Le parole di Maha Saidi alla prima assemblea nazionale di Cambiare si può. Un intervento appassionato per ricordare a tutti che l'Italia è già un Paese multiculturale e che per andare lontano bisogna camminare insieme.
Cambiare si può è un nuovo soggetto politico, "lanciato" da una settantina di persone (tra intellettuali, lavoratori, militanti di movimenti ambientalisti), tutte critiche rispetto alle politiche del governo Monti e alle forze che lo appoggiano. Nell'appello per la convocazione della prima assemblea nazionale (che si è tenuta a Roma il 1° dicembre) erano indicati molti temi, ma scarsa o nulla attenzione era riservata alle tematiche del razzismo e dell'immigrazione. Militanti antirazzisti e immigrati comunque interessati all'iniziativa, si sono attivati per colmare la lacuna, producendo un documento-appello integrativo (consultabile sul sito www.cambiaresipuo.net nella sezione "bacheche") e intervenendo durante l'assemblea. Quello che vi proponiamo, di seguito, è l'intervento di Maha Saidi, attivista tunisina e collaboratrice di Corriere Immigrazione.
«Buon giorno a tutti e a tutte. Sono molto contenta di intervenire a questa importante assemblea, come tante altre persone in condizioni simili alla mia, ho contribuito a inviare un contributo specifico dal titolo "Noi ci saremo".
Io vivo in Italia da 20 anni, fino a poco tempo fa non mi occupavo di politica. Poi, nel 2011 sono cominciati ad arrivare alla Stazione Termini tanti miei connazionali tunisini e mi sono sentita in dovere di dare loro un aiuto. Ho condiviso con loro le notti al centro di accoglienza, i viaggi fino a Ventimiglia, le loro speranze e le loro paure. Accanto a me ho trovato miei compaesani e gli antirazzisti italiani che si sono messi volontariamente a nostra disposizione dividendo la fatica. Alcuni di loro erano di partiti politici come Rifondazione Comunista, ma non sono mai venuti con le loro bandiere da sventolare di fronte alla stampa, ma ci hanno aiutato come potevano e quanto potevano. Ho imparato che anche io dovevo impegnarmi.
Oggi sono qui perché ho letto il vostro appello e perché credo che serva in Italia una forza politica nuova che si metta realmente dalla parte di chi subisce le leggi peggiori. Noi immigrati paghiamo doppiamente la nostra condizione, sentiamo la crisi come voi, ma se perdiamo lavoro perdiamo anche il diritto a restare qui, non possiamo votare, la cittadinanza ci è negata. Molte e molti di noi sono delusi da tante promesse fatte in passato dalle forze politiche e si sono rassegnati. Ma molti continuano a lottare, per un posto di lavoro, per una casa, per avere una vita migliore. Crediamo che questa assemblea e quello che dovrebbe nascerne debba tenere conto del fatto che siamo almeno 5 milioni, molti lavoriamo, paghiamo le tasse, molti hanno figli che vanno a scuola e che i nostri diritti debbano essere considerati, la nostra voglia di lottare con voi debba essere presa in considerazione seria. In questo Paese ho incontrato il razzismo e lo sfruttamento, combatterli deve essere e diventare un compito che ci accomuna e ci arricchisce. Nel mio Paese hanno fatto una rivoluzione e abbiamo cacciato il dittatore, ma ancora le cose non sono cambiate, ancora si soffre. In questo paese dobbiamo poter camminare a testa alta senza sentirci stranieri o senza dover subire contratti di lavoro peggiori.
Questa assemblea, da come ho capito, potrebbe segnare un nuovo inizio. Potrebbe nascere da qui una forza diversa dalla destra o dalla finta sinistra, in cui potremmo riconoscerci e ritrovarci in tanti. Ma, permettetemi di dirvelo, occorre una cosa importante. Occorre che questa forza sia capace di unire e non di dividere, di tenere insieme forze sociali e politiche che non accettano quello che sta facendo Monti. E occorre che tutti possano avere diritto di cittadinanza condividendo gli stessi contenuti e gli stessi obiettivi. Abbiamo tutti un avversario comune e sogniamo tutti un Mediterraneo diverso, dove le persone non muoiano in viaggi senza speranza. Ma per arrivare a realizzare questo sogno dobbiamo accettarci per quello che siamo, ognuno con la propria identità che non deve prevalere su quella dell'altro e dobbiamo costruire questa forza dal basso, partendo dai bisogni e dalle richieste delle persone. Lo dico fieramente, anche il mio Paese ha fatto vedere come le rivoluzioni nascono dal basso e sono in grado di cambiare cose, di abbattere dittature che sembravano eterne.
Io e molti di noi abbiamo trovato accoglienza e rispetto nei centri sociali, fra gli occupanti di case, in partiti come Rifondazione Comunista, che non ci ha imposto la propria visione del mondo. Molte delle persone che ho conosciuto in questi 2 anni sono divenuti miei amici con cui mi confronto e che sento miei alleati, con cui ho costruito legami di fiducia e con cui si sta crescendo insieme.
Non voglio farvi perdere altro tempo, il nostro piccolo appello, dal titolo "Ci saremo anche noi", lo trovate sul sito di Cambiare si Può. È firmato da tanti e da tante che in ogni parte d'Italia sono impegnati a costruire un Paese diverso, in cui loro e i loro figli si sentano cittadini come gli altri. Un Paese in cui non possono più esistere leggi razziste come la Bossi-Fini, secondo cui noi siamo solo braccia e non persone.
Siamo molti a voler dare una mano a cambiare questo Paese e questo continente. Anche sapendo - e lo dico da cittadina tunisina - che ogni miglioramento, ogni vittoria di noi, che conosciamo cosa è il lavoro, che viviamo precariamente, è un miglioramento e una speranza anche per il mio Paese».