Nei primi sei mesi del 2012 gli occupati sono calati dello 0,3%: allarme giovani.
"Tra primo semestre 2011 e primo semestre 2012 il numero delle persone in cerca di lavoro è aumentato di oltre 700mila unità", a 2,75 milioni. "Incremento davvero eccezionale, +34%", rileva il Censis nel rapporto annuale. Mentre è "anticiclica" la dinamica dell'occupazione femminile, con 110mila nuovi posti tra 2010 e 2011, +1,2%; "Tendenze destinate a consolidarsi ancora di più nel 2012", con un saldo di +118mila unità nel primo semestre. In controtendenza anche l'occupazione nelle coop.
"Nei primi sei mesi dell'anno il numero degli occupati ha registrato una flessione dello 0,3%", indica il rapporto annuale del Censis. Segnalando che "sono stati bruciati più di 240mila posti di lavoro destinati ai giovani". La crisi "ha dato una netta accelerazione ad un processo di invecchiamento già in corso da tempo": la quota di under 35 al lavoro scende al 26,4% nel 2011 dal 37,8% di dieci anni fa.
"Risparmio, rinuncio, rinvio": il rapporto annuale del Censis indica così "le tre 'r' dei consumi familiari", alla base del crollo delle spese. "Nel primo trimestre 2012 la flessione delle spese delle famiglie è stata del 2,8% e nel secondo trimestre vicina al 4% in termini tendenziali". Nel 2012 i consumi reali pro-capite, pari a poco più di 15.700 euro, "sono tornati ai livelli del 1997". Mentre è in "drastica riduzione"anche la propensione al risparmio, "dal 12% del 2008 all'attuale 8%".
PAURA FAMIGLIE,VENDONO ORO,TORNANO BICI E ORTI - "La paura c'é" ma gli italiani reagiscono alla crisi anche con "difese strenue": è quanto si rileva dal rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese. In due anni 2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o preziosi; l'85% ha eliminato sprechi ed eccessi, il 73% va a caccia di offerte; il 62,8% ha ridotto gli spostamenti per risparmiare benzina, si vendono meno auto e c'é un boom delle biciclette: ne sono state vendute 3,5 milioni; 2,7 milioni di italiani coltivano ortaggi da consumare ogni giorno
POLITICA E SOCIETA' SEMPRE PIU' LONTANE - Italia "separata in casa" per sopravvivere alla crisi: da una parte ci sono le istituzioni politiche alle prese con il rigore sui conti, dall'altra i soggetti economici e sociali, che, "rimasti soli", attuano "affannose strategie di sopravvivenza". E' un paese caratterizzato da una "parallela discontinuità" quello che ci tratteggia il Censis. "I soggetti sociali - osserva il Censis - non si sono sentiti coinvolti dall'azione di governo perché sospettosi che alle strategie tecnico-politiche non seguisse un'adeguata implementazione amministrativa e organizzative e perché restavano in attesa di una proposta di percorso comune". L'istituto di ricerca sottolinea che "non è scattata la magia dello sviluppo fatto da governo e popolo e il rigore del governo non ha avuto lo spessore per generare forza psichica collettiva". Gli attori sociali hanno quindi sviluppato tre strategie di sopravvivenza: "la restanza del passato (per valorizzare ciò che resta funzionante dal tradizionale modello di sviluppo)", la "differenza e la voglia di personalizzazione" e i "processi di riposizionamento". "In questi - concluse il Censis- non abbiamo solo salvaguardato il nostro 'essere', ma anche cercato più o meno consapevolmente di 'essere altrimenti'".
E' CATTOLICO IL 63,8% DEGLI ITALIANI - Secondo una recente indagine del Censis, il 63,8% degli italiani è cattolico, l'1,8% è di un'altra religione e il 15,6% è comunque convinto che ci sia qualcosa o qualcuno nell'aldilà. E' quanto si legge nel 46/o rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, elaborata dallo steso Censis. Il 21,5% - si legge nel rapporto - considera la tradizione religiosa un fattore di comunanza; il 35,5%, di fronte alla richiesta se c'é qualcosa in cui crede, risponde "in Dio" e il 77,4% considera il matrimonio come un vincolo sacro da rispettare. Inoltre, il 51,3% degli italiani dichiara che la domenica partecipa a funzioni religiose, l'8% di aver militato o di militare tuttora in associazioni di ispirazione religiosa e il 70,4% affiderebbe il proprio figlio alla parrocchia, riconoscendola come una istituzione educativa.