidererà che un particolare momento della sua vita duri per sempre, il diavolo si impossesserà della sua anima.
La seconda parte del "Faust", pubblicata postuma, si apre nella corte in bancarotta di un imperatore edonista. Il tesoriere reale riferisce che "le casse dello stato sono ancora vuote", come anche le cantine del sovrano, per colpa delle frequenti feste. Mefistofele propone allora di trasformare la semplice carta in banconote. L'imperatore, oppresso dai debiti, è interessato: "Sono stanco e stufo di come e se /, siamo a corto di soldi, quindi falli te". Le banconote firmate dall'imperatore innescano un boom nei consumi, e "mezzo mondo pare ossessionato dall'idea di mangiare bene /, mentre l'altra metà ostenta vestiti nuovi". Soltanto dopo che Mefistofele e il suo socio Faust si dileguano ci si accorge che il valore delle banconote non ha un corrispettivo reale concreto - le riserve auree, per esempio - ma solo la promessa dell'oro che deve ancora essere estratto.
Ai lettori contemporanei di Goethe non sfuggirono i paragoni tra la storia di Faust e il capitale necessario a sostenere la rivoluzione industriale. I suoi avvertimenti sono ancora una volta di grande importanza per i tanti personaggi pubblici tedeschi che si sono impadroniti della storia del "Faust" per esprimere le loro preoccupazioni sulla crisi della zona euro.
Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann ha assunto il ruolo del cancelliere dell'imperatore del "Faust", che mette in guardia dallo stampare altra carta moneta. "Se una banca centrale in teoria può creare banconote illimitate dal niente, come può garantire che il loro numero resti abbastanza basso da mantenere il loro valore?", ha chiesto a settembre in un'udienza a Francoforte. "La tentazione sicuramente esiste, e molti nella storia vi hanno ceduto". Weidmann mette in guardia dal programma di acquisto illimitato di bond da parte della Bce per stabilizzare l'euro, a suo dire un potenziale patto faustiano che offre ai politici un'alternativa finanziaria più appetibile rispetto alla dolorosa riforma dell'economia.
La Bce sostiene che le cose non stanno così, e le opinioni divergenti hanno riacceso in Germania un'ambivalenza culturale nei confronti del denaro e dei debiti. Questo, dopo tutto, è pur sempre il paese in cui la parola schuld significa sia debito monetario che colpa morale. Gli interventi della Bce sul mercato dei bond sono stati stigmatizzati da quegli stessi economisti bacchettoni che attaccano i paesi indebitati della zona euro definendoli Schuldensünder, ovvero "peccatori del debito". Ed ecco dimostrato il rapporto tra l'atteggiamento che prevale oggi e quello di Faust, descritto dal teorico tedesco della letteratura Werner Hamacher come una critica dell'"estetica del credito e dell'economia della persuasione".
Ottmar Issing, ex membro del consiglio di amministrazione della Bce, lascia intendere che i tedeschi non dubitino del denaro in sé, ma siano pessimisti sull'uso più o meno saggio che se ne sta facendo. In un saggio scritto per il catalogo della mostra "Goethe e il denaro" che si intitola "Inflazione, opera del diavolo?", Issing afferma che la "scelta tra la maledizione e la benedizione" offerta dalla carta moneta "sta tutta nelle mani degli esseri umani". L'ex presidente della Bce Jean-Claude Trichet concorda. In un altro saggio elogia la riflessione di Goethe sulla duplice natura della carta moneta, che "genera il meglio e il peggio nella sfera economica".
Secondo il professor Hans Christoph Binswanger, autore dello studio sul Faust "Il denaro e la magia", Goethe considerava le banconote "la continuazione dell'alchimia con altri mezzi". Per trasformare la carta moneta in vera ricchezza, sostiene il professor Binswanger, Goethe teme che ogni cosa "sarebbe trascinata nel processo soffocante della produzione mondiale". E aggiunge: "L'apparente alchimia magica moderna comporta un prezzo scellerato: trasforma il mondo intero nel nulla".
Il timore di Goethe è riaffiorato nell'opinione ampiamente condivisa in Germania che la crisi della zona euro sia il devastante esito dei prestiti incontrollati di società che si rifiutano di accettare i limiti naturali delle proprie finanze. Il collasso economico è dunque il filo conduttore che attraversa i traumi nazionali della Germania e le sue drammatiche situazioni nazionali.
Faust e Mefistofele sono in agguato, pronti a cogliere il momento propizio della crisi della zona euro, esagerano le richieste di Berlino di una disciplina fiscale paneuropea, aizzano il dibattito in corso in Germania sui limiti della crescita economica. "Goethe vide che i soldi, se usati opportunamente, implicano opportunità favorevoli, come l'ascesa della sua stessa famiglia", dice Vera Herholzer, curatrice della mostra "Goethe e il denaro". "Al tempo stesso, come molti del suo stesso ceto, Goethe paventava le conseguenze degli eccessi, del desiderare sempre di più. È un'opinione tipicamente tedesca, viva ancora oggi, vedere i limiti e cercare di avere il controllo delle cose all'interno di quei limiti".
Il dibattito sull'autocontrollo valutario ha importanza anche fuori dalla Germania di Goethe, in particolare tra i paesi in crisi, impazienti di liberarsi dal giogo della troika e di "ritornare ai mercati". È interessante notare che alcune delle ultime aste del debito sovrano irlandese sono state presiedute dal deceduto Brian Lenihan presso il massiccio albergo Franfurter Hof, situato a mezza strada tra il grattacielo della Bce e la Goethe Haus.
Dopo aver riconquistato la sovranità economica, dipenderà dall'Irlanda decidere che strada prendere: se in direzione della Goethe Haus, facendo attenzione ai limiti dei propri mezzi finanziari, o verso l'albergo a cinque stelle Frankfurter Hof e offrire lauti banchetti a banche pronte a prestare più soldi del diavolo.
Traduzione di Anna Bissanti