Nazioni dis-unite.

L'Italia non ha mai ratificato la convenzione Onu "sui diritti dei lavoratori e lavoratrici migranti e delle loro famiglie". L'Europa nemmeno. Cosa accadrebbe se si decidessero a farlo? Ce ne parla Piero Soldini, responsabile immigrazione per la Cgil.

Il 18 dicembre, giornata internazionale dei migranti, è anche il giorno in cui, 22 anni fa, l'Onu varava la Convenzione "sui diritti dei lavoratori e lavoratrici migranti e delle loro famiglie", una convenzione entrata a pieno titolo nel diritto internazionale nel 2003, dopo essere stata ratificata da 20 paesi membri. Negli anni le ratifiche sono aumentate, attestandosi alle attuali 46. Non per merito dell'Italia e neanche dall'Unione Europea, che pure, dopo il Trattato di Lisbona, possiede la veste giuridica per ratificare trattati internazionali (e per altro lo ha già fatto, avendo ratificato la Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità il 30 marzo 2007).

Perché non si fa altrettanto con i diritti dei migranti? Sarebbe quanto mai opportuno. In questo ambito si registra una situazione paradossale: tutti invocano un ruolo più incisivo da parte dell'Europa ma, allo stesso tempo, la materia rimane ben salda nelle mani dei singoli stati membri. Da qui una disomogeneità normativa e la sostanziale assenza di una organica politica europea di governo dell'immigrazione. La Convenzione Onu rappresenterebbe una cornice valida per tutto il contesto Europeo composto da paesi di immigrazione, di emigrazione e di transito e da paesi, come l'Italia, interessati contemporaneamente dalle tre dimensioni.

Qual è la ragione principale per cui tutti i paesi europei in 22 anni dal varo non hanno ratificato la Convenzione?
Probabilmente perché  la Convenzione riconosce un pacchetto di diritti minimi anche ai migranti irregolari, appellandosi ai diritti umani inalienabili riconosciuti a ogni singola persona vivente e abitante il nostro pianeta, a prescindere dal loro status giuridico. È un passaggio ovvio ma che si scontra evidentemente con le strategie dei governi a proposito di mobilità e migrazione.

Ratificare questa Convenzione significherebbe cambiare totalmente approccio nei confronti dell'immigrazione e abbandonare politiche e norme sicuritarie, proibizioniste e di difesa delle frontiere. Un approccio sostanzialmente fallimentare, che ha prodotto discriminazioni, disuguaglianze ed ha alimentato razzismo, xenofobia ed enormi contraddizioni dentro la società.
I dati sulle migrazioni  forniti dall'Onu ci dicono che ci sono nel mondo circa 220 milioni di migranti, pari al  3 per cento della popolazione mondiale: se fossero dentro i confini di un'unica nazione, essa sarebbe la quinta in una graduatoria mondiale per numero di abitanti.

In realtà, i migranti  sono sparsi per il mondo e sempre l'Onu ci dice che per un terzo si tratta di persone che si muovono all'interno dei cosiddetti paesi poveri, per un altro terzo si tratta di migrazioni verso l'Occidente e per l'ultimo terzo si tratta di migrazioni dai paesi ricchi (ma ha ancora senso usare questa specificazione?) verso il resto del mondo: quali sarebbero quindi le frontiere da difendere? La migrazione è un fenomeno globale che riguarda tutti e quindi va governata con politiche e norme internazionali. Non si tratta di scegliere fra accoglienza o respingimento, né si tratta di un conflitto fra paesi di migrazione e paesi d'immigrazione. Si tratta bensì di un grande tema che riguarda l'economia, il mercato del lavoro e l'intercultura e l'interetnicità delle società moderne.

Quest'anno in particolare, il sindacato, nella giornata del 18 dicembre, terrà un'iniziativa per il sostegno e la ratifica anche di un'altra convenzione dell'Oil (Organizzazione Internazionale del Lavoro), la n. 189 "sui diritti dei lavoratori e lavoratrici domestici" che è stata varata dall'Assemblea dell'Oil il 16 giugno 2011. Si tratta anche qui di garantire una base minima di diritti sociali e lavorativi per i lavoratori di un settore che raccoglie nel mondo quasi 100 milioni di persone, per la stragrande maggioranza migranti donne, che lavorano in casa di qualcun altro, un settore particolarmente informale e privo di tutele.

Le norme di civiltà contenute in questa Convenzione, stentano a trovare uno spazio nelle agende politiche dell'Europa e dei vari governi ed invece, se applicate, non solo garantirebbero un lavoro più dignitoso ai migranti, ma darebbero un contributo per far ripartire le economie dei nostri paesi in crisi.

Per questa ragione considero importante che la coalizione di sindacati ed associazioni che ha dato vita alla Campagna L'Italia sono anch'io si stia preparando a promuovere una rete europea per la ratifica della Convenzione dell'Onu sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. A questo scopo, se sarà possibile, non si esclude l'utilizzo dell'Ice (Iniziativa dei Cittadini Europei) con la raccolta di firme in tutti i paesi europei. L'Italia sono anch'io e l'Europa anche.

Piero Soldini

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