di Iacopo Viciani
La domanda quanto sia efficace l'aiuto internazionale ha da sempre accompagnato l'assistenza internazionale, a tal punto che ogni articolo e pubblicazione scientifica sul tema può essere ascritta ad uno dei due campi - scettici o entusiasti.
Se l'aiuto sostenga la crescita economica di un paese, migliori in modo sostenibile le condizioni di vita degli strati più poveri della popolazione, sostenga la creazione d'istituzioni efficaci o se invece incentivi dipendenza, irresponsabilità delle istituzioni, spiazzamento degli investimenti economici e la corruzione dei gruppi dirigenti, sembrano domande che si ripetono costantemente nelle due scuole di pensiero.
Negli ultimi anni, gli scettici hanno avuto maggiore risonanza nella pubblicistica ma non hanno intaccato i volumi degli aiuti o il consenso nei contribuenti dei Paesi OCSE. Hanno forse fornito un alibi alle conseguenze della crisi economica che ha portato ad un taglio degli aiuti del 3% nel 2011, dopo anni d'aumento e a una riduzione dei consensi verso gli aiuti internazionali in Europa.
Le scelte politiche e di bilancio e molte domande del dibattito sull'efficacia nascono nei Paesi OCSE da dinamiche interne e non sempre tengono conto delle opinioni delle popolazioni che ricevono gli aiuti. Uno dei maggiori limiti dell'assistenza internazionale, a differenza delle azioni di welfare nazionale, è che i cittadini dei paesi partner non possono premiare o punire le differenti iniziative d'aiuto dei donatori, attraverso un verdetto elettorale.
E' raro trovare indagini che pongano ai cittadini dei paesi partner domande del tipo: gli aiuti sono più o meno efficaci delle politiche nazionali? Propongono soluzioni appropriate ai problemi locali o importano modelli decontestualizzati? Sono una forma di solidarietà internazionale o una continuazione neocoloniale?
Un'indagine* condotta su un campione rappresentativo di 3.600 cittadini ugandesi restituisce una panoramica della percezione dell'assistenza esterna da parte di cittadini che dovrebbero godere i vantaggi degli interventi- in una sorta di exit poll degli aiuti.
Il 93% degli intervistati vorrebbe un aumento dell'assistenza internazionale contro, solo un 4% che ne domanda una diminuzione. Il 67% ritiene che l'assistenza esterna abbia dimostrato risultati positivi per l'economia del Paese e il 42% testimonia di aver ricevuto benefici diretti.
Il sostegno per gli aiuti risulta più significativo tra gli strati meno istruiti, i sostenitori del partito al potere e tra i cittadini politicamente attivi. Gli interventi che sono considerati più efficaci nel raggiungere gli strati più poveri della popolazione sono quelli messi in opera dalle agenzie multilaterali.
Quando agli intervistati è stato chiesto di dare un giudizio su alcuni progetti finanziati dai donatori e dal governo senza indicare esplicitamente a chi appartenessero, le iniziative dei donatori hanno ricevuto i punteggi più alti. Addirittura gli intervistati erano disposti a garantire un contributo economico per assicurarne la prosecuzione.
Agli occhi degli ugandesi gli aiuti internazionali non sono perfetti ma sono meno corrotti, meno clientelari, più trasparenti ed efficienti dei programmi equivalenti del Paese. L'aiuto sembra essere la migliore alternativa possibile in una realtà dalle istituzioni deboli.
*http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2134409
Iacopo Viciani è responsabile del programma sull'aiuto pubblico allo sviluppo italiano per ActionAid. Dal 2007 è ideatore e curatore del rapporto annuale di ActionAid sullo stato dell'arte e l'efficacia dell'aiuto allo sviluppo italiano,"Italia e la lotta alla povertà nel mondo" ed è il punto di contatto per l'Italia del network europeo che monitora gli aiuti pubblici allo sviluppo - Aidwatch. Ha coordinato analisi su come sia percepita localmente la cooperazione italiana in alcuni Paesi in via di sviluppo in cui opera, quali Etiopia, Afghanistan, Libano, Mozambico e Kenya. Dal 2009 coordina anche la task-force italiana delle Organizzazioni Non Governative sull'efficacia dell'aiuto.