Legambiente, CGIL e Fairwatch "serve maggiore responsabilità per una reale transizione ecologica dell'economia".
 
Doha/Qatar - COP18 - 6 dicembre 2012 - Penultimo giorno di negoziati alla Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico di Doha. Le delegazioni governative provano a trovare una difficile quadra tra Kyoto2 che dal 2013 dovrebbe entrare in vigore per contribuire al taglio delle emissioni dei Paesi sviluppati, la possibilità di un accordo globale già definito a Durban l'anno scorso capace di coinvolgere entro il 2020 tutti i Paesi del mondo ed un vero Green Fund, capace di mobilizzare più di 100 miliardi di dollari alla fine del decennio per progetti di mitigazione ed adattamento.

Adattamento ad eventi estremi sempre più imprevedibili, che chiamano ad una responsabilità internazionale condivisa. "Credo che le recenti tragedie a cui abbiamo assistito e che abbiamo ascoltato qui a Doha dalla voce diretta dei testimoni come le 56mila persone evacuate nelle Filippine per tifoni di impensata potenza, o il tornado Sandy che negli Stati Uniti ha portato oltre 60 miliardi di dollari di danni o la recente tragedia di Taranto" dichiara Maurizio Gubbiotti, coordinatore segreteria nazionale di Legambiente, "impongano una presa di responsabilità delle delegazioni presenti qui a Doha. La bassa ambizione" conclude Gubbiotti, "rischia di corrispondere sempre più ad prezzi troppo alti in vite umane e perdite economiche di interi Paesi".

Alla Conferenza sta partecipando anche il Ministro italiano Corrado Clini che, oltre a sostenere la necessità di impegni internazionali come Kyoto 2 e l'accordo globale al 2020, ha sottolineato l'impegno dell'Italia nel campo della Green economy.

"La presenza del sindacato internazionale qui a Doha" chiarisce Oriella Savoldi, responsabile dipartimento Ambiente e Territorio della CGIL, "muove dalla consapevolezza che la questione ambientale non e'separabile da quella sociale. I bisogni ambientali sono bisogni sociali con implicazioni dirette sul lavoro e l'óccupazione: la transizione ecologica deve coniugarsi con obiettivi di equita e sviluppo sociale. Rimaniamo in attesa di capire "conclude Savoldi, "se tutto ciò entrerà nei documenti internazionali e non rimarrà solo dichiarazione d'intenti e se, guardando al nostro Governo, la questione della riconversione anche nel nostro Paese assumerà i contorni di un vero Green Social new deal dove alla transizione ecologica si potrà collegare la crescita di posti di lavoro fuori dalle logiche del precariato che hanno contraddistinto gli ultimi anni".

Ma la transizione e l'adattamento presuppongono finanziamenti, che in questo momento rischiano di rimanere lettera morta.

"Il Green fund, che avrebbe dovuto mobilizzare 30 miliardi di dollari entro il prossimo anno e 100 miliardi entro il 2020" dichiara Alberto Zoratti, Presidente dell'organizzazione dell'economia solidale Fairwatch, "è rimasto un contenitore vuoto. Finanziare politiche di adattamento vuole dire mettere a disposizione delle comunità del Sud del mondo risorse capaci di garantirne la sopravvivenza e la resilienza dei propri territori.

I dati delle organizzazioni internazionali", conclude Zoratti "sono preoccupanti, un aumento di 2°C della temperatura media significherà la perdita di buona parte dei raccolti agricoli nei Paesi africani asiatici e sudamericani, con una prospettiva di un -50% entro il 2020 per la zona subsahariana. Ci aspettiamo, da questa Conferenza, maggiore responsabilità: stanziamenti certi, taglio reale delle emissioni. Non è più solo questione di serietà e credibilità dei Governi, sta diventando una questione umanitaria".

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