"La donna è quella che porta avanti la famiglia, il lavoro, la cura dei rapporti affettivi". Intervista a Jomahe Alexandra Solìs Barzola, ecuatoriana di nascita. La dirigente è a capo della cooperativa sociale Casba nata a Napoli nel 2000 per iniziativa di un gruppo di giovani immigrati, e aderente al gruppo Gesco dal 2001. Sempre più donne ai vertici delle imprese sociali. Il terzo settore si conferma come un potente veicolo di integrazione. Lo dimostrano gli ultimi dati Unioncamere.
"La donna è quella che porta avanti la famiglia, il lavoro, la cura dei rapporti affettivi"
Sempre più donne ai vertici delle imprese sociali. Il terzo settore si conferma come un potente veicolo di integrazione. Lo dimostrano gli ultimi dati Unioncamere, che rivelano un aumento di giovani, donne e immigrati impiegati nel sociale, in controtendenza rispetto ad altri settori. Commentiamo questi dati con Jomahe Alexandra Solìs Barzola, il cui percorso conferma perfettamente questo trend. Ecuatoriana di nascita, Jomahe è a capo della cooperativa sociale Casba nata a Napoli nel 2000 per iniziativa di un gruppo di giovani immigrati, e aderente al gruppo Gesco dal 2001.
Come va per le donne, in particolare, al Sud?
Dalla mia visione di donna del Sud, a prescindere dal continente da cui provengo, è tendenza generale che la donna sia chi porta le rendine nella gestione della famiglia, nell'educazione dei figli, delle cura e mantenimento delle reti sociali e affettive; e anche nell'ambiente di lavoro in molti casi, soprattutto in quelli legati alla presa in carico delle persone sia a livello educativo, sociale, culturale, sanitario ecc.
Hai incontrato degli ostacoli per arrivare dove sei oggi, a capo di un'impresa sociale?
Gli ostacoli sono quelli soliti, luoghi comuni e pregiudizi maschilisti e machisti a cui, noi donne del Sud, soprattutto, siamo abituate e conosciamo bene.
Qual è stato il tuo percorso?
Come presidente e rappresentante legale della mia organizzazione - perché la parola "capo" non la considero idonea almeno nel mio ambiente di lavoro - in cui siamo tutti colleghi e messi alla pari, il mio percorso è stato condizionato da un doloroso e spiacevole evento, la scomparsa di uno dei nostri più cari e carismatici soci, nonché primo presidente della nostra cooperativa e la sua richiesta, insieme a quella di altri soci, pochi giorni prima di lasciarci, di darle una mano a portare avanti il lavoro della nostra piccola organizzazione. Dopodiché è stato il volere unanime dei miei colleghi a permettermi di andare avanti con la gestione della cooperativa fino ad oggi.
Come riesci a conciliare il tuo ruolo di donna impegnata alla guida di una cooperativa con la tua vita privata?
Facendo le corse e i salti mortali, a cui ahimè, noi donne di oggi siamo più che abituate, e quando ci manca, il rallentare diventa così strano e fuori dal normale!
Credi che ci siano ancora difficoltà per le donne che ambiscono a fare carriera senza rinunciare ad avere dei figli?
Le difficoltà sicuramente ci sono, ma credo anche nella nostra capacità naturale di affrontarle positivamente, di inventarsi, cercare e trovare le soluzioni più adeguate e qualche volta anche più disparate per non venire a meno nella gestione e cura dei figli.
Nella tua esperienza, quali sono i problemi più sentiti dalla donne, in particolare, quelle straniere, e quali le priorità che dovrebbe avere uno Stato che voglia affrontarli seriamente?
La nostra è una cooperativa formata per la maggior parte dai soci immigrati, i problemi sono legati il più delle volte a questa condizione. I più sentiti dalla donne sono i problemi legati alla famiglia, soprattutto i figli piccoli e la gestione del tempo. Le priorità che dovrebbe avere lo Stato sono quelle dette mille volte: attenzione alla condizione dell'essere donna, vicinanza soprattutto nel periodo della maternità, più elasticità sul lavoro quando si hanno figli neonati o malati, genitori o parenti anziani di cui la donna si deve fare carico; contrasto della violenza, non solo fisica, ma anche psicologica, molto in voga attualmente, esercitata oggi giorno non solo tra le mura domestiche ma anche spesso sugli ambienti di lavoro.
Credi nel valore della solidarietà femminile?
Assolutamente sì, anche se la "guerra" fra noi donne molte volte si verifica, però a differenza dei maschi, facciamo presto a dimenticare, perdonare, dare altre possibilità a noi stesse e agli altri, e andare avanti.
Maria Nocerino