L'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni incoraggia l'avvio di osservatori territoriali. Perché la lotta alle discriminazioni diventa più efficace quando è decentrata.

In un assolato giorno di luglio, una famiglia italiana ha invitato i parenti della "tata" dei suoi figli nel proprio appartamento al mare ed in seguito a rinfrescarsi nella piscina del residence, a Jesolo. Gli ospiti provenivano dallo Sri Lanka, la loro carnagione risaltava sotto il sole. Qualcuno ha trovato fastidioso il contrasto cromatico e ha chiesto al proprietario dell'alloggio di allontanarli. Richiesta accolta. Proprietario e ospiti sono andati via senza polemiche. Ma questo «odioso atto di discriminazione in piscina» è stato poi denunciato con un articolo ai quotidiani locali e con una segnalazione all'osservatorio veneziano antidiscriminazioni/antenna locale Unar.

Unar significa Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali ed è un ente che si trova presso il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio. «In Italia nasce a seguito del Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in attuazione della Direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica», spiega Anna Riglioni, Project Leader Reti territoriali per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni della segreteria Unar. «Fra i suoi scopi la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sulla razza, l'origine etnica, la religione, le convinzioni personali, le disabilità, l'età, l'orientamento sessuale e l'identità di genere. E' un organismo di garanzia con compiti di monitoraggio e di informazione nei confronti dei cittadini vittime di discriminazioni».

L'Unar dispone di un numero verde nazionale - l'800901010 - che può essere chiamato gratuitamente. Tuttavia, ritiene sia necessario anche far crescere - sia nelle vittime che nei testimoni - la consapevolezza di cosa significhi discriminazione, e questo può esser fatto capillarmente solo a livello territoriale. Per questa ragione incoraggia la creazione di osservatori (antenne) locali da mettere in rete.

Cosa fa un'antenna locale Unar?

«Da un lato opera come un concreto punto di accesso per l'utenza (raccoglie denunce e segnalazioni, fornisce consulenze), dall'altro cerca di informare e sensibilizzare la cittadinanza sull'importanza di denunciare e contrastare gli atti discriminatori.

Sono previsti anche punti informativi che non gestiscono uno sportello, ma orientano le persone che vogliono segnalare un caso ad una antenna territoriale o al nodo di raccordo della rete locale».

Chi può avviarla?

«Organizzazioni del terzo settore, sindacati, associazioni di categoria (appoggiandosi a un ente locale) possono diventare un'antenna locale Unar. È importante però che dispongano di risorse e di un background adeguato. Anche associazioni "settoriali" - come ad esempio le associazioni a difesa dei diritti degli omosessuali, benché non abbiano competenza per altri casi di discriminazione, possono diventare antenna Unar».

Cosa bisogna fare per avviare un'antenna nel proprio territorio?

«L'istituzione di un osservatorio locale ha delle tappe burocratiche obbligatorie: l'Unar e l'ente locale elaborano insieme un protocollo d'intesa, che deve essere approvato con delibera di giunta e poi sottoscritto durante un'apposita conferenza stampa o durante una giornata seminariale. In quell'occasione vengono presentati ad Enti Locali, Istituzioni pubbliche ed associazioni la struttura, le funzioni e gli obiettivi dell'Unar ed anche illustrati alcuni casi di discriminazione.

Il protocollo prevede sempre l'istituzione di tavoli interistituzionali, che rappresentano lo strumento per la programmazione e il monitoraggio delle discriminazioni in ambito locale. In seguito si provvede al coinvolgimento delle altre istituzioni interessate - quali Prefetture, Uffici scolastici regionali, Consigliera di Parità, ecc. - ed alle audizioni delle associazioni del territorio, audizioni in cui vengono presentate le linee guida del funzionamento della rete nazionale antidiscriminazioni ed effettuata la raccolta dei bisogni formativi individuati dalle associazioni».

Che tipo di formazione viene fornita alle reti territoriali?

«La formazione per le associazioni avviene col supporto dell'Unar, che spiega anche l'utilizzo della piattaforma web del contact center, per l'inserimento e la lavorazione dei casi ed il loro monitoraggio. Durante la formazione si valutano le criticità e le potenzialità territoriali. Vengono inoltre messe in evidenza le buone prassi già sviluppate da altre amministrazioni, vengono forniti strumenti e metodologie per la costituzione e il mantenimento di reti interistituzionali, si spiegano strategie e strumenti di monitoraggio e si provvede ad un aggiornamento su normative e provvedimenti amministrativi per la rimozione delle discriminazioni. Di notevole importanza secondo l'Unar è il rafforzamento della rappresentatività e della partecipazione alla vita sociale delle associazioni e dei gruppi delle vittime di discriminazioni».

Quanti osservatori locali sono attivi e come funziona lo scambio tra loro?

«Ad oggi l'Unar ha sottoscritto protocolli di intesa con 11 Regioni, 36 province e 5 comuni. È stato organizzato un incontro nazionale della rete degli osservatori, nel luglio 2012. È stato un  momento importante per lo scambio di esperienze ed un'occasione di organizzazione delle attività future. Ed è nata lì la proposta di costituire gruppi di lavoro e di approfondimento trasversali e temporanei, il cui prodotto possa diventare patrimonio comune».

Oriana Baldasso

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