Janez Potocnik presenta il 7° Programma di azione per l'ambiente della Commissione Ue.
Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta. I quattro scalini della sostenibilità.
Luca Aterini
«Anche se i nostri sforzi per affrontare la crisi economica e finanziaria stanno iniziando a mostrare dei risultati, siamo ancora lontani da dove vorremmo essere. Soprattutto quando si tratta di occupazione e di dare alle persone la possibilità di riottenere indietro il proprio posto di lavoro». Inizia da una prospettiva esclusivamente economica la rappresentazione che il commissario europeo per l'Ambiente, Janez Potocnik (Nella foto), offre sul futuro della politica ambientale dell'Ue. La Commissione europea, a Bruxelles, ha appena presentato il 7° Programma di azione per l'ambiente (Paa), destinato ad orientare la politica ambientale dell'Ue fino al 2020.
Quella di Potocnik è una prospettiva economica talmente chiara che non può fare a meno di includervi quella ambientale. Con una consapevolezza che spesso sfugge ai vertici politici, il commissario si rende conto delle difficoltà del momento storico che stiamo vivendo: «Come possiamo mettere a fuoco l'ambiente quando parlano di austerità e di tagli? Che cosa ha a che fare l'ambiente con la crescita e l'occupazione?». La risposta è ovvia, tanto da passare in genere inosservata: «Dobbiamo proteggere, conservare e valorizzare il nostro capitale naturale, da cui tanto l'attività economica dipende».
«L'ambiente e l'economia - si infervora Potocnik - procedono mano nella mano! La verità è che siamo di fronte ad una serie di crisi. Non solo una crisi economica e finanziaria, ma anche una crisi di risorse, una crisi climatica e una crisi della biodiversità. Non dobbiamo pensare di poterne affrontare una, ignorando le altre. Abbiamo bisogno di trovare il modo di affrontarle tutte allo stesso tempo, e dobbiamo trovare il modo di offrire molteplici vantaggi per l'economia, per le persone e per l'ambiente».
Dobbiamo riuscire a percepire quella che abbiamo di fronte come una sfida, dura quanto affascinante, e non un baratro. Dietro di essa resiste la speranza di un nuovo modello di sviluppo sostenibile, un benessere che non si nasconda dietro quella che l'economista Georgescu Roegen (fondatore della bioeconomia, e precursore dell'economia ecologica) chiamava la sindrome circolare del rasoio elettrico, «che consiste nel radersi più velocemente, in maniera da avere più tempo per lavorare ad un rasoio che permetta di radersi più rapidamente ancora, in maniera da avere ancora più tempo per progettare un rasoio ancora più veloce, e così via all'infinito». Una condanna, non un progresso.
Noi possiamo vivere bene - sottolinea Potocnik - soltanto «entro i limiti ecologici del pianeta. La nostra prosperità e lo stelo di un ambiente sano dipendono un'economia innovativa e circolare in cui nulla si spreca e dove le risorse naturali sono gestite in modo tale da migliorare la resilienza della nostra società».
Il cuore della green economy, nei progetti della Commissione europea, viene dipinto come «un mercato unico per una crescita a basse emissioni, che faccia un uso efficiente delle risorse». Questo - precisa ancora Potocnik - significa anche «migliorare le prestazioni ambientali dei prodotti nel corso del loro intero ciclo di vita e ridurre l'impatto ambientale complessivo dei consumi. E significa trasformare i rifiuti in una risorsa e stimolare la crescita attraverso un ulteriore sviluppo del nostro settore del riciclaggio».
Un percorso concreto, quello verso un'economia più verde, che poggia su 4 scalini: «una migliore attuazione della legislazione; una migliore informazione, migliorando la relativa base di conoscenze scientifiche; più investimenti per l'ambiente; la piena integrazione della dimensione ambientale nelle altre politiche».
Ma la vera sfida da affrontare è ancora una volta culturale, prima ancora che produttiva. Ossia, integrare pienamente «i temi ambientali nel pensiero economico», abbandonando teorie sterili per sporcarsi le mani coi vincoli fisici del mondo reale, fatto di terra, risorse, persone. La necessità imposta di un uso più efficiente delle risorse ci sta portando su questa strada, osserva Potocnik. Quello che ci attende è adesso uno scatto di volontà e responsabilità per proseguire con decisione su questa via, sulla quale tutti siamo costretti, volenti o nolenti, a camminare.