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Alla conclusione, il 26 gennaio 2012, della missione conoscitiva in Italia della Relatrice speciale dell'Onu sulla violenza di genere, le sue cause e conseguenze, Rashida Manjoo ha pronunciato la seguente dichiarazione preliminare:

«Desidero anzitutto manifestare la mia gratitudine al governo italiano per aver risposto prontamente alla mia richiesta di effettuare questa missione, come pure per l'eccellente cooperazione di cui ho beneficiato nel corso della mia visita di 12 giorni nel paese.

Ringrazio anche i miei interlocutori, inclusi i funzionari pubblici di alto livello delle amministrazioni centrali e locali, i singoli e le organizzazioni della società civile, i rappresentanti del mondo accademico, le donne presso le strutture detentive e in particolar modo le sopravvissute alla violenza. Nell'ambito delle mie attività a Roma, Milano, Bologna e Napoli ho visitato anche centri antiviolenza per le donne, un campo autorizzato per la comunità rom e sinti, carceri e strutture detentive per donne e minori e un centro di detenzione per "migranti irregolari"; ho anche tenuto una serie di incontri presso un'università.
La mia visita è stata incentrata, in linea generale, sul tema della violenza contro le donne in quattro contesti: l'ambito domestico, la comunità, la violenza perpetrata o condonata dallo stato e la violenza in un contesto transnazionale. Tra le questioni esaminate rientrano: la violenza domestica; il femminicidio; la violenza contro le donne vittima di forme multiple e interrelate di discriminazione comprese le donne rom, Ssnti e altre donne migranti; donne presso le strutture detentive, donne disabili e transessuali.

Dai miei colloqui con i fornitori statali e non statali di servizi, quali le forze di polizia, i giudici, i mediatori culturali, le associazioni che si adoperano per la promozione e la protezione dei diritti delle donne nonché gli operatori e gli ospiti dei centri antiviolenza per le donne, è emersa l'esistenza di una vasta esperienza e competenza nella fornitura dei servizi, inclusa l'assistenza legale, sociale, psicologica ed economica alle vittime della violenza contro le donne. La costruzione di tali abilità è stata possibile grazie ai finanziamenti pubblici, con partenariati collaborativi pubblico-privati e fonti di finanziamento esterne.
Purtroppo, la violenza sulle donne resta un problema in Italia, similmente a quanto accade in molti altri paesi del mondo. Con dati statistici che vanno dal 70 all'87 per cento a seconda della fonte, la violenza domestica risulta essere la forma di violenza più pervasiva che continua a colpire le donne in tutto il paese. Il continuum della violenza tra le mura domestiche si riflette nel numero crescente delle vittime di femminicidio: dalle statistiche fornite risulta che, nel 2006, 101 donne sono state uccise dal partner, dal marito o dall'ex partner, e il dato del 2010 è aumentato a 127. Gran parte delle manifestazioni della violenza denunciata ha luogo in un contesto caratterizzato da una società patriarcale e incentrato sulla famiglia; la violenza domestica, inoltre, non sempre  viene percepita come reato. Emerge, inoltre, il tema della dipendenza economica, come pure la percezione che la risposta dello stato a tali denunce possa non risultare appropriata o utile. Per di più, un quadro giuridico frammentario e l'inadeguatezza delle indagini, delle sanzioni e del risarcimento alle donne vittime di violenza sono fattori che contribuiscono al muro di silenzio e di invisibilità che circonda questo tema.

È importante sottolineare che le statistiche citate non tengono necessariamente conto della prevalenza della violenza sulle donne rom e sinti e sulle donne che appartengono ad altre minoranze. In quanto minoranze, questi gruppi affrontano forme multiple di violenza e discriminazione sia nella sfera privata che in quella pubblica. Tale condizione è poi esacerbata, tra l'altro, dal loro status civile - regolare o meno - dalle loro realtà socio-economiche e dalla mancanza di fiducia nel sistema statale. La situazione di queste donne risulta spesso caratterizzata dall'assenza di opportunità e servizi adeguati in campo abitativo, sanitario, formativo e occupazionale. Ho inoltre appreso che il perpetuarsi della discriminazione e della violenza contro queste donne, a livello individuale come istituzionale, le rende reticenti a rivolgersi ai servizi sanitari, legali, sociali e di sostegno.
 
Per quanto riguarda le donne in carcere, sono stata informata in merito alle difficoltà di accesso alle opportunità di studio e di lavoro, difficoltà riconducibili alla mancanza di risorse e alle pratiche discriminatorie poste in essere dal personale delle strutture carcerarie. Ho anche rilevato con  preoccupazione le numerose lamentele riguardo la disparità di trattamento da parte di alcuni giudici di sorveglianza nel riesame delle sentenze per la scarcerazione anticipata delle detenute che soddisfano i requisiti per misure alternative al carcere. Inoltre, i problemi che affrontano le detenute con figli minorenni all'interno e/o fuori dal carcere dovrebbero essere presi in esame e, ove possibile, occorre valutare eventuali pene alternative.

Esprimo soddisfazione per le azioni intraprese dal governo per far fronte al tema della violenza contro le donne, anche attraverso la promulgazione di normative come la legge sugli atti persecutori (stalking); l'elaborazione di piani d'azione nazionali sulla violenza contro le donne nonché su donne, pace  e sicurezza; un Piano nazionale per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro e la creazione e l'accorpamento di organismi governativi incaricati della promozione e protezione dei diritti delle donne. Tuttavia, le sfide sono ancora tante: tra queste, la piena ed effettiva partecipazione delle donne al settore del lavoro pubblico e privato e alla sfera politica. Il quadro politico e giuridico frammentario e la limitatezza delle risorse finanziarie per contrastare la violenza sulle donne, infatti, ostacolano un'efficace ottemperanza dell'Italia ai suoi obblighi internazionali. A questo proposito, vorrei ribadire l'opportunità di trovare soluzioni olistiche che consentano di far fronte sia alle necessità individuali delle donne che alle barriere sociali, economiche e culturali che sono una realtà nelle vite di tutte le donne. La presa in carico di tali necessità deve andare di pari passo con un cambiamento sociale per contrastare le cause sistemiche e strutturali delle diseguaglianze e della discriminazione che molto spesso portano alla violenza sulle donne.

Infine, vorrei sottolineare che l'attuale situazione politica ed economica dell'Italia non può essere utilizzata come giustificazione per la diminuzione di attenzione e risorse dedicate alla lotta contro tutte le manifestazioni della violenza su donne e bambine in questo paese. Invito quindi tutte le parti coinvolte ad assumersi, in questo momento cruciale, la responsabilità di promuovere i diritti umani per tutti e, cosa più importante, a far sì che il tema della violenza contro le donne rimanga tra le priorità dell'agenda nazionale. Esorto il settore governativo e quello non governativo ad adottare un approccio più coerente e creativo, così da favorire la transizione verso una società politicamente ed economicamente stabile in cui la promozione e la protezione dei diritti umani di tutti gli individui possa diventare obiettivo centrale in quest'epoca di crisi e cambiamento.

Le conclusioni dettagliate della missione saranno illustrate nel Rapporto che presenterò al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel giugno del 2012».

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