La strage di Aigues Mortes.
Nove operai linciati e un centinaio di feriti: è il bilancio tragico di una strage razzista che ha gli italiani nel ruolo di vittime. Era il 1893. Lo storico Enzo Barnabà la ricostruisce nel saggio Morte agli italiani!
La storia si ripete? A volte sì, e questo sicuramente avviene per i fenomeni di razzismo. Al di là dei modi diversi in cui si manifesta a seconda dei tempi e dei luoghi, il razzismo mostra, infatti, alcune costanti, cioè alcuni fenomeni che avvengono sempre e comunque. Ad esempio, la sopravvalutazione di se stessi e la speculare sottovalutazione degli altri, la demonizzazione del diverso da sé, l'idea che chi viene da fuori arrivi per far del male agli autoctoni, una situazione di difficoltà e di ristrettezza economica che può generare una "guerra tra poveri" per ottenere risorse percepite come scarse, l'azione manipolatrice di intellettuali e di politici, e altro ancora.
Lo storico e scrittore Enzo Barnabà ha fornito, su questo argomento, un contributo che ha una validità permanente. Si tratta di un libro su un episodio grave ed emblematico di linciaggio xenofobo e razzista nei confronti di italiani immigrati, avvenuto ad Aigues Mortes, nel sud della Francia, il 17 agosto 1893. È un volume che vale la pena di segnalare o ricordare anche se non è fresco di stampa: si intitola Morte agli italiani!, Edizioni Infinito, 2008.
Morte agli italiani? Quali? Si trattava di emigranti stagionali, venuti dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Toscana, per lavorare come braccianti nelle saline di quella località francese. Il lavoro era duro, e tanti abitanti del luogo non volevano più farlo. Quegli immigrati colmavano dunque un vuoto: l'analogia con alcune situazioni odierne è lampante. Gli stagionali italiani, reclutati secondo forme di caporalato, accettavano il cottimo (cioè essere ricompensati in base al risultato prodotto, anziché in base alle ore di lavoro), in condizioni che gli altri operai francesi rifiutavano, e che erano cominciate a essere stigmatizzate e combattute dai sindacati dell'epoca.
Barnabà ricostruisce, da storico, il complesso contesto sociale e politico della fine dell'Ottocento, inserendo importanti informazioni sulle migrazioni italiane in Francia, sui rapporti problematici tra Italia e il Paese transalpino, sugli stereotipi anti-italiani (considerati criminali, gente di dubbia moralità, fannulloni e goderecci, che venivano a rubare il lavoro ai francesi?), sugli orientamenti dei movimenti sindacali dell'epoca, sulle regole alla base dei rapporti di lavoro nelle saline della zona di Aigues Mortes e molto altro ancora.
Il 17 agosto del 1893, a seguito di una delle ricorrenti risse tra operai italiani e francesi, si verificò una escalation di violenza, alimentata da voci false sull'entità di quanto accaduto, che portò al linciaggio di 9 operai italiani e al ferimento di un centinaio di essi, ad opera di bande armate di abitanti locali. Bande messe insieme da un coacervo di rancori ("venite a mangiare il nostro pane!"), paura dell'altro, nazionalismo e sciovinismo, malinteso senso di giustizia sociale (cacciare chi rovinava la piazza ai lavoratori regolari), e alimentata dall'insipienza, o addirittura del consenso dei governanti locali, in primis il sindaco di quella città. A questo si aggiunse anche l'indifferenza di alcuni operatori sanitari, come il direttore dell'ospedale di Marsiglia, che, ad onta della deontologia professionale, si trincerò dietro presunti motivi burocratici per non occuparsi sollecitamente dei feriti.
Barnabà unisce la competenza dello storico con la capacità del narratore: la descrizione degli eventi di quella giornata è impressionante, e scorre davanti ai nostri occhi come la sceneggiatura di un film. L'autore poi racconta anche la vicenda giudiziaria legata ai fatti di Aigues Mortes: un processo-farsa al termine del quale tutti gli assassini vennero incredibilmente assolti.
Quei fatti ebbero una profonda eco in Italia, ma vennero dimenticati presto. E nell'oblio sarebbero restati, se Barnabà non avesse realizzato e condiviso la sua indagine, rendendoci partecipi di una vicenda che ci insegna molto ancora oggi.
Daniele Mezzana