Roma. La crisi europea si sta per abbattere anche sulla cooperazione, si prevedono tagli sui finanziamenti che l'Unione europea dedica alle relazioni esterne; quello che emerge è il messaggio politico di una Unione sempre più introversa e che non concepisce il suo rilancio in un contesto globale e di co-sviluppo con il sud del mondo.

Alla vigilia del Consiglio Europeo del 22-23 novembre scorso il mondo della cooperazione italiana aveva espresso la sua preoccupazione inviando una lettera al presidente del Consiglio Monti. Il Consiglio deve trovare un accordo sul quadro finanziario pluriennale a disposizione dell'Unione per il periodo 2014-2020.

Ad oggi il totale del titolo 4, concernente l'azione esterna dell'Unione, ammonta a 65,650 miliardi di ?. Ciononostante per la prima volta questi numeri comprendono l'aiuto per l'Emergenza, tradizionalmente fuori dal budget.  Questo significa che, senza l'Emergenza, il totale sarebbe, ad oggi, di 63,690 miliardi di ?, a fronte di una proposta iniziale di 70 miliardi e con un taglio complessivo del 9%, due punti percentuali in più rispetto a tutti gli altri capitoli.

Il Fondo Europeo di Sviluppo (EDF), con il quale viene finanziata la maggior parte dei programmi per i Paesi ACP, e' ancora maggiormente colpito, con un taglio dell' 11%. La cosa più grave, se possibile, è che il Fondo di Aiuto all'Emergenza (Emergency Aid Reserve - EAR), cruciale affinché l'Unione Europea possa mobilitare prontamente fondi per rispondere a crisi ambientali e umanitarie urgenti e drammatiche, si vedrebbe ulteriormente danneggiato, con un taglio del 20%, da 2,45 a 1,96 miliardi.

"L'Europa rappresentava, soprattutto per la società civile italiana impegnata nella cooperazione, un attore sempre più importante, sostenitore di relazioni internazionali fondate sul rispetto dei diritti umani. - commenta Gianfranco Cattai, presidente FOCSIV -  Dopo la crisi italiana della cooperazione anche l'Unione sembra ripiegarsi su sé stessa e abbandonare una visione aperta al mondo, in contraddizione con le sue stesse pretese di global player e di soft power. La questione dunque non è solo quella dei tagli ma è soprattutto politica."

La società europea ha bisogno di un disegno politico di grande respiro orientato allo sviluppo umano sostenibile, uno sviluppo che si gioca a livello internazionale, nei tavoli multilaterali sulle grandi questioni globali che incidono sul benessere dei cittadini europei e non, nel rapporto con i paesi emergenti, in relazioni di equità e giustizia con i paesi impoveriti.

Sembra invece prevalere una visione miope, di ritorno al nazionalismo, al mercantilismo e alla chiusura nei propri confini. Un disegno politico che voterebbe l'Europa ad un accelerato processo di declino, tradendo i principi di solidarietà e costruzione di relazioni di pace da cui è nata a seguito della seconda guerra mondiale.

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