Fine del governo Monti, almeno subito l'approvazione della legge di Stabilità (manovra finanziaria, ndr). L'annuncio di sabato ha aperto, di fatto, la campagna elettorale e le grandi manovre che porteranno il Paese alle elezioni di febbraio. Quale eredità lasciano i professori dopo un anno di esecutivo? Sul welfare, innanzitutto, restano solo dubbi e risposte mancate.
Fondo sociale e Iva a coop sociali
Manifestazioni di piazza, scioperi della fame e proteste clamorose. L'autunno ha visto il mondo del terzo settore alzare la voce e richiamare Parlamento e governo di fronte ai tagli del welfare. Nonostante le rassicurazioni, tutti i nodi restano aperti. Sul finanziamento del Fondo sociale con 200 milioni e il suo raddoppio per la Non autosufficienza, restano tanti dubbi. Non si sa ancora come e se le risorse saranno girate alle regioni per finanziare le politiche socio-sanitarie. E sull'aumento dell'Iva alle coop sociali resta l'allarme dell'Alleanza delle cooperative sociale: "Rinviare l'aumento al 2014 crea incertezza e determina una vera e propria Caporetto del welfare: a rischio servizi e occupazione".
Paola Menetti, presidente Legacoopsociali, ha così commentato su Radio Articolo 1, durante la trasmissione Ellesse: "Siamo molto preoccupati perché dopo il risultato ottenuto alla Camera dove abbiamo avuto un riscontro positivo di fronte alle critiche del Ddl Stabilità. Stavamo lavorando perché tutte le correzioni si potessero percorre al Senato e togliere la scadenza del 2014 per l'Iva. Abbiamo incontrato i relatori della Commissione Bilancio proprio nel giorno in cui il Pdl non ha votato. Si tratta di capire se l'esigenza di approvare con rapidità la legge di Stabilità porterà a macinare questi provvedimenti". E sulla Non autosufficienza Menetti aggiunge: "Speriamo che ci sia uno sforzo di realismo per cui le forze politiche capiscano: tagliare i servizi e lasciare sole le famiglie non c'è crescita. Quando si verifica questo si avvita la Crisi su stessa: speriamo che queste considerazioni trovino appoggio al Senato".
Italia sempre più povera
All'indomani delle annunciate dimissioni, ecco il quadro che disegna l'Istat con i dati sulla povertà: "nel 2011 "il 28,4% delle persone residenti in Italia e' a rischio di povertà o esclusione sociale, secondo la definizione adottata nell'ambito della strategia Europa 2020".
L'indicatore, spiega l'Istituto di statistica, "deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2010), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro ed e' definito come la quota di popolazione che sperimenta almeno una delle suddette condizioni. Rispetto al 2010 l'indicatore cresce di 2,6 punti percentuali a causa dall'aumento della quota di persone a rischio di poverta' (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all'11,1%). Dopo l'aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) e' la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro". Il rischio di povertà o esclusione sociale "e' piu' elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell'8,8%) e del rischio di poverta' (19,6% contro 16,9%)".
Il rischio di povertà, calcolato sulla base del reddito 2010, mostra aumenti più marcati tra gli individui residenti nelle regioni del Mezzogiorno, in famiglie monoreddito, dove la fonte principale di reddito è da lavoro, sia dipendente sia autonomo, tra le coppie con figli, con almeno un minore, i monogenitori e le famiglie di altra tipologia, con membri aggregati. Il 19,4% delle persone residenti nel Mezzogiorno è gravemente deprivato, valore più che doppio rispetto al Centro (7,5%) e triplo rispetto al Nord (6,4%). Nel Sud l'8,5% delle persone senza alcun sintomo di deprivazione nel 2010 diventa gravemente deprivato nel 2011, contro appena l'1,7% nel Nord e il 3% nel Centro.
Giuseppe Manzo